Capitolo 62

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L'odore acre e pungente dell'umidità e il buio pesto ci avvolsero come una coperta tarlata, dove il freddo si insinuava e penetrava fin nelle ossa. L'agitazione cresceva ad ogni passo avanti che compievo, sotto la fredda luce della Mano della Gloria. Tremavo dalla testa ai piedi, per la paura, per l'angoscia di trovare Thomas troppo tardi, per la rabbia di esser stata così contenta di aver ritrovato mia madre da non aver capito prima che lei stava agendo per un proprio tornaconto. 

- Rilassati. Non sei da sola, ora. Soprattutto se cominci ad agitarti la tua magia cercherà di proteggerti e sapranno che siamo qui - mi sussurrò mio padre stringendo la mano sulla mia spalla. Un'ondata di serenità mi attraverso dal nostro contatto propagandosi per tutto il mio corpo.

- Grazie - mormorai, grata che per una volta un mio famigliare mettesse la mia sicurezza emotiva davanti a sé.

Il corridoio sembrava non finire mai e quando mi ero rassegnata arrivammo alla grande stanza circolare da cui si diramavano vari corridoi.

- Bene ci siamo. Quello più a destra porta alla cella di Caelia. Tenetevi pronti a schiantare o incarcerare qualunque cosa si muova. Non ci vedranno arrivare, mentre noi riusciremo a vederli benissimo. Per cui non ci sono scusanti. Restate addossati al muro, così se mai dovessero puntare a caso le bacchette e sparare incantesimi non rischieremo di venir colpiti subito. - ricapitolò Tom girandosi per fronteggiare tutti noi.

- Bene. Procediamo - confermò Scamander.

Samantha gettò un'altra manciata di Polvere Buio Pesto e scomparimmo nuovamente nelle tenebre. 

Resisti amore mio. Stiamo arrivando!

Eravamo a metà corridoio quando finalmente sentimmo vociferare. Dai toni differenti di voce dovevano esserci almeno cinque persone, due delle quali le avrei riconosciute ovunque.

- Thomas, Thomas, Thomas... Che dobbiamo fare con te? Sei stato lasciato solo... In due giorni non è venuto a cercarti nessuno. Devo ammettere che catturarti è stato facile, grazie ad Euridice. - quella voce l'avevo già sentita, mi sembrava di vivere un deja-vu, ma non riuscivo a capire se fosse stato in un sogno o nella realtà. Negli ultimi mesi, il mio potere non mi aveva dato tregua con i ricordi delle mie antenate. Ogni volta che dormivo comparivano loro. Frammenti delle loro vite scorrevano nel mio cervello. Se non mettevamo la parola fine a questa storia avrei rischiato un esaurimento nervoso.

- Non sono così stupidi, Anton - tossì Thomas.

- Secondo me sì, tu compreso! Diffindo! - esclamò. Un gemito di dolore proruppe dalle labbra di Thomas. Compresi che lo stavano torturando e una furia cieca cominciò a scorrermi tra le vene.

- Anton, lei è qui. Sento il mio potere. Ha un sapore così dolce. Tagliuzzalo ancora un po'... - disse, quella che avevo riconosciuto come Caelia. Il tono della sua voce era dolce e melodioso. Me lo fece odiare. Respirai profondamente e stavo per fare di corsa gli ultimi metri del corridoio, quando Tom mi trattenne per mano.

- No! Se vai adesso moriremo. Ti imprigioneranno e tortureranno fino alla morte Thomas per farti infuriare ancora di più. Credo che l'unico modo che Caelia abbia per assorbire il suo vecchio potere da te sia proprio sfruttando la tua rabbia e la tua furia. Domale e cercale di vedere oltre a quelle. - mi sibilò contro Tom.

Non ero lucida. Di questo eravamo certi. La rabbia omicida che provavo aveva prevalso sulla razionalità e su tutti gli altri sentimenti che provavo. Non ero io quella assetata di vendetta. Non ero né Caelia né Beatrice. Non dovevo dimenticare chi ero.

Risposi a Tom con un debole accenno del capo. Era stato bravo a riportarmi coi piedi per terra e ad aprirmi gli occhi sulla sottile manipolazione che stavano compiendo qualche metro più in là.

Anche se... (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora