Capitolo 64

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Giacevo su qualcosa di morbido. Sopra il mio corpo sentivo il calore di una stoffa leggera. La mia mente mi propose l'immagine di un soffice letto. Provai a sbattere le palpebre per aprire gli occhi, ma i miei muscoli non volevano rispondere ai miei comandi. La mia mente stava cercando di elaborare cosa mi fosse successo. L'ultima cosa che ricordavo, e sulla quale il mio cervello era focalizzato, erano degli splendidi occhi azzurri. Cupi come la linea dell'orizzonte che divide il cielo e il mare prima di una tempesta. Profondità inesplorate di un mare vergine, dove l'uomo poteva solamente naufragare e dichiararsi sconfitto dalla natura. In qualche modo sapevo che quegli occhi appartenevano a me. Non che fossero i miei, ma erano miei o io appartenevo a loro.  Immaginai di scuotere il capo, perché se non riuscivo ad aprire gli occhi, figuriamoci muovere la testa per riportare un senso di lucidità fugace. 

Una presa salda sulla mia mano, attirò la mia attenzione. Volevo vedere quelli mani che stringevano la mia. Volevo sentire quelle mani su altri punti della mia pelle. Quei calli che aggredivano i polpastrelli e che, sapevo, più volte avevano percorso la mia pelle, accendendola, risvegliando una luce e un calore in me, che non avevo mai sperimentato prima. Mani di musicista e qualcos'altro. Catalogai le sensazioni che mi arrivavano dalla mia mano. Formicolio, pelle d'oca, brividi che si irradiavano dal palmo della mia mano e salivano inesorabilmente, ineluttabilmente su per il mio braccio. Avrei tanto voluto gemere quando raggiunsero la mia nuca.

- Jackson! Si è mossa! - 

Questa voce. Così vicina. Così lontana. Roca e dolce. Commossa e graffiante. Vedevo farfalle. Grandi, piccole, di ogni dimensione, forma e colore. Le sentivo volare nel mio stomaco. Il mio cuore batteva forte, in sincrono con il battito delle migliaia di ali che avevo nella pancia. Quelle mani, quegli occhi, quella voce. Potevo anche non riuscire a svegliarmi per vederli, ma la mia mente, il mio cuore... Oh! Loro li avrebbero riconosciuti sempre. Come a volermi spronare a tornare dal mondo dei morti, cominciarono a bombardarmi di immagini. Un uomo alto, fisico asciutto, leggermente muscoloso. Naso dritto, sopra una bocca sensuale e dalle labbra dolci, morbide e sottili, ma sode contro le mie. Fronte ampia e spaziosa. Capelli ondulati, leggermente lunghi e pettinati all'indietro, dalle sfumature del caramello. Sopracciglia prominenti, in grado di alzarsi singolarmente e formulare mille domande, sopra quegli occhi che erano in grado di incendiarmi e annegarmi, come se fossi colpita da bomba al fosforo e fossi indecisa su come morire. Perché non c'era modo di rimanere vivi e interi, se il suo sguardo si poggiava su di te. Se ti fissava come se tu fossi il dolce più buono mai inventato, la ciliegina sulla torta, il regalo sotto l'albero tanto atteso da un bambino il giorno di Natale. Ecco chi era e cosa mi faceva quella persona. Non quella persona... Thomas, Thomas William fottutissimamente Hiddleston.

Altre mani andarono a stringermi la mano libera. Erano più piccole, ma altrettanto forti e decise.

- Tesoro, siamo qui. Svegliati per favore - 

- Thomas, sei sicuro che si sia mossa? - 

Erano una voce femminile e una maschile. Alta e cristallina la prima; bassa e pacata la seconda. Mamma e papà erano qui. No, sbagliato. Erano gli zii... La verità che avevo scoperto dopo le vacanze di Natale spazzò via il torpore che non mi permetteva di ragionare con lucidità. Provai di nuovo a stringere la mano, questo giro quella che si trovava tra le mani di mia zia. Ricordavo che nonostante la parentela sbagliata, per me lei sarebbe rimasta mia madre. Questo giro i miei muscoli ubbidirono e la mano si chiuse debole contro le sue.

- Sono ancora qui, mamma - sussurrai, aprendo finalmente questi dannatissimi occhi. Sbattei le palpebre un paio di volte. C'era troppa luce. Non ero più abituata. Non sapevo quanto ero rimasta distesa priva di conoscenza.

- Oddio! N/C! - esclamò lei, alzandosi dalla sedia e sedendosi sul bordo del mio letto. Lasciò una mano nella mia e con l'altra cominciò a sfiorarmi il viso, come a sincerarsi che mi fossi svegliata davvero.

- Ci hai fatto spaventare tantissimo. Sei rimasta incosciente per due settimane! - mormorò mio Danny, mio padre.

Sentii Thomas alzarsi e cominciare a sfilare le sue mani dalla mia. Gliele strinsi. Non volevo che si allontanasse da me.

- Resta, ti prego - sussurrai, troppo debole per parlare con tono normale. Si voltò a guardarmi e cercai di mettere nel mio sguardo tutto quello che provavo, tutto quello che mi avrebbe imbarazzata dirgli davanti alle persone che mi avevano cresciuto. I suoi occhi si spalancarono e le sue pupille si allargarono, come se non credesse a tutto quello che leggeva nei miei occhi verdi.

- Come vuoi. Ma l'Infermiera Lux avrà da ridere sul numero di persone che sono qua per te, ora che ti sei svegliata. - mi disse piano. Sembrava che avesse guardato dentro una palla di vetro, perché appena finito di parlare, l'intransigente Infermiera Lux comparve tra le file dei letti e raggiunse il manipolo di persone che si stava formando ai piedi del mio letto. 

- Forza... Tutti fuori. Devo visitare la mia paziente. Dopo potranno rientrare solo tre persone per cinque minuti. Non uno di più. Ha bisogno di riposo per riprendersi! - ordinò spiccia, cominciando a spingere verso l'uscita la mia famiglia e i miei amici.

Vidi Sam e Tom che mi guardavano, mentre la Lux li spingeva fuori. Gli sorrisi e loro lo fecero di rimando; contenti che mi fossi ripresa. Nonostante mi fossi appena svegliata, non mancai di notare le loro mani intrecciate. 

Dalla folla, sbucarono due teste che avrei riconosciuto in tutto il pianeta.

- Michelle! Carol! - squittii - Che ci fate qui? - domandai con una punta di preoccupazione. Loro non dovrebbero assolutamente trovarsi qua. Sono Babbane, sarei stata espulsa dalla scuola o anche peggio. Avevo infranto lo Statuto di Segretezza con loro, raccontandogli di Hogwarts e del mondo magico.

- Hai rischiato di morire! Non fare quella faccia. Ti abbiamo chiamata un casino di volte e tu non hai mai risposto. Preoccupate abbiamo chiesto ai tuoi. Scusaci, ma adesso sanno che sappiamo. Ci hanno fatto giurare con... Come si chiama quel giuramento, Michelle? - chiese Carol.

- Voto Infrangibile... Non possiamo raccontare nulla di questo mondo, altrimenti moriremo. Però a te non succederà nulla - concluse veloce Michelle, scoccando un'occhiataccia a Thomas.

- Signorine, fuori anche voi! - sbraitò l'Infermiera alle mie amiche.

Vidi che sulla porta c'era anche Jackson, mio padre biologico. Ricordavo benissimo che era sceso con noi nelle segrete e mi aveva aiutato a salvare Thomas. Avremmo avuto modo di parlare di tutti questi anni persi. Vederlo venir raggiunto da mio padre, il quale poggiandogli una mano sulla spalla e dicendogli qualcosa. lo fece sorridere; mi fece apparire un sorriso sul volto. Da tutta questa storia, che aveva molto i toni di un casino ambulante, qualcosa di buono sarebbe venuto fuori. Avrei avuto due padri: Danny, un padre sul quale potevo sempre fare affidamento, che mi conosceva come le sue tasche e Jackson, un papà che avrei conosciuto pian piano, ma di cui la mia magia aveva già riconosciuto come parte della famiglia.

- Allora, Signorina. Ben tornata nel mondo dei vivi. Proviamo ad alzarci in piedi? - mi domandò con tono professionale.

Dopo vari tentativi ce la feci.



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