37- Elija

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Come ormai era mia abitudine, da qualche mese, mi alzai dal letto e dissi a Gabe che stavo andando in bagno. Entrai nella stanza, chiusi la porta e aprii il mobiletto sopra il lavandino. Aprii l'acqua per confondere il rumore, presi la bustina trasparente e ne aspirai il contenuto. Poi chiusi il rubinetto, controllai di non avere residui e tornai in camera. Traballai un po' ma riuscii comunque a stendermi.
<stai bene?> mi chiese Gabriel accarezzandomi il braccio, girandosi di fianco e avvicinandosi a me.
<si, tutto bene. Solo una leggera nausea> mi voltai verso di lui e sorrisi. Lui annuii con la testa, appoggiò il braccio sul mio ventre e posò la testa sul mio petto. Sentii le sue dita accarezzarmi finché lui non si addormentò.
Io invece non riuscii a dormire e rimasi tutta la notte con gli occhi aperti. Inutile dire che la mattina dopo avevo delle grandissime occhiaie che non permisero di non notarle.
<che hai? Non hai dormito?> chiese stupidamente Gabriel.
<no> sviai la domanda e mi affrettai a uscire dal letto. Mi divincolai dalle sue braccia e infilai le pantofole ai piedi. Raggiunsi la cucina con lui dietro di me.
<sei strana, Eryn. Che hai? Sai che me ne puoi parlare> mi abbracciò da dietro mentre io presi del latte e dei cereali. Me li versai nella ciotola, e poi feci lo stesso per lui che non perse tempo a ringraziarmi. Ci sedemmo al tavolo vicini e con un braccio mi teneva stretta a lui.
<oggi devo incontrare una persona> lo avvisai dopo qualche minuto <mi ha scritto Brandon>
<lo so, ha scritto anche a me. Ci andremo insieme. Cole rimarrà con Damian, tanto si tratta solo di qualche ora> staccò il suo corpo dal mio e mentre parlava sembrava assorto nel suo latte con cereali che mischiava. <so che non mi vuoi. Non ho idea di chi tu debba incontrare e tantomeno il motivo, e non mi importa, non lo voglio sapere. Non perché non mi interessi ma perché ci stiamo provando a stare insieme e non voglio essere troppo... opprimente, nonostante io sia la tua guardia del corpo. Mi basta saperti al sicuro, ecco, e so che con Brandon lo saresti, ma io devo comunque venire, ne sono obbligato. Ma rimarrò a distanza e non ascolterò la conversazione che avrai con quella persona. E non ti chiederò nemmeno di cosa avrete parlato quando saremo a casa; quando e se me ne vorrai parlare io sarò sempre qui, al tuo fianco, ad ascoltarti> parlò lentamente e con voce bassa, scandì bene tutte le parole per fare in modo che mi rimanessero più impresse. Avevo sentito fin dentro me quanto ci tenesse a ciò che mi aveva appena detto quando fece finire il suo sguardo nel mio. Fin quel momento aveva parlato a testa bassa, con gli occhi un poco più chiusi come quando è profondamente concentrato su qualcosa.
Gli toccai la mano e strinsi le sue dita <ti ringrazio> gli dissi.

Entrai nel locale di pessimo gusto e difatti era poco affollato. Appen riconobbi la persona che dovevo incontrare guardai Gabriel che mi fece un cenno, e quello era il suo modo per dirmi che ero al sicuro. Andò al bancone e si fece servire un bicchiere d'acqua mentre io mi avvicinai all'uomo.
<padre?> lo richiamai quando gli fui accanto.
<Eryn> esclamò attirando l'attenzione di Gabriel che si girò. Elija si alzò di scatto e mi abbracciò. Gabe fece per avvicinarsi ma con una mano gli dissi che non era necessario e lo feci tornare al suo posto. Ricambiai piano l'abbraccio di mio padre, poi mi sedetti nella poltroncina di fronte a lui. <sei qui da sola?> mi chiese.
<no, c'è il mio bodyguard. Biondo, al bancone, vestito da pinguino...> lo descrissi in modo ironico alla fine facendo poi ridacchiare l'uomo di fronte a me. avevamo gli stessi occhi e dentro quelli riconobbi la bontà che avevamo in comune. E decisi di fidarmi. <mi dispiace. Per la scorsa volta. Non dovevo reagire così ma in quel momento->
<stai tranquilla> mi toccò il braccio. Mi sentivo perdonata, capita e amata. <ti volevo parlare di altre cose> mi disse quando mi ripresi dagli occhi lucidi.
<ti ascolto>
<so che tua madre ti cerca, per questo sono tornato>
<come facevi a saperlo?>
<sono sempre rimasto in contatto con Rude. Lui non sapeva chi fossi, per questo non te ne ha mai parlato. Per lui ero solo il capo che lo aveva assunto, ma non mi aveva mai né visto né mai parlato di persona> io annuii facendogli capire che avevo compreso ciò che aveva detto <bene. Ora... tua madre cerca una cosa molto importante>
<e preché dovrei averla io?>
<perché io l'avevo affidata a te, tesoro. Immagino che tu non te lo ricordi. Non so cosa ti dissero riguardo la tua infanzia, ma i primi due anni li passammo insieme. Poi tua madre iniziò ad avere comportamenti strani e fui costretto a nascondere delle informazioni in posti e modi inimmaginabili. Io ora ho bisogno di te: dobbiamo trovare la prima chiave, quella più importante e che serve per decifrare tutti i codici, e distruggerla. E solo tu puoi sapere dove si trova>
<io non ricordo nulla, mi dispiace. Non ho in mente nessuna chiave>
<lo so, tranquilla. Dovremo lavorare insieme per un po' per capire e trovarla. Io purtroppo non lo posso sapere perché in quei momenti non ero lucido, avevo scelto io così in modo da non ricordare niente e così non dire nulla a nessuno. Potrebbe essere qualsiasi cosa: una canzone, un oggetto, un mattone o un libro. È importante ora che tu ci pensi e se mai ti verrà in mente qualcosa, anche solo un'idea, contattami> mi mise nelle mani un bigliettino con il suo numero, una grafia frettolosa tipica di una persona con una certa età. Ma non me ne volevo ancora andare, difatti non mi alzai dal tavolino. <Eryn, io devo andare. Devo scappare. Brandon mi sta venendo a prendere per portarmi via>
<ci rivedremo?> chiesi speranzosa, con timore di una sua risposta negativa, di un rifiuto.
<ma certo, tesoro> si alzò e mi abbracciò
<stai per diventare nonno> gli dissi di fretta dopo averlo salutato.
<ne sono felice. Chi?>
<Brandon> lui mi sorrise ma poi il suo sguardo tramutò in qualcos'altro
<e... ti ha lasciata?> iniziò ad innervosirsi e compresi il suo carattere protettivo.
<è... difficile da spiegare. Ma io ho fiducia in lui. Gli serve solo del tempo> sorrisi.
<si vede che sei proprio mia figlia> sorrise <sei così buona e dolce. Posso leggere benissimo i tuoi occhi, eppure non ci vediamo da moltissimo tempo e tu potresti anche dire di non conoscermi, ed è anche vero. Hai solo poco più di venti anni e non sai cosa fare o quale strada percorrere. Ma sappi che l'importante è che sia tua, tutta tua e che non crei in futuro alcun rimorso. Perché hai solo poco più di venti anni e sai che se ti svegli il sole è sorto. Perché alla tua età sei il sole di tutto il mondo> mi accarezzò i capelli per poi finire con le mani a prendere il mio volto, incorniciandolo, e asciugandomi con i pollici le lacrime. <ora devo davvero andare, sono stato scoperto troppo tempo. Ci rivedremo, in un altro luogo. Scrivimi quando i vorrai incontrare> e scappò dandomi appena il tempo di salutarlo. Io ordinai qualcosa da mangiare per non dare nell'occhio e mangiai il mio dolce. Appena mi arrivò Gabriel salutò la cameriera e uscì dal locale. Capii che avevo 5 minuti. Finii il mio pezzo di torta e uscii dal locale. Poco più in la adocchiai Gabriel in macchina,o raggiunsi e salii.
<stai bene?> mi chiese
<si> mi allacciai la cintura <era mio padre>
<ma lui non era...>
<morto, scomparso o cose così? Già> terminai io al posto suo. Lui non seppe cosa dire alle mie parole, allora si limitò ad annuire con la testa, poi mise in moto e partimmo. Durante il tragitto gli raccontai di cosa avevamo parlato e poi mi feci coraggio e gli chiesi un piccolo favore importante. <posso frequentare mio padre, vero?>
<ma certo. Che razza di domanda fai?> ridacchiò nervosamente.
<e può venire qualche volta a casa nostra? Se dobbiamo lavorare a quella cosa non è certo possibile discuterne in un bar>
Lui sospirò e aspettò qualche momento prima di dare il suo verdetto <per me va bene. E vi aiuterò-> avrebbe continuato a parlare ma a interromperlo fu una chiamata da parte di Damian, che in quel momento sarebbe dovuto essere a casa con il piccolo Cole.

Dal tramonto all'albaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora