40- notte e fiducia

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<Dio, che mal di schiena> mi lamentai con Brandon che si sedette sul divano di fianco a me. 
<vuoi che massaggi un pochettino?> si propose, e come rifiutarlo? Allora annuii con la testa, lui mi fece distendere e mi massaggiò con cura. Non era esperto, ma apprezzavo davvero molto il fatto che ci stesse provando e in più mi piaceva il suo tocco e mi dava sollievo. 
<io vado su, ragazzi. Per qualsiasi cosa basta che urliate il mio nome> ci avvertì Gabriel dopo aver controllato che porte e finestre fossero ben serrate per la notte. Noi annuimmo e rimanemmo soli, tranne per la presenza di Coraline, che mi seguiva ovunque io andassi e si sedette sul tappeto, distante qualche metro da noi. Passammo la serata a guardare qualche film: volevamo provare a vedere tutti i "Pirati dei Caraibi" ma abbandonammo l'intenzione solo all'inizio del terzo film, quando io ero ormai stanca. 
<dai, alzati, Eryn>  si alzò Brandon e si avvicinò al mio corpo disteso, che fino prima teneva la testa appoggiata sulle sue gambe. Mi toccò le spalle accarezzandole e appena staccò le mani io mi misi dritta a sedere, poi mi alzai e camminai fino al piano di sopra. Lui mi seguiva diligentemente e sentivo i suoi sospiri quando voleva dire qualcosa ma si tratteneva. E fu mentre ci preparavamo per la notte che ebbe il coraggio di farmi quella domanda che tanto ostentava: <a cosa ti riferivi quando hai detto in macchina che sapevi che nome dare a nostro figlio?> 
<avevo l'intenzione di dare a nostro figlio lo stesso nome di quell'Amore che avevamo in comune io e te, Brandon> mi avvicinai a lui e posai una mano sul suo pettorale nudo: per dormire avrebbe usato solo un paio di pantaloni di scorta di una tuta che teneva in macchina, ma le maglie non le aveva. 
<non lo sopporterei Eryn. Ho passato quasi 20 anni della mia vita al suo fianco. Abbiamo condiviso moltissimi momenti, belli e brutti, altri straordinari. E non voglio attribuire al suo nome altri ricordi che però non appartengono a lui. E lui ormai non c'è più. Vedi di fartene una ragione e non se ne parla di dare il suo nome a mio figlio> borbottò alla fine. Io sospirai, ma mi andava bene, non volevo fargli del male e solo in quel momento mi resi conto del dolore che gli avrebbe provocato la mia decisione. E mi dispiacque così tanto che mi scusai. Lui mise su un sorriso forzato e disse che non faceva nulla, poi si stese a letto, sotto le lenzuola e mi attese finché non lo raggiunsi dopo essermi coperta per bene, in modo da non avere freddo quella notte. 
<stai bene?> mi chiese quando mi voltai dandogli la schiena 
<sì, certo> 
<sei strana. Non ti fai toccare> notò dopo che mi spostai al suo tocco sui miei fianchi nudi dopo che la maglietta si alzò.
Io sospirai e poi gli diedi la risposta che non voleva <non hai la mia piena fiducia. La dovrai riconquistare se mi vuoi avere e fino ad ora non hai fatto niente se non mostrare interesse riguardo la visita di quest'oggi . Non voglio fare sesso con te anche se posso sentire sulla mia coscia stessa he tu sei di pensiero opposto, anzi, non voglio proprio fare nulla di intimo con te> 
<d'accordo, Eryn. Un po' me lo immaginavo> rispose con un tono triste, per il mio rifiuto. Portai una mano sul mio fianco scoperto e tirai giù la maglia, coprendomi. 

Di notte mi svegliai più volte e potei sentire ogni volta il suo sguardo sul mio corpo. Mi guardava e non c'era un mio pensiero che non gli appartenesse: lo sentivo cucito fin sotto la pelle, fin dentro le ossa, in un modo così stretto da non poter essere strappato via senza farmi a pezzi. Nella mia solitudine mi prendeva per mano e scendeva con me nel buio della mia anima. Io grondavo di un dolore infernale e lui mi donava carezze di schiuma, mi addensava tra i palmi come un banco di nubi. Allora io esplodevo con un tuono e lui spariva in quel nubifragio, travolto da me, dallo stesso dolore che mi causava. 
Ma piano piano iniziai a riuscire a sentirmi di nuovo. quando tutto il resto taceva, quando il caos dentro di me finalmente tornava a essere il brontolio di una bestia addormentata, quello era il momento in cui riusciva a essere me stessa. Sul ciglio del baratro, in bilico sull'orlo perfetto tra realtà e devastazione, quello era il mio costante equilibrio, la dimensione in cui riuscivo ad andare avanti. 

Dal tramonto all'albaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora