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In questo capitolo sono presenti contenuti espliciti

Dopo essermi lavata scesi le scale e andai in cucina, dove Gabdiel cucinava della carne. Mi sedetti sul bancone in mezzo alla cucina lasciando le gambe nude a penzoloni.
<ei> si voltò velocemente sorridendomi <stai bene?> mi chiese con premura.
<si> allunagi le mani mentre lui fece qualche passo verso di me e le appoggiai sulle sue spalle scoperte e le sue andarono sui miei fianchi.
<prenderai freddo se continui a girare con le gambe nude> e mi diede un pizzico sulla coscia che mi fece saltare e lui ridacchiò <comunque mi dici perchè Wilson non ha più un telefono?> le sue mani si spostarono andando sul bordo del bancone e la sua espressione diventò più dura.
<e perché lo chiedi a me?> allacciai le gambe ai suoi fianchi e le mani dietro il suo collo
<perché tu eri con lui e quando l'ho domandato a Lucas lui non ha saputo rispondermi. Anzi, a dirla tutta, mi ha mentito>
<se sai che ti ha mentito è perché sai la verità>
<no, Eryn, e tu lo sai. Non so cosa sia successo ma so che lui mi ha fottutamente detto delle cazzate> iniziava ad alterarsi così pensai fosse meglio scendere. Lo spostai toccandolo con una mano e spingendo leggermente, tolsi le mani dal suo corpo e scesi dal bancone, incamminandomi per il salotto. <dove vai?> chiese vedendomi uscire.
<sul divano>

<non abbiamo finito di parlare> mi rimproverò mentre lo sentivo prendere due piatti.
<non mi interessa, Gabriel> mi voltai per guardarlo <ti stai agitando e non ti voglio parlare quando sei incazzato>
<ma non sono arrabbiato, amore>
Mi girai e continuai a camminare finendo sul divano <a me non sembra> brontolai. Lo sentii dietro di me che appoggiava i piatti al tavolo e apparecchiava.
<dai, vieni. È pronto> mi chiamò standosene in piedi a qualche metro da me.

Mi voltai e lo guardai <non ho fame> afferrai il telecomando.
<Eryn> usò il tono che aveva quando mi rimproverava <vieni a mangiare>
<no> fui secca e alzai appena la voce.
Camminò lentamente nella mia direzione e fece il giro del divano, sedendosi di fianco alle mie gambe che erano stese e piegate. Mise una mano sulla mia caviglia e tirò fino ad avere la gamba stesa sulle sue. <perché non vuoi mangiare?> chiese mentre scorreva le mani.
<perché no> risposi brusca, quasi come lui aveva fatto poco prima, e tirai via le gambe, ma lui afferrò le caviglie e le trattenne <perché ti agiti con niente e non ho voglia di discutere. Mangerò dopo>
Lui sospirò e mollò le mie gambe appoggiando sopra le ginocchia una mano, l'altra invece sopra la tibia.
<non sono arrabbiato. E vorrei che tu mamgiassi con me perché dopo devo andare via>
<mh, vai a farti qualche biondina> usai del sarcasmo per rinfacciargli il suo comportamento

<no, vado in palestra. Lavoro tutto il giorno tutti i giorni, tranne venerdì, sabato e domenica. Ho voluto oggi passare del tempo con te, perché potevo benissimo fregarmene e andare via invece che aiutarti e poi fare l'amore con te. Ho cucinato preparando la cena, che a quanto vedo tu non apprezzi e dopo vado in palestra. Sono stanco, da morire, e preferirei non andarci. Ma devo. È una cosa necessaria per svolgere a dovere il mio compito, nel migliore dei modi. Sto facendo dei sacrifici, per te, e tu nemmeno li noti. Ho 29 anni e già sento i dolori di tutto il mondo perché sto troppo tempo in piedi, non mangio a orari fissi, sollevo carichi troppo pesanti, non dormo abbastanza eccetera, eccetera, eccetera. E per aggiungere un'altra cosa, come se niente fosse, ho dei traumi in una gamba dovuti alle missioni che facevo in guerra. E io sento quasi perennemente male!> esclamò esausto alla fine.

Sapevo che il suo non era un rinfacciare, ma semplicemente uno sfogo. E come mi ero sfogata io con lui, ora dovevo accogliere il suo dolore. Lentamente tolsi le gambe dalle sue e mi alzai.
<dai, andiamo a mangiare, Gabri> gli presi la mano e lui aprì gli occhi e si alzò. Si sedette a capotavola, io presi il mio piatto e mi avvicinai a lui. Posai la mia mano sulla sua spalla e diedi due colpetti leggeri. Lui si tirò indietro con la sedia e mi sedetti sulle sue gambe. Mi piegai sul tavolo e tagliai un pezzo di carne per metterlo poi in bocca.
<molto buono> mi complimentai mangiandone subito un altro pezzo. Si trattava di filetto cotto al sangue, con sopra aceto balsamico, sale, e scaglie di formaggio. <sei molto bravo a cucinare. Perché non hai scelto di fare, che ne so, lo chef? Secondo me avresti fatto strada>
<mi sembrava stupido> scrollò le spalle e appoggiò una mano sulla mia coscia.
<beh, non lo è> mi voltai a guardarlo <ma meglio cosi> tornai subito a mangiare <così ora posso mangiare quello che cucini senza pagare 200 dollari un misero piattino. Secondo me, questo, lo avresti servito con solamente due fette e me lo avresti fatto pagare tipo 150 dollari, piccolo bastardo> lo presi in giro ridacchiando.
<e se fossi stato italiano il prezzo sarebbe 149,99 dollari> mi fece ridere e mi piegai per prendere l'acqua e versarla nel bicchiere.

Dal tramonto all'albaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora