1- saluti e conoscenze

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Eryn p.o.v.
<siamo arrivati> parlò Rude, interrompendo i miei pensieri. Voltai lo sguardo verso mio fratello che in quel momento guardava fuori, con gli occhi lucidi.
Pensai che per un buon fratello maggiore la cosa peggiore che può succedere è vedere i propri fratelli piangere. È bruttissimo, sopratutto quando non puoi fare nulla per aiutarli. Decisamente brutto. Specialmente per me che una delle risate che amavo di più era quella di mio fratello. Tra me e mio fratello esisteva un filo rosso di lana grezza che non si spezzava. Resisteva al tempo, a volte alla distanza, alle tensioni e alle discussioni forti. Vibrava, si tendeva, molleggiava, strattonava, ci teneva abbastanza lontani da essere indipendenti l'uno dall'altra e abbastanza vicini da non perderci. Era un filo invisibile, di cui a volte anche io mi dimenticavo, ma si mostrava in tutta la sua resistenza quando lui mi poggiava la testa sulla spalla e si addormentava, quando ci mandavamo i memes scemi su WhatsApp, quando mi ringraziava per i passaggi in macchina al volo, quando "parliamo un poco?", "giochiamo a monopoli?", quando mi faceva gli occhi dolci a cui non si può dire di no senza sentirsi in colpa per giorni, quando arrivavano le feste comandate e non comprava niente a nessuno, solo a me, quando commentavamo i film e programmi trash alla tv, quando gli passavo l'ultimo pezzo di torta mentre nessuno guarda e il suo sguardo si illuminava di riconoscenza. Era una di quelle cose che non si poteva spiegare a parole, che non si capiva fino in fondo, il primo pensiero quando dici "famiglia".

Salutai Travis calorosamente, promettendogli di rivederci presto, per poi allontanarmi da lì, con il cuore a pezzi ma forte lo stesso, andando verso il gruppo di militari all'entrata con Rude davanti che trascinava le mie valigie.
Erano circa dieci ragazzi, a capo un uomo dai capelli corti e grigiastri, alto e dall'espressione dura, che si presentò come Mason Smith.

<Eryn, lui è Smith Mason. Sarai sotto la sua custodia> mi disse Rude
<te ne vai?> chiesi piangendo
<si. Ma ti verrò a prendere quando tutto questo sarà finito> cercò di tranquillizzarmi
<ma tu non te ne puoi andare> e mi asciugai le lacrime
<Eryn, cerca di capire. Io non posso stare qui. È già tanto se sei qui tu> cambiai il tono, diventando duro e severo
<allora cosa fai ancora qui? Vattene, dai> lo cacciai via in malo modo.
<bene. Signor Smith, le lascio la signorina Morgan> pronunciò al grigio. Poi si voltò verso di me e mi salutò, ma rifiutai il suo abbraccio.
E niente. Poi se ne andò.

Rude Williams, 33 anni, alto, tatuato, forte, a volte severo e rigido.
Rude Williams, 33 anni e un cuore che sa amare più di quanto lui immagina.
Rude Williams, 33 anni, un grande cuore, ma nessuno da amare.
Rude si è sempre preso cura di me e Travis nei momenti belli e brutti. È stato un po' un padre, per me, dal primo momento. Rude è stato quell'uomo che mi ha insegnato ad amare come avrebbe dovuto fare un padre, ed è grazie a lui se adesso sono in grado di andare avanti. La realtà è che mi mancava l'amore, prima di lui. Non sapevo cosa volesse dire regalare un cuore. Mi era venuto a mancare l'uomo che mi doveva insegnare ad amare, non mi ha dato il tempo di salutarlo, di capire un po' di più. Ero troppo piccolina per poter ricordare. Il mondo è stato egoista su questo.
Prima di Rude, non avevo niente, non avevo l'amore, non avevo la sicurezza che mio padre mi avrebbe amata follemente.
Non avevo nulla e ciò mi ha causato una grande sofferenza, da cui non sapevo difendermi.
Rude era il primo a svegliarsi e l'ultimo ad addormentarsi, si assicurava che io e mio fratello eravamo a letto a dormire, a fare bei sogni, mentre tutti gli incubi se li prendeva lui. Una sera però ho fatto finta di dormire e lui mi diede un bacio sulla fronte dicendo "buona notte piccolina, ti voglio bene" e mi sono messa a piangere non appena se ne fu andato. Anzi, credo di aver pianto tutta la notte. Quante sofferenze, e quando sangue ha versato, per noi, quante delusioni avute e stava avendo. Lui, uomo grande e grosso, era fragile come ogni umano vivente. Mi chiesi se un giorno mi sarei potuta vantare di averlo reso fiero , almeno una volta nella mia vita. Ho sempre cercato di fare "colpo" su di lui, di accaparrarmi un "brava" o un qualsiasi altro complimento. Quando ero un po' più piccola lo vedevo sempre come una figura che mi voleva mettere i bastoni tra le ruote, che non voleva uscissi, un freno alla mia libertà insomma. Eppure anche oggi, a distanza di anni, lo ringrazio perché è anche -soprattutto- merito suo se sono così oggi. Volevo potergli regalare la mia schiena per sorreggere i pesi che la vita gli stava scaraventato addosso. Volevo potergli donare i miei occhi, e io prendere i suoi spesso spenti e stanchi che avrei voluto ritornassero luminosi e belli.
Amavo Rude, come se fosse stato mio padre, nel modo più puro possibile. Perché mi aveva ridato la vita, e con quel niente che aveva mi ha sempre fatta sentire come se avessi avuto il mondo in un pugno.
Anche la sera precedente di quel giorno era venuto a darmi un bacio sulla fronte, si era piegato nonostante il dolore - per la consapevolezza di ciò che sarebbe accaduto il giorno dopo - era così forte da togliergli il respiro.
Ecco, io, fino al mio ultimo respiro, lotterò per renderlo ogni giorno più fiero e orgoglioso possibile perché niente può competeren con i suoi occhi felici e i suoi abbracci che sanno di casa.
Rude se ne è andò, anche se non per sempre, ma avevo sempre letto che un padre è l'unico uomo che non ti lascerà mai, e in quel momento mi sentii così spaesata e sola. E tanto triste, perché nemmeno lui mi fu rimasto accanto.

Dal tramonto all'albaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora