CAPITOLO 27.

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New York, 1 novembre 2018.


Carol's pov:

C'è un nemico nella vita di tutti noi, che nessuno riuscirà mai a sconfiggere.

Oppure per alcuni è un'amica che non nessuno potrà mai abbandonare.

La morte.

La tanto temuta morte.

Clinicamente la morte è la cessazione di ogni attività biologica del corpo umano.

Il cuore non pompa più.

Oppure c'è la morte cerebrale.

Il nostro cervello si spegne e con lui anche tutte le funzioni del nostro organismo.

Ma al di là della medicina, cos'è realmente la morte?

È un termine, solamente un parola astratta.

Non è un soggetto, è piuttosto un oggetto privo d'identità.

La morte è un fenomeno, non prescinde dalla vita e da noi uomini.

Confondiamo sempre il soggetto con l'oggetto.

Ma la verità è che noi esseri viventi siamo morte di noi stessi.

Noi siamo la morte. Siamo noi a morire, non è lei che viene a prenderci.

Bisogna dimenticarsi della figura mitologica e iconoclassica dello scheletro vestito con la tunica nera e la falce in mano.

Non siamo bambini, mettiamo da parte queste fantasie.

Quindi non bisogna avere paura della morte, ma del come si muore.

In questo caso si dà concretezza alla morte, le si dà una forma e solo allora si può avere paura.

Avere paura delle malattie, della violenza, di soffrire, del dolore che si potrebbe provare.

Chiunque vorrebbe morire nel sonno, senza soffrire, oppure morire di vecchiaia... In tranquillità insomma.

E non ti aspetteresti mai che potrebbe invece avvenire per mano della persona che ti ha cresciuta per dieci anni.

Tutti vorrebbero morire sereni, persino chi ha intenzione di suicidarsi.

Infatti non ha il coraggio di affrontare il dolore e quindi rinuncia a togliersi la vita.

Questo è l'errore commesso da molti.

Confondere la paura per il modo in cui si potrebbe morire.

Confonderla con l'angoscia.

Angoscia verso colei che per noi vivi rappresenterà l'eterno stalker ignoto.

Questo era tutto quello che riuscivo a pensare mentre Fred mi portava dentro casa con la forza e chiudeva la serratura della porta, nascondendo la chiave.

<<Sei propria una stronzetta lo sai? Non capisci mai quando è il momento di smetterla... Non sapevi stare ferma, dovevi farti sparare e ora stai macchiando tutta la moquette di sangue>> esclamò legandomi i polsi, con le manette, ad un'asta di ferro.

Ero in una prigione nella prigione.

Ero in catene, stordita e con un pazzo di fronte.

<<Liberami idiota del cazzo mi stanno facendo male>> cercai di dimenarmi ma la forza con cui aveva stretto quelle manette mi stava letteralmente massacrando i polsi e mi fermai.

𝑪𝒐𝒎𝒑𝒍𝒊𝒄𝒊𝒕𝒚 𝟏.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora