65. Lights are on, but nobody's home

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Jake

Il mio posto dietro il tavolo della cucina è sempre stato accanto a Sky. Che fosse la colazione, il pranzo o la cena, restava sempre lo stesso.

Era l'unica "tradizione" data da Celeste che abbiamo deciso di mantenere.

Nonostante sia vuota e abbia una strana aria a coinvolgerla, mi siedo lo stesso lì. Nel mio solito posto.

Visualizzo a terra i cocci delle nostre tazze della Disney che non abbiamo mai cambiato. Ogni mattina mi ritrovavo a discuterne con Dean, su quanto fossero ridicole e su come dovessimo sostituirle il prima possibile.

Eppure, ogni volta che ne avevamo l'occasione, nessuno dei due aveva il coraggio di comprarne di altre, buttando tutto sulla scusa di non avere abbastanza soldi. La maggior parte delle volte, era davvero così. Ma in realtà sceglievamo sempre di non cambiarle.

Ora sono completamente distrutte. Anni interi passati ad averle a farci compagnia, buttati in aria e spezzate come il nostro rapporto.

Una parte di me sapeva che prima o poi sarebbe successo. Sapevo che il segreto sarebbe venuto fuori da un momento all'altro e che non avrei potuto nasconderglielo per sempre.

Speravo però di essere io a rivelarglielo. Tante volte, nel corso degli anni, mi ero immaginato il discorso che gli avrei fatto. Ci saremmo seduti sul divano, a bere una birra, con un film idiota alla TV e mi sarebbe venuto all'improvviso di confessargli tutto.

Che mi ero innamorato come uno sciocco, che avevo permesso ad Amanda di intaccare ogni fibra del mio essere e che l'amore non mi aveva lasciato via di fuga. Gli avrei detto che il senso di colpa per quello che gli avevo fatto non se ne sarebbe mai andato, che avrei accettato persino che non mi parlasse più.

Non era stato così.

Non gli ho detto tutto questo.
Non gli ho detto niente.

L'ha venuto a sapere da altri. Ha trovato le nostre foto. Gli è stato sbattuto in faccia il nostro amore.
Ed io, non sono stato in grado di spiegargli nulla.

L'avevo visto nascondere molte volte le sue emozioni. Permetteva a tutti solo di conoscere la sua rabbia.
Ma con oggi, posso dire di aver visto un lato di Dean che in tutti questi anni non avevo mai conosciuto.

Non era solo arrabbiato, era ferito nel profondo.
Noi, la sua famiglia, non eravamo solo la cosa di cui si fidava di più in assoluto. Eravamo anche l'unica.
E ora, l'unica certezza che aveva mai avuto nella sua vita, se ne era appena andata via.
Non aveva più nulla.

Solo la sua sola amica da sempre: la rabbia che ha scagliato contro di me, contro di noi.

Ed io avevo risposto, spezzato in due nel vederlo strappare l'unica possibilità che io avessi di poterla sentire un'ultima volta. Di leggere, di sapere cosa volesse dirmi.

Gli avevo detto di non esser mai stato uno di noi.
Ed è stato in quel preciso istante in cui ho visto la luce nei suoi occhi spegnarsi. Non c'era più rabbia. Non c'era più la delusione. Non c'era niente.
Dean non era più Dean. Probabilmente non sarebbe più tornato ad essere il fratello che ci metteva prima di ogni cosa.

Lo avevo visto andare via con un borsone, guardarmi un'ultima volta e dirmi, in modo piuttosto esplicito, che non mi avrebbe mai più perdonato. Ero come morto.

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