Capitolo 2

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Cammino con le mie stupide gambe tremolanti fino ad arrivare alla sua porta. Capisco che è da lì che proviene la musica, solo che adesso ha il volume più basso. Guardo attentamente i cartelli che vietano il passaggio e mi sento in imbarazzo, mi sento come se stessi invadendo il suo spazio.

Busso per tre volte e sento una voce roca rispondermi.

"Entra." Questo. Una sola parola. Non si prende nemmeno la briga di chiedere chi è.

Apro la porta e vedo un ragazzo, o per meglio dire, uomo, appoggiato in un angolo contro la parete. Separa lo sguardo dalla libreria che ha difronte e mi guarda con i suoi grandi occhi color miele e con le pupille dilatate. È sorpreso e imbarazzato. Beh, ha tutti i motivi per esserlo...la sua camera è un completo disastro. Non aspettava di sicuro una visita.

"Posso entrare?"

Lui annuisce e chiude il quaderno che aveva tra le mani.

"Sono Justin." Dice offrendomi la sua mano ed io la prendo, stringendola di rimando. Ha una mano forte, mascolina e incredibilmente grande rispetto alla mia.

"Cassidy" mormoro "Cassidy Parker."

"Conosco il tuo cognome, i miei genitori non hanno fatto altro che parlare di questa cena. E poi-" il suo tono diventa inaspettatamente freddo "già conosco i tuoi genitori."

"Non lo sapevo." Ammetto. Senza sapere il perchè le mie guancie diventano rosse e cerco di cambiare discorso. "Sembrano simpatici, dico...i tuoi genitori."

Non avrei potuto scegliere argomento peggiore, però l'unica cosa che mi interessava era non parlare dei miei genitori. Questo mi metteva in imbarazzo e poi, lui non sembrava molto felice parlando di loro.

"Sí, grazie per aver detto...questo." Abbassa il capo e inizia a sistemare varie cose sul letto, lasciandomi sufficiente spazio per sedermi.
Da' qualche colpetto sullo spazio vicino a lui, dicendomi di prendere posto.
Non dubito nel farlo.

Comincia ad analizzarmi dalla testa ai piedi, facendo diventare la mia pelle sensibile, in qualche modo.
Guardare le persone in questo modo è da maleducati...per lo meno è quello che mi ha detto mia madre.

Nessuno di noi parla per un po' di tempo, rimaniamo semplicemente ad ascoltare la musica di sottofondo. È un'altra canzone e non riconosco neanche questa. Faccio una smorfia.

Lui estende il suo sorriso vendendo la mia espressione.

"Quanti anni hai?" Dice all'improvviso. "Sembri giovane."

"Ho diciassette anni."

"Oh."

Oh?

"E tu?" Dico a mia volta senza poter evitarlo. Quell'oh potrebbe essere un 'oh, sei così piccola'...

"Venti."

"Oh." Prima di potermene dare conto ripeto la sua reazione. È tre anni più grande di me.

Cerco di pensare se una ragazza perfetta uscirebbe con un ragazzo più grande di lei. Credo di sì. Non ricordo che mia madre mi abbia detto qualcosa al riguardo e poi Harry ha...

Vengo interrotta.

"Parli poco ma pensi molto."

"Eh?"

"Esatto."

Cerco di cancellare la mia espressione confusa.

"Non so che dire."

"Perché non mi dici che hai fame?"

E allora capisco che anche se ci provo con tutta me stessa, non posso nascondere le mie stranezze (includendo i miei occhi spalancati e la mia bocca aperta), é come se lui riuscisse a leggermi nel pensiero. Ed. È. Una. Cosa. Terrificante.

"Studio psicologia."

Mantego le sopracciglia inarcate, cercando di dire che queste tre parole non spiegano nulla, anzi, mi riempiono di dubbi.
Lui ride.

"Ho imparato a leggere il linguaggio corporeo delle persone. Oltre ad essere affamata sei anche nervosa."

"Non ho fatto colazione." Dico, senza dargli troppa importanza.

Si inclina verso un cassetto ed esce dei biscotti che mette sulle mie mani, quando lo fa le sue dita sfiorano le mie e una strana elettricità mi percorre la colonna vertebrale.

"Mangia." Indica con tono autoritario.

"Grazie." Sussurro iniziando a mordicchiare un biscotto. "Ti posso chiedere una cosa?"

"Certo."

"Non lo dire a mia madre, okay?"

"Tua madre non ti permette di fare colazione?" Mostra un'espressione confusa.

"Lei non vuole una figlia grassa."

"Non è una buona ragione! Posso assicurartu che sei anche più magra di quello che una diciassettenne dovrebbe essere."

"Sto bene."

"Non hanno mai insegnato a tua madre che la colazione è il pasto più importante della giornata?"

Inizio a giocare con i miei capelli, mordendomi il labbro inferiore. Succede una cosa totalmente inaspettata: lui prende la mia mano nella sua, stringendola e fecendo che io fermi i miei movimenti con i capelli.

"Parlerò con lei, le dirò-"

"No!" Grido, dimenticando le mie buone maniere. "No ti rischiare a farlo."

"Io..."

"Sono seria, Justin. Non devi farlo. Questa è stata la prima volta che salto la colazione." Mento. "Possiamo cambiare discorso?"

Chiudo gli occhi esasperata.

Una ragazza perfetta non mentirebbe.

Una ragazza perfetta non griderebbe.

Una ragazza perfetta non fa facce strane.

Una ragazza perfetta non infrangerebbe le regole mangiando biscotti che non fanno parte della sua dieta.

Alzo lo sguardo sul biondo che mantiene la mia mano stretta nella sua. È alto e forte, con vari nei che gli adornano il volto. Ha tatuaggi un po' dappertutto e delle labbra...non lo so, sembrano morbide e dolci, i suoi occhi color miele sono brillanti e belli, pieni di sincerità e fiducia. Sembra qualcuno per niente insicuro, qualcuno di divertente e libero.
Qualcuno molto diverso da me.

Però non è questo quello che mi preoccupa. Non si tratta delle nostre differenze fisiche e mentali.
Quello che mi preoccupa è che questo ragazzo, Justin Bieber, è riuscito a farmi infrangere 4 regole in meno di un quarto d'ora...non immaginavo cosa sarebbe potuto succedere inseguito.

Teach me how to be imperfectDove le storie prendono vita. Scoprilo ora