Capitolo 49

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Apro la grande porta davanti a me preparandomi mentalmente all'idea di vedere Justin steso su un letto d'ospedale.

«Cassidy» sento la sua voce roca e lo guardo attaccato al tubo dell'ossigeno. Sto quasi per mettermi a piangere a quella vista, ma decido di essere forte per me e per lui.

«Perché non mi hai detto che hai l'asma?» Sussurro.

«Perché non ce l'ho.» Incrocia le braccia al petto.

«Il dottore ha detto che le tue vie respiratorie si sono ostruite impedendo all'ossigeno di arrivare ai polmoni» deglutisco. «h-ha detto che se l'ambulanza non fosse arrivata in tempo tu...»

«Se l'ambulanza non fosse arrivata in tempo io...?» si toglie la maschera dell'ossigeno iniziando a tossire.

«Ma sei stupido?» Corro verso di lui, gli rimetto la maschera dell'ossigeno e gli accarezzo i capelli. «Hai appena avuto un qualche attacco e vuoi già toglierti la mascherina?»

«Non riesco a parlare con questa cosa.» Mormora con difficoltà.

Incrocio le nostre dita e bacio il dorso della sua mano. «Mi dici quello che è successo?»

«Non te l'ha detto nessuno?» Chiede una volta essersi tolto la mascherina nuovamente. Questa volta non faccio resistenza.

«Erano troppo occupati a calmare me e... Madeline.» Lo vedo alzare gli occhi al cielo.

«Non mi interessa di lei.»

«Lo so...» Bacio un'altra volta il dorso della mano.

«Sono claustrofobico, lo sai?» Annuisco. «Quando mi sono svegliato e non eri in casa, il mondo mi è caduto addosso. Ho pensato che tua madre ti avesse trovata, che ti avesse portata lontano da me...» sento il mio cuore fare cento battiti. «dopo aver distrutto quasi tutto l'appartamento, mi sono catapultato fuori e ho perso l'ascensore. L'unica cosa che riuscivo a vedere eri tu. Non volevo che il tuo ultimo ricordo mio fosse il nostro litigio. Sono svenuto e mi sono risvegliato qui.»

«È stata tutta colpa mia.» Sussurro. Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi. «Se la smettessi di essere così esagerata e insicura, tu-»

«Dov'era questa mattina?» Mi interrompe.

«Da Carly.»

«Mi dispiace averti fatta arrabbiare» abbassa lo sguardo.

«Lascia stare.» Sussurro. «Non dobbiamo parlarne adesso, Jay.» Rispondo, un attimo prima di abbracciarlo, facendolo tossire. «Ti fa male il petto?»

«Un po'.» Risponde facendo una smorfia di dolore.

«Mi dispiace» mi scuso.

«Shh» mi zittisce. «ho bisogno di te adesso.»

«Hai fatto tante cose per me e l'unica che faccio è mandarti all'ospedale.» Ridacchia e mi bacia piano le labbra.

«Insegnami.»

«A cosa ti riferisci?»

«Insegnami a prendermi cura di te.»

«È questo che vuoi?» Domanda ed io annuisco. «La prima cosa che vuole il tuo paziente è essere riempito di baci.»

«Ah davvero?» Chiedo divertita. «L'infermiera mi ha detto che non devo agitarti.»

«Al diavolo quello che dice l'infermiera, adesso sono ai tuoi comandi.» Risponde ed io non perdo tempo a posare le mie labbra sulle sue.

«Devi rimetterti la maschera d'ossigeno» gliela porgo. «Vuoi che chiami Liam?»

«Voglio che tu rimanga qui, con me.» Fa una smorfia.

«Ci sono persone lì fuori che voglio vederti.»

«E c'è un malato qui dentro che vuole stare con la sua fidanzata.» Mi fingo seccata. «Potrebbe darmi un po' d'acqua, dottoressa?»

«Dobbiamo continuare con questo?» Ridacchio.

«Sei tu che l'hai voluto, adesso veloce...» mi incita. «ho sete.»

Mi sporgo in avanti e riempio un bicchiere d'acqua, per poi porgerglielo. Justin mi guarda divertito ed io non posso fare a meno di sorridere. «Non è strano che non venga nessuno a controllare come stai?»

«Funzionano così gli ospedali, non solo l'unico che ha bisogno di cure.»

«Ho paura per te» confesso.

«Sto bene. Starò qui solo per un paio di giorni.» Mi sorride.

Gli bacio le labbra e mi alzo, andando verso la porta. «Vado a chiamare Liam, va bene?»

«Questo non finisce qui, piccola» mi avverte. «Sarai la mia dottoressa personale per un bel po di tempo.»

«Sono contenta di questo.» Sorrido.

«Tornerai?» Chiede drammaticamente.

«Prestissimo.» Il solo pensiero dell'ambulanza che tarda, lasciandolo morire per causa mia, mi  crea un groppo alla gola. La mia vita senza di lui non avrebbe alcun senso. «Ti amo.»

Detto questo. Chiudo la porta alle mie spalle e cammino verso la sala d'attesa. Nonostante abbia chiuso la porta, non ho sentito alcuna risposta da parte di Justin.

Teach me how to be imperfectDove le storie prendono vita. Scoprilo ora