Capitolo 23

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"Prendi una borsa che sia facile da trasportare e riempila con lo stretto indispensabile. Non vogliamo che qualcuno sospetti qualcosa e lo faranno di sicuro se prepari tre valigie. Tutto quello che ti servirà e che non potrai portare, te lo comprerò una volta arrivati. Non devi preoccuparti di niente, Cassidy. Non portarti cose di valore perché se dovessimo scappare da un momento all'altro e fare le valigie in fretta, potrebbero perdersi.

Portati un costume da bagno e una macchina fotografica, sono sicuro che vorrai fare tante foto, non un cellulare.

E come ultima cosa: sono felice. Cassidy, non puoi neanche immaginare quanto io sia contento. Non vedo l'ora che siano le dodici.

Justin."

Poso la macchina fotografica all'interno del mio zaino che come ha detto Justin, contiene poco e niente. È stato tremendamente difficile decidere quali vestiti portare. Dovrebbero creare un blog che fornisce informazioni di questo tipo, come "cosa mettere in valigia per un fuga" oppure "cosa indossare quando si scappa con un ragazzo".

Leggo nuovamente il messaggio di Justin prima di cliccare sul cestino ed eliminarlo, così da non lasciare traccia di ciò che sto per fare. E sì, sto proprio per farlo perché mancano solo trenta minuti a mezzogiorno.

Indosso le mie converse nere e mi sistemo i capelli per l'ultima volta davanti allo specchio che mi ha regalato mia nonna, chiedendomi quando mi sarei specchiata di nuovo in esso. Spero non presto.

Scendo le scale facendo due gradini alla volta e quando arrivo alla porta, mi volto a guardare per l'ultima volta la casa degli orrori. Osservo la grande sala e ricordo le volte in cui mia madre mi ha picchiata o insultata. Fisso le scale, i divani, i quadri e le tende: ogni dettaglio è perfetto.

Sbatto la porta dietro di me sapendo che solo gli impiegati l'avrebbero sentito. Fortunatamente i miei genitori non sono a casa, così sorrido alla sorveglianza e dico loro che devo andare in biblioteca. Sento il loro sguardo su di me per qualche metro, finché li vedo voltarsi e inizio a correre verso il parco principale, dove Justin mi sta aspettando in un taxi.
Taxi che mi porterà in un posto sconosciuto e che forse, diventerà la mia nuova casa per qualche mese.

Una volta arrivata al parco mi guardo attorno e lui è proprio lì, dove ha detto che sarebbe stato. Ha degli occhiali da sole ed è appoggiato al taxi. Quando mi vede camminare verso di lui, sorride a trentadue denti e mi apre la portiera.

«Ehi.» Dico ricambiando il sorriso.

«Ehi.» Ripete lui e rivolge lo sguardo al mio zaino. «Hai seguito le mie istruzioni, brava bambina.»

Lo spingo fingendomi infastidita e lo sento ridacchiare. Si sporge in avanti e dice al conducente di portarci alla stazione degli autobus.

Mi mordo il labbro e lo guardo quando torna ad appoggiarsi sullo schienale. «Andremo in autobus? Non pensare che io sia superficiale, per me non è un problema, è solo che i biglietti che avevo visto per il mio compleanno erano d'aereo e pensavo saremmo andati in un altro stato e-» Mi mette un dito al centro delle labbra zittendomi.

«La mia idea originaria era portarti in Georgia, ma ho commesso il gravissimo errore di dirlo a mia madre quindi quando la polizia le chiederà se sa qualcosa, lei dirà che siamo lì.» Inizia a spiegare ed io spalanco gli occhi. Sua madre sa che stiamo scappando? «Per ora l'importante è andarcene da qui, andremo in una città vicina e passeremo la notte lì. Domani prenderemo il volo.»

Sento il cuore martellarmi nel petto. «Per dove?»

Mi sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio e sorride. «È una sorpresa.»

Teach me how to be imperfectDove le storie prendono vita. Scoprilo ora