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Non cercai una spiegazione razionale su quanto mi fosse appena accaduto alla residenza del dottor Ferlese. Ma mi precipitai al mio appartamento almeno per la pausa pranzo e il riposo pomeridiano. Era importante mantenere un minino di vita normale quando hai a che fare tutti i giorni  con casi all'insegna del macabro e dell'oscenità. La mia casa era sempre stata una fortezza per me, il dolce miele al ritorno , un sottomondo nel mondo dove concedermi a me stessa, alle mie abitudini , ai miei spazi, le mie passioni, il mio rifugio dalla città ,dai rumori e dalle relazioni. 

Girai la chiave nella serratura sospirando. Quando aprii la porta trovai un biglietto incastrato sulla fessura a ridosso del pavimento. Qualunque cosa fosse decisi di rimandare la questione a dopo il mio adorato bagno. Azionai l'impianto elettrico e il mio hi fi. Misi su un dischetto di  hard rock in dolby surround in tutte le stanze. Col volume a palla iniziai a spogliarmi lasciando cadere i vestiti all'ingresso e lungo il corridoio. Prima il mio giubbotto,le armi,  dopo gli stivali, la cinta, i pantaloni , poi la maglia , il reggiseno e in ultimo le mutandine. Lo trovavo divertente , girare nuda per la casa la trovavo un'abitudine divertente, una delle cose che si potevano fare ancora quando vivi sola. In un attimo fui pronta a concedermi al mio adorato bagno.  

Tutta la stanza era addobbata della mia collezione di candele, oli da bagni, incensi, e applique dalle luci soffuse. Abbassate le luci m'immersi nella vasca al profumo di vaniglia, un profumo dolce. Accesi un sigaro versandomi da bere un bicchierino della mia adorata acqua all'arancia francese, quindi presi il bigliettino e lo lessi." Vediamoci alle diciotto a Washington Square. Porto un rosario in mano.  Wanda Fletcher."  Merda . Doveva essere la giornata degli incontri. Erano ancora le quattro avevo poco più di un'ora per l'appuntamento. Fanculo a tutto. Era il mio momento. E sarebbe durato molto di più se non avessi ricevuto quel biglietto , se non avessi avuto quel dannato appuntamento. 

Quando chiusi gli occhi e mi lasciai andare alle carezza della schiuma mi ritrovai a fissare il soffitto. Le grossi travi di legno sembravano più scure illuminate dalla luce fioca delle candele. Il passaporto e gli altri effetti personali erano sul tavolino, la valigia ancora da disfare. Ero a casa, nel mio appartamento, ero tornata alla mia vita, la vita di Manhattan.

Le storie di Vladlena CékovaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora