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Al centro della scena un ampio lampadario in metallo a più di cento bracci sosteneva il lungo nastro ripiegato in due nero grafite che dal soffitto sfiorava il pavimento. Ah Lucas era stato fantastico. Era riuscito a trasformare il mio salone in un palcoscenico. L'ambientazione del set era tipicamente ottocentesca. I mobili in ciliegio e faggio, le specchiere a cartoccio, gli spessi tendoni vellutati, i candelieri alti, tutto richiamava quel lontano mondo quando la cavalleria abbracciava la modernità. Accanto a un paravento a tre ante snodato in tessuto damascato, adagiati su un pregiato sofà intarsiato e rivestito in raso gli indumenti dello spettacolo o l'armatura che dir si voglia.

Misi prima la camicia e le brachesse lunghe fino alle caviglie. Poi passai al bustino rifinito di pizzi e merletti. Lo infilai allacciandolo e agganciandolo prima anteriormente gancio dopo gancio nastro dopo nastro mentre le stecche di balena che modellavano la mia silhouette costringevano il mio busto fino a soffocare. La biancheria intima allora indossata dalla donna era figlia della condizione sociale di costrizione in cui viveva. Lo sollevai dal seno e provai a girarlo in modo che i lacci chiudessero posteriormente il corsetto con tutte le mie forze. Il problema di certi indumenti non era tanto riuscire a sfilarli almeno per noi donne quanto indossarli soprattutto se da sole. Mi sorpresi si riuscire ancora a respirare. Peccato però che le torture non fossero ancora finite. Sotto al corsetto, per dare l'impressione di avere la vita ancora più sottile, una sottana di flanella, tre sottane di percalle e quattro di mussolina inamidata sorretta da una gabbia di crine, cerchi di acciaio e ossa di balena, la crinolina, su cui cadeva l'ampia gonna allacciata alla cintura e svasata sul fondo. Tutto era pronto. Curai con cura il trucco e l'acconciatura. Tirai su il capo lasciando scivolare i capelli all'indietro in morbida e lenta treccia a spiga di grano  e fissai la fune. Non era l'arrampicata a terrorizzarmi , ma l'intera esibizione , dove avrei potuto sfruttare non tutti i miei arti, ma solo due. Abbracciai il drappo e mi spinsi più su che potevo. Dall'alto la campana della gonna doveva sembrare un enorme imbuto. Feci un enorme sforzo per arrivare alla cima. Quando lo specchietto vibrò ...la musica partì...pressai il pulsante verde e risposi...

Le storie di Vladlena CékovaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora