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La caffèomanzia era l'arte di leggere i fondi di caffè che i potenti asiatici mezzaluna trapiantarono in tutto il mondo attraverso il loro vasto Impero. Misha, il ragazzo del Jump food, il bar del Dipartimento, mi consegnò il mio espresso su un vassoio adagiandolo sulla mia scrivania lentamente."Ciao Vladlena ".-"Ehi Misha, servizio di gran classe oggi! "-"Abbiamo terminato i bicchieri in plastica per il domicilio , ma tieni pure la tazzina e il piattino. Passerò oggi pomeriggio a ritirarli dopo che avrò finito il mio solito giro. "

Era un ragazzo sulla ventina alto poco più di un metro e settanta con un bel sorriso e folti capelli scuri. Portava addosso il sue grembiule, la sua camicia bianca e le sue lenti scure con la stessa aria e disinvoltura di un personaggio famoso quando sfilava sicuro sul tappeto rosso. Nella vita insieme al barista faceva altri due lavori, ma nonostante questo era sempre gentile e più che disponibile. Avere a che fare con i turni di così tanti sbirri non doveva essere facile perchè quando un agente o un detective ordinava caffè dall'ufficio doveva essere stanco o peggio nervoso. 

Sollevai la tazzina dal piattino e bevvi a sorsi la mia bevanda color onice. Sommersi completamente la lingua nel liquido caldo, poi chiusi gli occhi e ripensai alle nere colline , alle aquile rosse, e al piccolo Dakota. Non appena la mia bocca si invischiò della polvere di caffè capovolsi la tazzina sul piattino girandola su di esso tre volte in senso orario. Non lo facevo da molto tempo, non leggevo fondi di caffè da molto tempo, ma qualcosa quella mattina mi spinse a riprendere quel millenario rito. Quando fui pronta per la lettura rovesciai la tazza e rivolsi i miei due penetranti globi a quel profondo e vuoto abisso. Una mosca. L'immagine riportata sul fondo della tazzina era quella di un insetto , era quella di una mosca. Un segno di cattivo auspicio , un segno di triste presagio, di perdita, segnava l'avvenire , la carestia. Rimasi a fissarla con lo sguardo vuoto e assente per una manciata di minuti fino a quando la voce di Julliette spezzò quel momento di magia. "Vladlena va tutto bene?"-" Sì Julliette tutto bene." 

Sapevo perfettamente che non era vero, che niente andava bene e che quello che avevo fatto in ospedale non era stato soltanto un sogno. Solo Boston avrebbe potuto darmi le risposte che stavo cercando. Boston era l'unico che avrebbe potuto fare luce su tutta questa storia anche se detestavo l'idea di dovere dipendere da lui. Decisi di chiamarlo, con la scusa lo avrei ringraziato delle rose a stelo lungo bianche, rosse e blu  con cui continuava a riempire il mio ufficio, il tergicristallo della mia auto e il mio attico da quando ero uscita dall'ospedale.

Il blu era il mio colore preferito, il colore dell'armonia e dell'equilibrio di cui nutrivo costantemente bisogno. Il rosso era il colore della magia dell'amore e sexualis,   la magia di Venere , un tipo di stregoneria neutra, non demoniaca, probabilmente pari come potenza a quella nera, che  utilizzava  energie positive in grado di deviare il corso negativo degli eventi. In ultimo il bianco colore del candore, del nostro amore ancora vergine,  io e Boston non avevamo ancora fatto l'amore.  Gli avrei intimato dolcemente di piantarla con questi atteggiamenti di estrema attenzione e di controllo, ma ero fin troppo consapevole che sarebbe stato inutile, che non avrebbe smesso comunque.

Approfittai della pausa pranzo per tirare fuori dalla mia tracolla lo specchietto delle brame di Boston e fare una videochiamata. Rispose inviandomi un messaggio al cellulare."Sono nel bel mezzo di un riunione ti ricontatto io appena si sarà conclusa .Il tuo Boston."Chiedere ed accettare il suo aiuto avrebbe significato sventolare bandiera bianca , arrendermi, cedere alla sue continue richieste allargando i suoi confini di azione sulla mia vita e su me. Quel figlio di puttana avrebbe avuto ancora una volta il coltello dalla parte del manico. Ma la posta in gioco era fin troppo alta rispetto al prezzo che lui mi avrebbe chiesto di pagare. Perciò misi da parte l'orgoglio e lasciai vincere il buon senso seppellendo l'ascia da guerra.

"Che tu sia maledetto Boston". Dissi tra me quando lo specchietto cominciò a vibrare, colorandosi di un verde lime brillante. Pressai il pulsante per accettare, entrambe le facce dello specchietto si aprirono e l'olobonston comparve davanti ai miei occhi in gramma e ossa  .."Ciao Kyonyū"...

Le storie di Vladlena CékovaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora