Il rumore violento della finestra chiusa dal vento mi sembrò uno sparo appena sveglia; il ritorno di Boston solo un sogno se non fosse stato per il post-it attaccato alla bajour.
"Dopo la favola della buonanotte ti sei addormenta come una bambina. Ti ho presa in braccio e messa a dormire sul tuo letto. Io me ne sono stato buono sul divano, niente sesso come promesso. Anche se so che tu mi vuoi come ti voglio io. Che mi desideri come ti desidero io. Non puoi continuare a sfuggirmi Vladlena. Non puoi continuare a respingere quello che provi per me. La tua bocca mente, ma i tuoi occhi non sanno farlo."
Ps: Il corriere lascerà qualcosa per te più tardi. Il tuo Boston.C'erano due modi per affrontare la giornata. Dimenticare Boston, la sua apparizione, i suoi imperativi, le sue improvvisate, le sue convinzioni, i suoi so, i suoi tuo o realizzare che d'ora in poi non mi avrebbe più dato pace. Scelsi la prima. Il cercapersone suonò era Parker. Richiamai. "Parker?"-" Vladlena ti voglio qui nel mio ufficio subito. "Un persecutore alla volta pensai. -"Ah buongiorno anche a te Jonathan, arrivo subito. "
Quando varcai la porta in legno a due ante della mia cucina sorrisi. La cucina era la stanza dove più mi sentivo coccolata e confortata. L'avevo arredata in tipico stile medioevale con pareti in pietra, pavimento in finitura anticata e naturale, ampie finestre e lucernario al soffitto. I tetti a spiovere con i tegoli in cotto ormai logori dal tempo, richiamavano alla mente dolci ricordi d'infanzia, luoghi magici e fuori dal tempo lontani dal caos cittadino.
Al termine di una giornata di lavoro era bello rientrare in casa con la sensazione di trovarsi in una di quelle vecchie locande del nord con grosse brocche e boccali in peltro sulle mensole, con un caminetto in cornice e una serie di teste, asce, elmi e cotte che vigilavano il desco illuminato dai ceri di due porta stendardi medievali in ferro e dalla candela di un poderoso badalone.
Niente male per una che invece viveva in un attico a Greenwich Village.
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Le storie di Vladlena Cékova
Science Fiction"...La mia pelle era diafana, le mie gote rosse purpuree , i miei capelli nero ebano. So a chi starete pensando. E in effetti come la fanciulla dalla mela avvelenata anche io parlavo agli animali. Ma dimenticate pure la scena del bosco incantato, d...