Prologo

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«Allora fate le valigie, ragazzi, perché ormai non c'è più tempo. Mancano solo due giorni e si parte!»

Subito, le urla si levano verso il cielo, investendo l'aria calda di Luglio e inoltrandosi per quelli che sembrano chilometri nel silenzio cittadino.

Sto per partire per Los Angeles, ancora non ci credo.

* * *

Un'ora prima...

«Papà!» urlo dalle scale, ma non ricevo alcuna risposta.

Scendo in cucina e, come mi aspettavo, lo ritrovo immerso nella musica e intento a cucinare la cena. Mia madre segue attentamente il telegiornale, comodamente seduta sul divano. Nessuno si accorge della mia presenza, così mi avvicino cautamente alla porta d'ingresso. Posso sempre mandare loro un messaggio per giustificare la mia assenza a cena. Mio padre andrà su tutte le furie, ma non può fare nulla di più di un broncio alla sua adorata - e unica - figlioletta. Sbuffo, pensando che non vedo l'ora di andarmene via di qua.

«Sofia» mi richiama, sfortunatamente, mio padre, con un tono noiosamente allegro.

Faccio dietro front e ritorno in cucina. Come diavolo ha fatto a vedermi?

«Stavi uscendo?»

«In realtà sì. Valentina mi ha chiesto di andare a casa sua per una riunione con il gruppo.»

«Di cosa dovete parlare?»

Andare per scoprire, no? Anche se non credo che si dica esattamente così.

«Ha detto che è qualcosa che riguarda il viaggio.»

«Quale viaggio?» interviene mia madre, che era stata in silenzio fino ad allora, facendo la finta tonta.

«Mamma lo sai che è il viaggio a Los Angeles di cui parlo da un anno a questa parte, per cui ho risparmiato i soldi lavorando e per cui ti ho promesso che sarei andata bene a scuola superando l'esame di maturità a pieni voti. Oh, è anche quel viaggio di cui ho parlato ossessivamente in questi ultimi giorni ed è il motivo per cui ho una valigia pronta in camera mia.»

Non sopporto quando mia madre fa di tutto per farmi arrabbiare. Mi domando come mio padre abbia scelto di amare lei.

Io e il mio gruppo di amici abbiamo avuto la magnifica idea, circa un anno fa, di partire insieme per una località estera. Abbiamo discusso per tantissimo tempo per scegliere la meta: prima abbiamo deciso che sarebbe stata in America, poi in California. Alla fine abbiamo scelto proprio Los Angeles. Perché non le Hawaii o i Caraibi? Perché non le Bahamas o Ibiza? Perché non starsene semplicemente a casa?, ha chiesto mia madre. In realtà non mi ricordo nemmeno come siamo giunti a questa conclusione. Credo che debba essere saltato fuori questo nome e che a tutti piaceva. Inizialmente l'avevamo presa come un argomento di cui parlare quando eravamo annoiati. Era impossibile riuscire ad organizzare un vero viaggio a Los Angeles. E i soldi? E l'alloggio? E l'aereo? Nessuno credeva l'avremmo fatto per davvero. Fin quando un pomeriggio, Luca - il nostro prezioso manager - ha inviato le foto dei costi aerei per date approssimative. Da allora in poi abbiamo cominciato a pensarci seriamente, e abbiamo discusso, abbiamo litigato su tantissimi aspetti prima di essere tutti d'accordo. Siamo partiti con un consenso da parte di trenta persone per poi finire ad essere solo dieci. Ho lottato con mia madre per poter avere una risposta positiva da parte sua, e adesso fa l'antipatica. Forse trova divertente vedermi perdere la pazienza.

«Ha ragione lei, tesoro» interviene il cuoco di casa in mia difesa. «Non fa altro che parlarne da giorni.»

«Ah già» risponde. «Ma mi sembra di non averti dato il consenso per questo.»

Spalanco gli occhi e li alzo al cielo. Ci risiamo, penso. Ma non mi va di continuare con questo teatrino. Tanto, sia che vuole o no, io partirò lo stesso. Sono maggiorenne, ormai: posso fare tutto quello che voglio.

«Io vado. La mia migliore amica mi sta aspettando.»

«Ma come, Sofia? Non resti a cena?» domanda mio padre sovrastando la voce di mia madre che mi rimprovera di qualcosa che solo lei sa. Ma chiudo velocemente la porta alle mie spalle quando esco, prima che possa sentire altro e, quando lo faccio, sospiro felice. Casa di Val dista solo un chilometro dalla mia, perciò vado a piedi. Mi dispiace, mia cara moto, ma questa sera rimarrai chiusa in garage.

* * *

Valentina mi si avvicina. «Non vedo l'ora di potermi divertire senza più pensare a nulla.»

«A chi lo dici.»

La voce del nostro amico Luca interrompe il forte chiacchierare degli altri presenti per poter ultimare il suo discorso. «Siate prudenti ragazzi. E siate anche maturi e responsabili. Solo così potrete godervi a pieno la vacanza che tanto aspettate.»

Segue un lungo silenzio, in cui tutti ci guardiamo in faccia con sorrisi ansiosi, con quell'adrenalina in corpo pronta a manifestarsi vividamente. All'improvviso, poi, Luca getta un urlo di gioia e alza la sua bottiglia di birra in alto. E' il segnale che tutti aspettavamo per poter dare inizio all'ultima festa in Italia prima di partire per la desiderata America.

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