Capitolo 41

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Faccio strisciare la sedia sulle mattonelle del locale, attirando l'attenzione non solo dei miei amici ma anche di alcune persone attorno a noi. Sono impaziente di sapere come si è conclusa quella conversazione e ancora più impaziente di sapere perché Samuele ha chiuso la chiamata.

«Ma che fai?» mi chiede Alessio, mentre mi guarda con una strana espressione in viso.

«Devo andare fuori.»

Li devo raggiungere, devo interrompere qualsiasi cosa stiano dicendo su di me a mia insaputa.

«Si può sapere che le prende?» chiede Alessio, ancora confuso.

«Sta attuando una specie di piano che aveva organizzato con Samuele» risponde vaga Valentina. «Qualcosa che c'entra con Simone.»

«Oh, capisco.» Queste sono le ultime parole che sento prima che io sia troppo lontana da loro.

Apro la porta d'ingresso e li vedo lì, quasi accanto.
«Ehi, ciao Sof» mi saluta Sam con sguardo perplesso. Probabilmente non si è nemmeno accorto che la chiamata si è interrotta.

«Oh, ciao. Non sapevo foste qui fuori» dico con tono innocente, come se tutto quello che stavano facendo non fosse opera mia.

Simone sembra paralizzato, come se fosse stato colto di sorpresa a fare qualcosa di spiacevole.

«Stavamo giusto parlando di te» aggiunge Samuele.

Il viso del suo amico diventa improvvisamente rosso; sembra che gli abbia assestato un calcio sotto il tavolo.

«Oh, davvero?» domando ingenuamente mentre mi siedo al loro tavolo, senza chiedere il loro permesso.

«Sì. Stavamo parlando di quanto ti stai divertendo in questa vacanza.»

«Già, puoi dirlo forte» rispondo sorridendo. «Ieri sera è stato qualcosa di eccezionale» alludo a qualcosa che non è nemmeno successa, solo per rafforzare quanto ha sostenuto finora il mio amico.

Samuele, sostenendomi il gioco, annuisce con vigore, come se sappia esattamente di quello di cui sto parlando.

Ma sul viso di Simone sembra non passare alcuna emozione, bloccato nel suo stato di trance com'è. Sembra estraniato dal mondo e mi chiedo se stia riflettendo su tutto quello che gli è stato esposto, e su quello che gli è stato suggerito di fare: "Allontanati da lei finché sei in tempo."

D'un tratto, dopo pochi secondi dalle nostre ultime battute, scuote la testa e sorride. Rimango in attesa, guardandolo.

«Sofia, vieni con me? Dobbiamo parlare» dice.

Annuisco e mi alzo seguendolo.

«Che c'è?» gli chiedo con un tono di voce piatto.

«Dobbiamo parlare di domani.»

«Domani?»

Alza gli occhi al cielo e sospira. «Non ti ricordi cosa ti ho scritto per messaggio solo ieri sera? Sarei venuto da te oggi, ma mi hai risparmiato questo viaggio venendo anche tu qui.»

«Oh, già. Be', cosa vuoi fare?»

«Vieni con me?» chiede speranzoso.

Vorrei rifilargli una scusa, vorrei dirgli che devo improvvisamente tornare in Italia perché... perché mia nonna sta male; ma come è già successo al ballo, mi ritrovo a rispondergli di sì, senza che la bocca mi dia il tempo di inventare una scusa più credibile.

«Bene» sorride. «Io non capisco perché a volte cerchi di fare così la difficile.»

«Che intendi?» chiedo pur immaginando già la risposta.

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