Capitolo 20

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Rimango sorpresa dalla sua risposta e non so come reagire. Di solito rispondo sempre con un'espressione disgustata, indifferente e strafottente, ma adesso non so cosa mi prende, e rimango in silenzio.

Simone mi guarda, sicuramente sta aspettando una mia risposta, ma questa credo che non arriverà mai.

Non so cosa pensare e non so cosa pensa lui.

«Qual è invece la seconda?» chiedo di punto in bianco, sentendomi in imbarazzo per aver cambiato argomento.

Gli piaccio, è una cosa che provano molti ragazzi nei miei confronti. Non me n'è mai fregato niente del pensiero di quelli e non me ne frega niente del suo pensiero, ma me l'ha detto in un modo così diretto che mi ha spiazzata, lasciandomi senza parole.

Questo è il genere di cosa che qualunque ragazza vorrebbe, ma a me provoca solo un certo fastidio per il fatto che io, quella che ha sempre la risposta pronta a tutto, sono stata stroncata in questo modo.

Un preavviso no? Avevo capito che lui provava qualcosa per me ma non pensavo me l'avesse detto così preso e in questo modo.

«Il surf», risponde lui, dopo essere rimasto qualche secondo in silenzio.

Penso che sia rimasto deluso dalla mia risposta, ma non avevo nient'altro da rispondere.

«Già, vero», improvviso una risata per mascherare la tensione che sento nell'aria intorno a noi. «Prima stavamo parlando di quello che pensano i tuoi sul tuo lavoro... parlami dei tuoi» chiedo per due motivi: uno per cambiare completamente discorso e l'altro perché sono curiosa.

«I miei genitori?» chiede.

«Sì» gli sorrido.

Si siede sulla tavola adagiata sulla sabbia e io faccio lo stesso, lasciandomi asciugare dal sole cocente. Ormai l'argomento amore sembra chiuso e sigillato.

«Cosa vuoi sapere?»

«Come mai vogliono che tu faccia quei lavori? Insomma», preciso, «oltre al fatto che pensano che il surf non sia tanto attendibile.»

«Sono andato all'università di legge, ma l'ho abbandonata per fare questo. Loro pensano che dovrei continuare, invece, ma io non voglio.»

«Oh, capisco. Allora sei molto intelligente.»

«Be'... non saprei.»

«Che lavoro fanno i tuoi?»

«Mio padre è un avvocato, mia madre la proprietaria di un'importante azienda qui a Los Angeles.»

«Oh» rispondo sorpresa. Allora la sua famiglia è ricca...

«I tuoi invece?» mi chiede interrompendo la linea dei miei pensieri.

«Eh?» chiedo.

«I tuoi genitori che lavoro fanno?»

«Insegnanti. Tutti e due. L'unica differenza è che mio padre è una persona normale, mia madre a volte è una psicopatica.»

«Oh,» ride «perché?»

Rido anche io: «Perché a volte si mette ad urlarmi contro senza un motivo apparente.»

«Che cosa insegnano?»

«Mio padre matematica al liceo scientifico, mia madre italiano alla scuola media.»

«Ruoli importanti, insomma» constata lui.

«Be', puoi immaginarti come sia stato per me durante il mio percorso scolastico avere i genitori che insegnato italiano e matematica...»

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