Capitolo 56

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Non mi sono svegliata da molto, quando sento bussare alla porta e, visto che Valentina non si degna di alzarsi e andare ad aprire, ci vado io.

«Alessio?» chiedo perplessa.

Ha delle occhiaie in volto e sembra aver passato mille notti sveglio. Penso di non averlo mai visto in queste condizioni pietose. Quasi una settimana fa, la notte di ferragosto, era la stessa persona di sempre, ma adesso mi sembra improvvisamente invecchiato di sei anni. Ma comunque, tutti questi miei pensieri sembrano scivolare via non appena mi sorride e mi saluta.

«Scendiamo in salotto?»

Accolgo la sua richiesta, nonostante ancora non abbia capito che cosa vuole.

«Non ci vediamo da giorni, e mi sembra quasi impossibile visto che viviamo a due passi. Letteralmente.»

Nel suo andamento noto qualcosa di diverso: il passo è più lento e incerto, le sue mani si torturano tra di loro. Lo guardo con un sopracciglio alzato per tutto il tragitto verso la cucina, dove preparo per tutti e due una tazza di tè. 

Dopo che metto sopra il bollitore e rimango a fissarlo, mi domanda: «Che c'è?»

«Va tutto bene, Alex?» chiedo un po' preoccupata.

Lui sembra sobbalzare per un istante, ma forse è stata solo la mia immaginazione. 

«Sì. Per quale motivo lo chiedi?» risponde facendo il finto tonto.

«Ale, come tu mi hai detto qualche settimana fa, anche io riesco a capire quando qualcosa non va. L'hai detto tu stesso che ci conosciamo da quando eravamo due bambini, e di sicuro certi dettagli non possono sfuggirmi. Sembri veramente distrutto. Non dirmi che c'entra la ragazzina

«Cosa? Intendi Marta? Oh, no, no. Non ho nulla, sul serio Sof.»

Adesso il suo volto sembra rilassarsi, il suo sorriso mi appare lievemente più sincero.
Gli porgo la tazza di tè, che beve sorseggiando lentamente, mentre nessuno dei due proferisce parola. Mi metto a lavare la teiera, nonostante potrei lasciarla sul piano cottura, immobile, ma sento il bisogno di tenermi occupata. Una strana ansia mi assale all'improvviso, ma cerco di reprimerla e non pensarci.

Quando Alessio finisce di bere la sua tazza, metto essa nella lavastoviglie, e poi ci dirigiamo insieme nel salotto. Questo silenzio mi opprime, e quell'ansia ritorna a farsi sentire.

Successivamente, dal viso di Alessio scompare quella momentanea calma che lo aveva posseduto, comparendo al suo posto la stessa espressione indecifrabile di quando l'ho visto alla porta della mia camera.

«Adesso fate coppia fissa, voi due?» mi chiede mentre si appoggia alla parete, io gli rimango in piedi di fronte.

«Di che parli?» chiedo.

«Di te e l'istruttore» risponde con nonchalance.

Con la coda dell'occhio vedo entrare nella stanza Valentina e Marta. Che diavolo ci fanno insieme? Mi appunto mentalmente di chiederglielo dopo, prima che Simone mi venga a prendere.

Mi ha mandato un messaggio che mi ha svegliata, domandandomi se mi andava di andare in spiaggia con lui. Niente di complicato, ha scritto, solo sotto casa tua.

«Di che parli?» chiedo nuovamente, come se non avessi sentito la sua risposta, o questa non mi fosse sufficiente.

Si sposta sul divano.

«Uscite insieme da una settimana intera. Ogni volta che venivo a cercarti mi dicevano che eri in giro con quel Simone, ogni giorno in un posto diverso.»

«E allora?» chiedo non capendo dove vuole arrivare.

«State insieme? Insomma... lui è il tuo ragazzo?»

Alzo entrambe le sopracciglia per l'incredulità. Mi ha davvero chiesto una cosa del genere? Ma si ricorda con chi sta parlando?

«Che c'è, Malfoy? Sei per caso geloso?» rispondo tuttavia, stuzzicandolo.


Lui sembra per un attimo confuso, o sorpreso, non saprei dire.

«Cosa? No! No.»

«Non so, Alex. A me sembra proprio così» ridacchio sedendomi accanto a lui.

«Non mi hai comunque risposto.»

D'un tratto la nostra conversazione viene interrotta dallo squillo del mio telefono, posto sul tavolino davanti a noi.
Leggo sullo schermo il nome di Simone. Che tempismo.
Rispondo alla chiamata sotto lo sguardo attento di Alessio e sotto le sue orecchie tese, pronte ad ascoltare ogni singola parola.

«Ehi, ciao.»

«Ciao, Sof. Ti ho chiamato per dirti che tra mezz'ora sono lì.»

«Non potevi semplicemente mandarmi un messaggio? Stavo facendo un'interessante conversazione con Alessio» rispondo ridacchiando e guardando il mio amico, che mi guarda impassibile.

«Dovevo assicurarmi che l'avresti sicuramente saputo. Non vorrei arrivare lì e trovarti ancora in pigiama.»

«Che cosa?» ribatto offesa. «Io non ti ho mai fatto aspettare!» continuo, non riuscendo a nascondere la mia espressione divertita.

«Mmm, non ne sono sicuro. Ma è sempre meglio prevenire che curare, no?» risponde divertito anche lui.

«Vai a quel paese.»

«Non posso, purtroppo sto venendo da te.»

«Ciao, Simone.»

«Tra mezz'ora sono lì, ricorda!» è l'ultima cosa che sento prima di riattaccare.

«Stavamo dicendo?» chiedo rivolgendomi al mio amico, il quale mi indica il telefono in risposta.
«Oh, già. No, non stiamo insieme, Alessio» rispondo. «Perché insisti così tanto per saperlo? Sei geloso?» gli chiedo di nuovo.

Nei suoi occhi posso scorgere una scintilla, ma un attimo dopo la sua espressione si contrae e diventa quasi paonazzo, mentre mi urla: «Non lo sono!»

Rimango allibita, con la bocca aperta.

«Ma che problemi hai?» rispondo a tono. «Ti ho fatto semplicemente una domanda, non c'è bisogno che urli!»

«Oh perché tu cosa stai facendo?» chiede continuando ad urlare.

A questo punto la mia rabbia è tale che mi alzo dal divano pur di non stare ferma un secondo di più. «Stai cercando di rivoltare la frittata, Alessio? Perché te la prendi così tanto?»

«Sei così insistente, santo Cielo! Ti ho già detto di no, perché devi rompermi le palle?»

Assottiglio gli occhi. «E allora perché tu vuoi sapere a tutti i costi se io sto insieme a quell'uomo, anche se la risposta mi sembra scontata?!»

Lui non risponde, perciò continuo: «Ti presenti alla mia porta con un aspetto di merda, fai tutto il misterioso dicendomi che non hai niente quando è evidente che non è così, e poi pretendi di sapere cose sulla mia vita privata! E se fosse così?» chiedo avvicinandomi e puntandogli un dito contro. «Se stessimo insieme - cosa molto improbabile - tu che faresti?» Non risponde, continua a guardarmi arrabbiato. «Niente? E allora perché diamine ti ostini a voler sapere ogni singolo dettaglio? Siamo amici, Alex, lo siamo sempre stati. Ci siamo sempre detti tutto. Ma perché io dovrei dirti le mie cose quando tu non mi dici le tue? Vorrei sapere che cosa ti prende visto che ultimamente sei così strano, e tu non mi rispondi mai! Io davvero non ti capisco, Alessio.»

«Tu non mi hai mai capito!»

«Che cosa?» urlo ancora più forte. «Io non ti ho mai...? Ti sono sempre stata vicina e ti ho sempre aiutata in tutti i tuoi momenti più duri, ti ho sempre dato dei consigli che ti sono effettivamente serviti. E dimmi, questo sarebbe stato possibile se io non ti avessi mai capito? Ma che frottole racconti?»

«Comunque sia...» risponde consapevole di aver detto un'assoluta fesseria. «Non puoi capirmi adesso!»

«Ma se tu me lo dicessi io potrei almeno tentare!» urlo allargando le braccia, come se avessi detto qualcosa di ovvio.

A questo punto lui si alza dal divano, e si para di fronte a me, il mio viso a pochi centimetri dal suo.

«Vuoi sapere che c'è, Sofia?» chiede abbassando la voce, con tono quasi minaccioso. «Vuoi sapere perché mi interesso alla tua cosiddetta vita privata? Vuoi sapere perché cazzo ho questo aspetto di merda?» termina ritornando ad urlare.

«Sì, diavolo! Lo voglio sapere perché io non riesco più a sopport...»

«È perché ti amo!» mi interrompe.

Il silenzio cala nella stanza, lo sguardo sorpreso di tutti i presenti, compreso noi diretti interessati. Per alcuni interminabili secondi tutto in questa casa tace.
Fin quando le mie risate squarciano l'aria.

Comincio a ridere, forte, come se avessero appena detto la battuta più divertente del mondo.
Rido per minuti, mi butto sul divano mentre mi porto una mano alla pancia e l'altra al cuore, come se entrambi potessero scoppiare da un momento all'altro. Ogni volta che le mie risate scemano, guardo in faccia Alessio - sul suo dipinti la rabbia, la delusione, la confusione e la tristezza tutte insieme - e ricomincio a ridere.

«Bella uscita, Malfoy» dico quando riesco a calmarmi. Mi alzo e gli metto un braccio sulle spalle mentre lo conduco davanti le scale, per nessuna ragione in particolare. «Ci stavo quasi per credere» mi asciugo una lacrima. «Non penso di aver riso tanto in vita mia.» Sospiro, poi inspiro aria nuova, cercando di riempire di ossigeno i miei polmoni. «Sei bravo, cavolo. Hai fatto qualche corso di recitazione, per caso? Forse sei rimasto sveglio tutta la notte per imparare a memoria ogni battuta di questa conversazione» sorrido guardandolo fissare un punto indefinito davanti a se, con la bocca leggermente schiusa. «Diamine, ci sono cascata!»

Ma, come risvegliatosi da uno stato di trance, si blocca sui suoi passi, inchiodandosi nel bel mezzo del salotto, mentre Vale e Marta ci guardando ancora sbalordite.

«Non stavo scherzando, Sof» dice.

«Sì, come no. La recita è finita, Alessio.»

«Sono serio.»

Il mio viso si pietrifica e immediatamente capisco perché quell'ansia poco fa mi attanagliava le budella.

«Non sai quante altre volte te l'ho detto» continua nel silenzio del mio viso, riacquistando il suo tono di voce normale, mentre mi parla con pacatezza, come se stesse maneggiando un vaso fragile che potesse spezzarsi da un momento all'altro. «Mentre eri ubriaca, ovvio. Sono stato così codardo da non aver avuto prima il coraggio di dirtelo in faccia. Ad ogni festa aspettavo che tu fossi ubriaca abbastanza da non ricordarti nulla il giorno dopo per poterti parlare. Lo so che è una cosa orribile, che è qualcosa che farebbe solo un completo cagasotto. Ma mi dicevo che così avrei saputo affrontare il tuo viso mentre te l'avrei detto una volta lucida. Eppure ogni volta mi sentivo sempre peggio, dentro di me si accresceva la consapevolezza che non sarei mai riuscito a dirtelo veramente, e questo mi distruggeva. Ogni volta che ti risvegliavi speravo con tutto me stesso che avresti ricordato le mie parole, che mi avresti sorriso. Ma quando constatavo che non era così, mi sentivo sollevato. Avevo paura.»

All'improvviso nella mia mente appare il ricordo sfocato di poche settimane fa, quel ricordo sul quale ho concentrato i pensieri mentre camminavo alla ricerca di quello che era successo la sera precedente. La sera in cui c'era una festa qui, in questa casa. La sera in cui mi sono ubriacata da aver cancellato parte della serata. La stessa notte in cui c'è stata quella ridicola sfilata di cui ancora detengo il video osceno, la notte in cui sono andata a letto con Giulio. È stata la stessa notte in cui qualcuno mi diceva ti amo. Mi sono chiesta chi fosse, il giorno dopo, ad avermi detto quelle parole. Ma poi, come i ricordi mai più recuperati, ho cancellato pure quelle parole.
E adesso quel piccolo tassello del puzzle va al suo posto, quell'irrisolvibile quesito mentale è stato risolto.

È stato Alessio, mi ripeto nella mia testa.

È stato quel bambino carino delle elementari, il mio primo amico. È stato quello che volevo e che mi è stato portato via da una bambinella antipatica. È stato il ragazzo che mi è stato accanto durante tantissimi anni, che solo da poco ho ritrovato.

Siamo sicuri che sia proprio lui, e non un altro Alessio?
È come se un macigno mi sia caduto dritto in testa.

«E si, sono geloso di...»

«Basta» lo interrompo. Non voglio più sentire un'altra stupida parola.

«Che c'è?»

Non riesco a guardarlo negli occhi, non ci riesco più.

«Non mi interessa.»

Anche Samuele entra nella stanza.

«Cosa?» chiede con un filo di voce.

«Non mi interessa quello che dici.»


Alzo lo sguardo e lo punto nel suo, per quanto questo mi risulta faticoso.

«Non sono più quella bambina delle elementari, Alessio. Sono cambiata a dismisura e tu questo lo sai, perché mi sei stato accanto in questa vacanza e sai perfettamente come sono e cosa penso» dico mentre lui mi ascolta attentamente, come tutti gli altri in questa stanza. Vorrei avessimo più privacy ma non mi dispiace mettere in testa a tutti, una volta per tutte, come la penso.

«Cosa pensi che mi provochi questa tua dichiarazione? Davvero pensavi che avrebbe cambiato qualcosa in me?»

Posso notare i suoi occhi velarsi di lacrime. Alessio che piange, non riesco nemmeno ad immaginarmelo.

«Alessio, lo sai benissimo che a me non interessano le relazioni amorose. Non mi interessano cuori e fiori, non mi interessa avere qualcuno da poter chiamare amore mio. Mi da disgusto solo a pensarci» ammetto. «Sei il mio migliore amico, per la miseria, il solo pensiero di dovermi mettere con te mi provoca brividi di terrore. Non perché tu sia brutto o antipatico. Anzi, il contrario. Siamo stati scopamici per un po', non pensavo che tu ti innamorassi di me. Perché lo hai fatto?» chiedo quasi indignata. «Ma io non amo, mi dispiace. Non riesco a provare nulla per te come per nessun altro. È così.»

Le mie parole suonano dure come il cemento, ma non ho altra via che quella diretta. Ma lui le sa già queste cose, tutti le sanno. Perché ha creduto anche solo per un momento che in realtà le cose non fossero così?

Vedo una lacrima scorrergli lungo la guancia, ma non provo niente. Non ho l'istinto di abbracciarlo e consolarlo, non sento il bisogno di dirgli qualcosa che possa rassicurarlo.
Solo, rimango a guardarlo. 

Poi il suo viso si fa di nuovo paonazzo, e riprende ad urlarmi addosso.

«Perché è così, Sofia? Perché diamine deve essere per forza così e non in un altro modo?» grida con il dolore nella voce.

«È così e basta» rispondo semplicemente, mantenendo il mio tono calmo.

«Perché ti ostini tanto a non amare nessuno? Perché devi essere così fredda e menefreghista? Non te ne frega proprio niente della brutalità del tuo comportamento! Non te ne frega niente di cosa questo può provocare agli altri! Perché ti comporti così, Sofia? Non me lo hai mai spiegato questo, non lo hai mai spiegato a nessuno! E io vorrei tanto saperlo: perché non ti fai amare da nessuno?»

L'unica cosa che sento in seguito è solo il rumore della porta che sbatte e del leggero tremare delle pareti.  


Spazio autrice
Colpo di scena! Ve lo aspettavate? Io me lo sarei aspettata.
Chissà che piega prenderanno gli eventi, adesso...
-K.

A summer to liveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora