Capitolo 38

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Mi sveglio con un leggero mal di testa. Uno di quei mal di testa martellanti, se dessimo ascolto alle parole di un pivello che prende la prima sbornia. Per me questo è soltanto un innocuo effetto collaterale dello bere. Ormai è diventato simile ad un rumore persistente, o come un odore acre presente nella stanza in cui ti trovi: dopo un po' non ci fai più caso, o più semplicemente ti ci abitui non percependolo più come la prima volta.

La luce del sole, come al solito, riesce a filtrare ogni fibra delle tende, donando alla stanza una quantità di luce sufficiente per riuscire a distinguere perfettamente ogni cosa.

Un raggio sfugge alla barriera di tende e mi cade dritto in faccia, costringendomi a portare una mano davanti gli occhi. Mano a mano che i miei occhi si aprono, riesco a mettere a fuoco sempre più cose nel mio campo visivo. Campo visivo che comprende anche la struggente vista della mia migliore amica, dormiente in posizione fetale, con il lenzuolo appallottolato ai piedi, mentre si stringe nelle sue stesse braccia. Questo ultimo particolare mi ricorda qualcosa, come se avessi visto farlo già una volta.

E poi tutti i ricordi mi balenano nella mente come un'onda che si infrange di nuovo su uno scoglio, il quale era però già stato asciugato dal sole. Un infinito e orribile moto di senso di colpa si scontra dritto con il mio cuore, facendomi provare una strana fitta che non avevo mai sentito. Sia la sensazione, sia il motivo mi sono, però, sconosciuti.

Decido di non rimanere a rimuginarci sopra ancora, quindi mi alzo dal letto, indirizzata indubbiamente verso la doccia. Mi privo di ogni indumento indugiante sul mio corpo, e mi butto sotto il gelido getto della doccia, il quale mi rinfresca e mi distoglie dai pensieri sulla situazione per un po'.

Dopo essermi pulita a fondo, quasi cercassi di pulire via pure queste strane fitte al petto che mi pervadono ogni tanto, ritorno in camera a vestirmi di un semplice pantaloncino e di una semplice maglietta a maniche corte.

Percorro ogni gradino della scala con decisione, seppur un lieve conato di vomito mi fa traballare un po'. Arrivo in cucina, metto in moto la macchina per il caffè ed estraggo la scatola di pillole a me tanto familiare. Oserei dire persino amica visto che mi ha aiutato nei miei momenti più difficili.

Poi, come se il mio corpo avesse preso il controllo sulla mia mente, mi ritrovo a preparare dei pancake e un succo di frutta all'arancia. Non appena ho adagiato il tutto su un vassoio, con contorno di pillole, salgo attentamente i grandini che poco fa scendevo senza la minima idea di quello che stavo andando a fare.

Entro in camera, facendo attenzione a non fare nessun rumore che la possa svegliare, ma appena mi avvicino al suo lato del letto mi accorgo che è sveglia, con gli occhi fissi in un punto invisibile, la bocca schiusa dalla quale escono piccoli e irregolari sospiri, come se stesse cercando con tutte le sue forze di non piangere. E poi le sue lacrime calde e bagnate mischiate al percorso delle altre mille che le hanno lasciato il segno sul volto una volta asciugatesi. Un'altra fitta.

«Buon giorno, Valentina» cerco di dire con un tono allegro, totalmente inopportuno. Notando che lei non accenna a fare nessun movimento, nemmeno un lieve sbattere delle palpebre, aggiungo: «Ti ho portato la colazione a letto.» Ma niente, sembra non essersi nemmeno accorta della mia presenza. «Con tanto di pillole per il mal di testa», provo a sorridere.

Come destatasi da un momento di trance, a quell'ultima frase i suoi occhi guizzano nei miei, alla frenetica ricerca di quelle pillole.

Si tira su a sedere, poggiando la schiena alla testiera del letto, mentre con le mani si regge la testa. Anche Valentina si è presa diverse sbornie colossali, ma non tante quanto me da potersi abituare ai mal di testa del giorno dopo. E poi, ne sono sicura, la testa le starà andando in fumo anche per i pensieri su cui ha rimarginato per tutta la notte, perché delle occhiaie del genere e degli occhi rossi e gonfi come quelli che si ritrova, sono sempre dovuti a notti insonni e pianti interminabili. So come ci si può sentire, una volta ne sapevo qualcosa anche io.

A summer to liveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora