Capitolo 4

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Apro lentamente gli occhi. Troppa luce. Li strofino e poi li riapro. I miei occhi cominciano ad abituarsi alla forte e bianca luce del mattino.

Sbadiglio e mi muovo nel letto; mi giro e vedo la tonda forma del sole che mi acceca. Avrò dimenticato di richiudere le tende, ieri.

Si sente il rumore degli uccellini che cantano felici mentre svolazzando da un albero ad un altro. Ma si sente anche il respiro regolare di un ragazzo che dorme accanto a me.

Cosa ci faccio nel letto insieme a uno sconosciuto?

Sposto bruscamente le coperte da sopra il mio corpo e mi alzo velocemente. Una fitta di dolore mi attraversa la testa e i miei occhi vedono tutto bianco.

«Cavolo» sussurro riprendendomi, e mi accorgo che ho un alito da far morire stecchiti due maiali.

Mi alzo e vedo un paio di preservativi usati gettati a terra. Faccio una smorfia di disgusto, li afferro con la punta delle dita e li getto nel cestino dell'immondizia all'angolo, solo perché mi fa proprio senso vederli così.

Raccolgo i miei vestiti da terra e me li infilo velocemente cercando di non far rumore e cercando di svignarmela in fretta.

Finisco di rivestirmi e poi, guardandomi intorno, mi accorgo di una cosa: sono in camera mia. Non sono io che me ne devo andare, è lui.

«Oddio!» impreco tra me e me, sottovoce, portandomi le mani sulla fronte e colpendomela più volte.

Come cavolo ho fatto a non rendermi conto che sono nella mia camera? Forse è stato l'alcool di ieri, forse è stato il fatto che sto ancora dormendo.

Sposto lo sguardo sul mio corpo e sbuffo sonoramente: mi sono vestita inutilmente!

Mentre mi rilasso al pensiero che non devo camminare - o prendere taxi - per tornarmene dove sono venuta, vado in bagno mentre cerco di domare i miei capelli che non vogliono saperne di stare al loro posto.

Sbadiglio. Mi guardo allo specchio e faccio una smorfia di disgusto: ho il trucco sbavato intorno agli occhi tanto da sembrare un'attrice per un film horror.

Prendo l'intimo pulito, un paio di pantaloncini sportivi e una maglietta che arriva a metà pancia – mi piace vestirmi comoda a casa.

Come un macchinario già predisposto, ritorno in bagno e chiudo la porta a chiave, per evitare che quel coso, là dentro, si svegli ed entri quando meno me lo aspetti.

Mi tolgo i vestiti di ieri - o quello che me ne rimane addosso - ed entro finalmente in doccia.

All'improvviso mi rendo conto che mi è sfuggito un dettaglio riguardo alla camera: chi è il tizio nel mio letto?, e: dov'è Valentina? Dove ha dormito?

Mi appunto mentalmente di inviarle un messaggio quando finirò di vestirmi.

Quando apro la porta, trovo lo sconosciuto intento a rimettersi i suoi boxer. Si gira verso di me e mi guarda imbarazzato mentre li alza definitivamente. Ed è in questo momento che lo riconosco: è Mark! Alla fine, allora, il mio uomo non era del tutto scappato. Lo guardo con malizia, ma poi mi allontano per concedergli la sua privacy.

La luce del sole mi acceca e solo ora mi domando che ore possano essere. Chiudo le tende per non far diventare la camera nell'inferno di Dante, e me e la mia compagna di stanza - ancora scomparsa - nei dannati nel cerchio dei lussuriosi, e cerco con lo sguardo il mio cellulare. Non lo trovo. Dov'è andato a finire?

«Posso andare in bagno?» mi chiede Mark.

Con un gesto gli indico la porta, poi gli urlo: «Io sono di sotto!»

A summer to liveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora