Capitolo 6.

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Janson se ne andò quasi subito, lasciandomi sola nell'enorme stanza. Nei primi istanti tentai di non pensare a niente, lasciando la mia mente vuota e leggera dai problemi e le preoccupazioni, ma dopo qualche minuto i miei sforzi vennero meno e i pensieri iniziarono a defluire velocemente nella mia testa. Senza neanche accorgermene, il fatto di essere sola in una stanza enorme stava influenzando parecchio il mio autocontrollo e in pochi attimi mi ritrovai a dare i primi segni di nervosismo e agitazione: le unghie delle mie dita stavano tamburellando freneticamente sulla superficie di metallo del tavolino, producendo un rumore alquanto inquietante, come quello delle lancette di un orologio. Se non altro rimediai subito, iniziando non solo a mangiucchiarmi il sottile strato bianco delle unghie al di fuori della pelle, ma iniziando anche a sradicare le pellicine. 

Dopodiché iniziarono le domande che mi portarono a fare le solite paranoie mentali. Iniziai lentamente a ipotizzare cosa stessero facendo, o meglio, che esperimento stessero ancora svolgendo gli altri Radurai. E ovviamente la mia fantasia non perse l'occasione di farmi impazzire di preoccupazione, inventandosi le peggiori torture psicologiche e fisiche che potessero mai esistere. Dopo alcuni istanti iniziai anche a pensare a dei probabili test della W.I.C.K.E.D. che lentamente iniziarono a sfuggirmi di mano, diventando veri e propri incubi fuori dall'immaginazione umana.
L'ansia stava ormai salendo alle stelle quando finalmente sentii la porta aprirsi. Sobbalzai sulla sedia su cui mi ero appollaiata, sperando di non essermi immaginata anche quel rumore tanto atteso.

Mi girai di scatto e quando vidi una chioma bionda spuntare da dietro la porta mi sentii talmente leggera e formicolante che avrei potuto squagliarmi sulla sedia da un momento all'altro. 
Senza attendere oltre scattai in piedi e corsi incontro alla figura che nel frattempo era intenta a richiudere la porta dietro di sé. Quando la raggiunsi le diedi solo il tempo di girarsi verso di me parzialmente, per poi sorprenderla e saltarle al collo. 
"Anche a me fa piacere rivederti, Eli." mi sussurrò lui all'orecchio, la voce ammorbidita sicuramente da un sorriso che però non potevo vedere. 

Sentii il suo corpo farsi man man meno rigido, segno che la sorpresa di quell'abbraccio improvviso si stava trasformando dall'essere un gesto inaspettato a uno desiderato. Strinsi ancora più forte la presa e iniziai a dargli piccoli baci sul collo, godendomi poi la sua risata spontanea. Mi allontanò e mi guardò ridendo, premurandosi di non farmi allontanare troppo tenendo le mani ben salde sui miei fianchi.
"Lo sai che mi fanno solletico i baci sul collo!" mi spiegò con il sorriso sulle labbra e negli occhi un luccichio di sollievo.

"Baciami e stai zitto, pive." risi per poi far combaciare i nostri due sorrisi. Mi staccai da lui per poi fissarlo negli occhi e adagiarmi sul suo petto lentamente. Circondai il suo busto con le braccia, decisa a non lasciarlo andare finché non ne avessi avuto abbastanza. Rimanemmo in quella posizione per diversi minuti, l'uno attaccato all'altra, completando i nostri corpi come se fossimo dei puzzle che combaciano alla perfezione. Sembrava quasi che fossimo stati creati per completarci a vicenda, ed era infatti la cosa che ci riusciva meglio, anche se ultimamente le diverse vicende ci avevano fatti separare. 
Il cigolio della porta ci fece sobbalzare entrambi e ci staccammo di poco, giusto il necessario per vedere la testa di caspio che era appena entrata in scena a rovinare quel momento. 

Nella stanza entrò Sonya, che non appena ci vide vicini e avvinghiati l'uno all'altra, si fece rossa in viso e balbettò alcune parole che sembrarono essere delle scuse.
"Fa niente." mi limitai a dire, tentando di nascondere il fastidio. Presi Newt per la mano e lo trascinai fino a raggiungere lo stesso tavolo in cui mi ero appartata precedentemente. Ci sedemmo vicini, mentre Sonya si mise a debita distanza da noi, per evitare di rovinare altri attimi come quello appena avuto.
"Allora... Anche tu mi hai visto morire?" chiese lui, di punto in bianco.

Spalancai gli occhi. Quindi era in questo che consisteva il suo test? Uccidermi e vedermi morire?
"Cosa? No... Io sono stata obbligata a uccidere Zart." spiegai sbigottita dalla sua notizia e inorridita all'idea di quello che sarebbe potuto succedere se il suo esperimento fosse toccato a me. "Cioè... Non era Zart, ma solo un robot con le sue sembianze. Io ovviamente non lo sapevo." mi corressi.
"Be' vedo che si divertono a farci rincaspiare per bene." disse lui con un debole sorriso sulle labbra. Solo in quel momento notai che avesse gli occhi lucidi e gonfi. Doveva aver pianto tanto e di certo potevo capirlo: io al suo posto avrei fatto di peggio. 

The Maze Runner - RunDove le storie prendono vita. Scoprilo ora