Capitolo 62.

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"Mi fa piacere vedere che stai bene." disse poi Gally rivolgendosi a me con un sorriso sincero, che mi spaesò del tutto. Prima si comportava da testa di caspio e poi faceva il premuroso?
"Be' non si direbbe dal modo in cui ti sei comportato." replicai acida, incrociando le braccia al petto e traballando su me stessa per colpa dell'ennesimo vuoto d'aria.
"Stai parlando di prima?" domandò il ragazzo, con uno sguardo divertito. Avrei pensato che avrebbe reagito in tutti i modi, magari provando rabbia o sconforto, ma mai divertimento. "Oh, andiamo... Pensavo che mi conoscessi meglio."

"Brutto testa di caspio che non sei altro." iniziai cercando di fingermi arrabbiata, ma senza riuscire a nascondere un sorriso. Conoscevo Gally meglio di chiunque altro ed era proprio quello il motivo che mi aveva spinta a non dubitare subito di lui. Era stato il mio migliore amico nella Radura e a volte mi sembrava di essere legata a lui da tutta una vita, eppure ancora non riuscivo a capire cosa lo avesse spinto a fingere. "Sei un caspio di bipolare, lo sai? Prima fai lo schivo e ora ti comporti come se nulla fosse mai successo."
"Già odio i vostri litigi. Facevate sempre così nella Radura? No, perché se la risposta è sì allora sono contento di essermene andato prima che ciò accadesse." intervenne Stephen, urtando la mia pazienza.

Mi voltai di scatto verso il ragazzo, lanciandogli un'occhiataccia e alzando un sopracciglio come a sfidarlo a parlare di nuovo. Quella era una conversazione tra me e Gally e, per quanto fossi felice di aver avuto ragione a non dubitare di lui, avrei voluto scoprire al più presto la causa del suo comportamento schivo. Non mi andava giù essere interrotta.
"Stai zitto." ordinammo sia io che Gally allo stesso momento, senza nemmeno volerlo.
Stephen ci guardò confuso e sentii Gally ridacchiare per quella coincidenza. Mi voltai nuovamente verso il ragazzo, lanciandogli un'occhiata di rimprovero.

"Era tutta una recita." mi rassicurò Gally, tornando serio. "Vince non vuole che..."
"Chi è Vince?" si intromise nuovamente Stephen.
"Stattene zitto!" gridammo io e Gally, nuovamente insieme.
"Dicevo: Vince crede che voi possiate essere una distrazione per me." borbottò Gally e proprio quando fu sul punto di dire un'altra frase si bloccò, mordendosi il labbro e arrossendo imbarazzato. Dopo un attimo di pausa, forse leggendo il mio sguardo esigente, capì di dover continuare la frase. "Soprattutto tu." mormorò indicandomi con un cenno del mento. "Pensa che tu mi possa distogliere dai miei compiti."

"Cosa diamine centro io in tutto questo?" domandai confusa. "Come fa Vince a conoscermi?"
"Non ti conosce." replicò svelto Gally. "Thomas quando è arrivato al quartier generale ha parlato di tutti voi e quando Vince ha sentito il tuo nome ha capito chi eri."
Mi morsi il labbro, costretta a scegliere tra le due domande che più mi premevano nella mente.
Come sta Thomas?
Quindi hai parlato a Vince di me?
"Quindi alla fine sono arrivati entrambi. Come sta Thomas?" domandai, facendo un sospiro e abbandonando le mie curiosità per avere delle risposte a domande più importanti.
"Quell'idiota se la saprà cavare." mormorò Gally abbozzando un sorriso, segno che tutto l'odio tra i due ragazzi era cessato nettamente.

La sua reazione così spensierata mi sorprese, riempendomi anche di sollievo. Questo però, durò ben poco, perché presto elaborai le sue parole e sgranai gli occhi. "Cosa intendi dire con 'se la saprà cavare'?"
Gally impallidì all'istante, come se si fosse appena accorto di aver detto la cosa sbagliata. Il suo volto si fece scuro all'improvviso e il ragazzo tornò serio come prima, acquistando nuovamente rigidità. "Fareste meglio ad aggrapparvi a qualcosa. Stiamo per atterrare." ordinò prima di aggrovigliare il pezzo di stoffa bianco a una specie di tubo sul soffitto dell'elicottero ed utilizzare quello come appiglio.








L'elicottero era atterrato velocemente e dopo averci lasciato davanti a un garage, si rialzò in volo, tornando nella direzione da cui eravamo arrivati. Rimasi in silenzio mentre Gally ci conduceva dentro il garage, poi su per due rampe discale di metallo usurate, attraverso una porta di legno malconcia, giù per un corridoio sporco con una sola lampadina e della carta da parati che si staccava dai muri, e finalmente in un grosso spazio che cinquant'anni prima avrebbe potuto essere una bella sala conferenze. Adesso le uniche cose rimaste erano un grande tavolo segnato dalle crepe e delle sedie in plastica disposte a caso nella stanza.
In fondo al tavolo era seduta una sola persona: un uomo enorme, più grasso che muscoli, il girovita a malapena contenuto dai braccioli della sedia di plastica bianca su cui era seduto. "Questo è il quartier generale del Braccio Destro?" chiese Stephen deluso. "Mi sento un po' scoraggiato."

The Maze Runner - RunDove le storie prendono vita. Scoprilo ora