Capitolo 68.

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Dopo essere arrivata a fatica all'uscita nord dell'Hangar, aprii cautamente la porta e sbirciai nel corridoio per assicurarmi che non ci fosse nessuno. Dopo essere rimasta qualche secondo in attesa di udire suoni di voci o passi e dopo aver constatato che il corridoio fosse vuoto, uscii dalla porta e cercai di muovermi quanto più velocemente possibile, senza però fare troppo rumore. Ogni passo era una fitta di dolore, perciò mi era impossibile non zoppicare.
Per la prima volta potevo constatare cosa provasse Newt ogni volta che camminava e al suo pensiero il mio petto non faceva altro che comprimersi, come se un macigno mi fosse caduto addosso. Chissà se il biondino se la stava passando meglio di me.

Individuai ben presto la porta del primo laboratorio che si trovava a soli sei metri da me, così continuai a camminare e nel frattempo cavai una freccia dalla faretra e la posizionai sull'arco. Nonostante il corridoio fosse vuoto non avevo intenzione di abbassare la guardia, tenendomi sempre pronta a combattere.

Una volta arrivata alla porta del primo laboratorio attesi per qualche secondo davanti a essa, prendendo dei profondi respiri per riuscire a ritrovare la concentrazione necessaria a combattere. Accantonai il dolore per quanto possibile e cercai di concentrarmi sul piano che mi era stato affidato. Iniziai ben presto a pensare come avrei agito e a pianificare le mie mosse: sapevo che non avrei potuto aprire la porta con un calcio dato che non avrei fatto altro che aumentare il dolore alla gamba, ma ero anche consapevole che non potevo usare la maniglia ed entrare tranquillamente come se nulla fosse. Doveva essere un attacco a sorpresa, inaspettato.
Riflettei anche sulla probabile presenza di alcune guardie che – considerando i modi maniacali e perfezionisti della W.I.C.K.E.D. – non potevano mancare quando si trattava di qualcosa di fondamentale come degli Immuni.

Decisi perciò di aprire la porta di scatto con una spallata e subito caricai l'arco verso il primo uomo in camice che mi capitò davanti. Non ebbi nemmeno il tempo scoccare la freccia o di osservare il luogo in cui ero piombata che una guardia mi si scagliò addosso, tentando invano di usare il suo lanciagranate. Cercai di non farmi distrarre dall'espressione buffa e stupita che assunse nel momento in cui realizzò che l'arma non funzionava e immediatamente lo spintonai all'indietro per riuscire a guadagnare lo spazio necessario per rilasciare la freccia. Non persi nemmeno tempo a prendere troppo bene la mira, data la sua vicinanza, e subito lasciai la corda dell'arco, colpendolo al petto. L'uomo urlò e cadde a terra dolorante, contorcendosi e perdendo sangue.

Tentando di distogliere lo sguardo da quella sostanza scarlatta, decisi di guardarmi attorno per cercare gli altri scienziati che nel frattempo avevano iniziato ad agitarsi per la stanza cercando di nascondersi, ripararsi o almeno di trovare qualcosa con cui difendersi.
Con mio stupore mi accorsi perfino di un'altra guardia che, inerme, era stata catapultata al suolo da cinque o sei immuni che ora la stavano riempendo di calci e pugni. Solo quando il mio sguardo venne catturato da tutti gli Immuni presenti mi accorsi della grandezza della stanza: c'erano almeno una ventina di lettini da operazione, uguali a quelli che infestavano i miei incubi e i miei ricordi del periodo in cui la W.I.C.K.E.D. mi utilizzava come cavia. 

Decisi di distogliere immediatamente lo sguardo per evitare che la paura di ciò che mi era successo prendesse il sopravvento su di me. Anche quello era un ricordo che purtroppo non si era limitato a esistere nella mia mente, ma aveva invaso anche il mio corpo, facendolo rabbrividire ogni volta alla vista di qualsiasi oggetto che potesse ricollegarsi anche lontanamente a una sala operatoria. Decisa a non perdere altro tempo cavai un'altra freccia dalla faretra, caricandola sull'arco e puntandola poi in direzione di uno scienziato che aveva cercato invano di ripararsi sotto una scrivania in metallo. Non avevo intenzione di ucciderlo finché questo fosse rimasto fermo nella sua posizione senza interferire con il piano.

Nel frattempo mi guardai velocemente attorno alla ricerca dell'ultimo scienziato, ma quando mi accorsi di averlo perso di vista una paura improvvisa mi invase le viscere.
Percepii un movimento alle mie spalle e riuscii a malapena a girarmi per capire che si trattasse dell'ultimo uomo in camice presente nella stanza. Non ebbi nemmeno il tempo di realizzare cosa stava succedendo che mi ritrovai a indietreggiare: l'uomo stava correndo verso di me con in mano un estintore e prima ancora che potessi puntare la freccia contro di lui, lo vidi agitare l'oggetto in aria, pronto a scagliarmelo addosso con tutta la sua forza.

The Maze Runner - RunDove le storie prendono vita. Scoprilo ora