Capitolo 58.

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Io e Violet eravamo rimaste sedute per un tempo indefinito, senza mai parlare, ma rimanendo pur sempre l'una appiccicata all'altra. Dopo averle raccontato di ciò che ci era successo ed essere scoppiata poi in un pianto disperato, la ragazza mi aveva raccontato dei pochi ricordi felici che le erano stati restituiti dalla W.I.C.K.E.D.: mi parlò di sua madre e della bella relazione che le accomunava; mi accennò brevemente del padre, dicendomi che fosse stato colpito dall'Eruzione per primo e che un giorno se ne fosse semplicemente andato di casa senza dire nulla. Non approfondì troppo il discorso dei suoi genitori e la cosa mi fece intuire che non dovesse essere proprio semplice per lei parlarne. 

Mi raccontò delle memorie felici che le erano rimaste e di come tuttavia alcune parti della sua infanzia fossero sfocate, come se il siero le avesse danneggiate. Apprezzai il suo tentativo di rallegrarmi, ma dopo qualche istante eravamo entrambe piombate nuovamente nella tristezza, decidendo così di rimanercene lì sedute in silenzio, ognuna assorta nei propri pensieri. Per quanto mi riguardava, però, la cosa non mi faceva tanto piacere. Rimanere da sola con la mia mente mi aveva sempre spaventata. Ma dopotutto non avevo più nulla da temere, dato che ormai avevo buttato fuori tante di quelle lacrime da sentirmi disidratata e quindi nulla mi avrebbe fatto più piangere.

Mi ero concessa di crollare per una volta e lasciare che tutti i pensieri negativi mi inghiottissero come un'ombra, inondandomi come acqua ghiacciata e togliendomi il respiro. E la cosa più stupefacente era il modo in cui ne ero venuta fuori, più forte e determinata di prima. Mi sentivo come se nulla potesse più scalfirmi ed era una bella sensazione. Tuttavia non sapevo quanto sarebbe durata.
"Forse dovremmo tornare dagli altri, che ne dici?" propose Violet, alzando finalmente lo sguardo su di me.

"Sì, è una buona idea." acconsentii, felice di potermi finalmente muovere un po' e tornare dagli altri.
Senza dire altro ci alzammo e camminammo nella direzione da cui eravamo venuti, trovando con nostro stupore tutto il gruppo riunito in cerchio, intento a parlare. C'era persino Thomas.
"Mi sono persa qualcosa?" domandai lasciando la mano di Violet che tornò dal suo gruppo e facendo un passo avanti.
"Niente di che, Thomas ha appena cominciato a spiegare cosa gli ha detto Teresa." mi aggiornò Stephen, sistemandosi la sorellina sulle spalle.

"Non c'è problema, posso riniziare." acconsentì Thomas, facendosi da parte e permettendomi così di entrare nel cerchio che si era venuto a creare. "Teresa mi ha spiegato bene il motivo per cui se ne sono andati senza di noi. In realtà c'è stato un problema di comunicazione: loro ci hanno cercato, ma non trovandoci hanno pensato che fossimo stati noi ad abbandonarli e ad andarcene senza di loro. La ragione principale per cui Teresa ha deciso di prendere parte ai nostri amici e aiutarli a fuggire è stata che hanno scoperto che la W.I.C.K.E.D. sta progettando di ricominciare tutto da capo se lo riterrà necessario. Che sta radunando gli immuni, proprio come ci ha riferito Gally." il ragazzo si interruppe per qualche secondo, giusto il tempo per osservare tutti con un'occhiata soddisfatta, poi continuò. "Perciò sono con noi e sono disposti ad aiutarci."
"Be' è una buona notizia." mormorò Stephen. "Più siamo meglio è."

"Odio dover smorzare il vostro entusiasmo, muchachos." disse Jorge. "Potete parlare tutto il giorno di queste cavolate, ma non serve a un tubo se non riusciamo ad andarcene da questo bel posticino. A prescindere da chi sta dalla parte di chi."
Proprio in quel momento la porta della stanza si aprì e tre dei nostri sequestratori entrarono con dei grossi sacchi pieni. Ne seguì un quarto, armato di un lanciagranate e di una pistola, che si mise a osservare la stanza per controllare che non si verificassero problemi, mentre gli altri cominciavano a passare quello che c'era nei sacchi: pane e bottiglie d'acqua.

"Mettetevi tutti a sedere per ricevere la vostra porzione di cibo." ordinò l'uomo con il lanciagranate, agitando la sua arma come a minacciarci. Sollevai le sopracciglia, domandandomi effettivamente il motivo per cui avessero corso il rischio di finire aggrediti pur di sfamarci. Dopotutto, nonostante quell'uomo fosse armato, era sempre e solo uno, mentre noi eravamo a decine e di certo lo avremmo assalito con facilità. Forse erano a corto di sicurezza? E se così fosse, forse le persone che avevano catturato – noi compresi – gli servivano con così tanta necessità da rischiare la loro vita pur di non farci morire di fame.

The Maze Runner - RunDove le storie prendono vita. Scoprilo ora