Capitolo 67.

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Io ed Hailie eravamo rimaste chiuse dentro l'armadio per diverso tempo ad ascoltare in silenzio tutto il trambusto proveniente dallo spazio comune e per poco non avevamo urlato entrambe quando le ante del mobile si erano aperte all'improvviso, rivelando la figura accigliata di Stephen. Il ragazzo mi aveva costretta a uscire, continuando a ripetere che non se ne sarebbe andato fino a che non avesse salutato la sorellina. Hailie d'altronde era sempre rimasta silenziosa e calma, come se non fosse preoccupata, ma dato che non riuscivo a vederla in faccia volevo evitare di trarre conclusioni troppo affrettate: magari era troppo spaventata per riuscire a dire anche mezza parola.

Stephen parlò con la bimba per pochi minuti, riempendola di carezze, parole dolci e rassicurazioni. Tentò più volte di fare qualche battuta per farla sorridere, ma con la faccia pallida e preoccupata che aveva addosso non era risultato molto credibile. Alla fine Stephen aveva pronunciato gli ultimi saluti e si era allontanato dalla sorellina. Inizialmente pensai che avrebbe semplicemente varcato la soglia e che sarebbe sparito nel corridoio, ma al contrario il ragazzo si mosse in mia direzione, ponendosi davanti a me. 

Mi guardò profondamente per qualche secondo, probabilmente indeciso sulle parole da dire o sui gesti da compiere, ma alla fine si sciolse in un piccolo sorriso spento, di rammarico. "Mi dispiace per quello che ti ho detto." pronunciò infine. "Non è che non mi fido di lasciarla con te... È solo che sono iperprotettivo e l'idea di perdere una delle poche persone care a me rimaste mi fa impazzire. Soprattutto quando c'è anche in ballo la possibilità di perderne due contemporaneamente." specificò poi, facendomi arrossire.
"Chi l'avrebbe mai detto, eh?" ridacchiai, cercando di smorzare l'atmosfera. "La prima volta che ti ho visto mi sembravi insopportabile."

"Già. E ora non puoi fare a meno di me, pensa un po' come gira il mondo." ribatté, sorridendo sinceramente questa volta. 
"Ehi, ora non ti fare strane idee, bamboccione." 
"Certo che no, pasticcino." mormorò dandomi un buffetto sulla spalla. "Cerca di non farti male con quelle frecce. Sono appuntite in caso non lo sapessi."
"Ah-ah... Simpatico. Ti conviene ridere prima che una mia freccia impiantata nel tuo collo te lo impedisca." risposi a tono, godendomi la sua espressione divertita e fiera.
Il ragazzo si mosse in avanti velocemente e mi abbracciò per pochi secondi, lasciandomi stupita e felice allo stesso tempo, poi sparì dalla stanza.





Dopo che la Berga era atterrata e i passeggeri erano scesi, tutto sembrava essere stato invaso dal silenzio. Potevo perfino percepire il mio cuore battere all'impazzata per timore che qualcuno fosse entrato a controllare.
Probabilmente anche Hailie doveva sentirsi spaventata o forse semplicemente era ancora troppo piccola per comprendere a pieno il rischio che stavamo correndo, ma in ogni caso decisi di allungare dietro la schiena una mano, prendendo dolcemente la sua. Ero sicura che quel contatto avrebbe rassicurato entrambe, o per lo meno avrebbe almeno consolato me.
Passarono diversi minuti, ma non ci fu traccia né dei passi delle guardie della W.I.C.K.E.D., né della voce di Teresa attraverso l'auricolare.

Inutile specificare che la cosa non mi piacesse affatto.
Stare in quell'armadio si era rivelato molto frustrante, non per lo spazio ristretto, ma piuttosto per il fatto che fossimo inondate dal buio soffocante, fatta eccezione per uno spiraglio sottile di luce che almeno mi permetteva di vedere una piccola parte del letto mezzo rotto.
Poi all'improvviso, quando fui tentata di spostarmi leggermente per cambiare posizione dentro l'armadio, sentii delle voci in lontananza. Spalancai gli occhi e mi pietrificai sul posto. Erano scesi tutti, quindi non poteva di certo essere una voce amica.

"Io a destra e tu a sinistra, controlla ogni spazio. Se qualcosa si muove, spara." urlò una voce, accompagnata da dei passi fitti.
"Ricevuto." borbottò un'altra, con un tono piuttosto annoiato.
Sentii Hailie agitarsi dietro di me, causando in me ancora più agitazione del dovuto. "Shh..." sussurrai a voce talmente tanto bassa che a stento mi sentii. Accarezzai il braccio della bambina e questa sembrò calmarsi, ma solo in parte.
Poi, stando bene attenta a non fare nessun rumore, allungai a fatica il braccio su una delle frecce e, afferrandola con decisione, mi divincolai silenziosamente in ogni direzione, cercando di non andare a sbattere da nessuna parte. Sudando e tremando per la paura di essere scoperta, alla fine riuscii a portare davanti una freccia, che subito incoccai nell'arco.

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