Capitolo 49.

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È incredibile il modo in cui la tua vita possa cambiare in meno di un secondo: prima sei ansiosa di quello che ti attende e piena di speranza, mentre un attimo dopo ti ritrovi in ginocchio a terra, incapace di fronteggiare a testa alta ciò che ti sta distruggendo.
E nel mio caso era molto peggio di così.
Era come se qualcuno mi avesse strappato via tutto di colpo, lasciando un vuoto incolmabile dentro di me, che ora si stava trasformando in una vera e propria voragine che mi stava risucchiando lentamente ogni sentimento, eccetto la tristezza.

Non mi ero mai sentita così tanto distrutta, forse solo quando avevo scoperto che Newt non era immune, ma in quell'occasione ero insieme a lui, ed era stato proprio il ragazzo ad aiutarmi a rimettermi in piedi.
Ora invece ero sola.
Newt se ne era andato e io ero sola.
Quella lettera che aveva lasciato non aveva fatto altro che aumentare la mia angoscia. 
Grazie per essere stati miei amici. Addio. Quelle parole mi rimbombavano in testa, producendo un eco struggente che oramai andava a ritmo con il battito del mio cuore, che mi sembrava sempre più debole.

Tutto nel mio corpo sembrava aver smesso di funzionare: da quando avevo letto il biglietto le mie braccia e gambe non avevano mai smesso di tremare e per quanto avessi cercato di controllarle e rilassarle tutti i miei sforzi si erano rivelati vani; il mio petto si alzava e si abbassava senza sosta alla ricerca di ossigeno, che sapevo sarebbe presto venuto a mancare, lasciandomi in apnea; potevo sentire il mio viso bruciare, riscaldato eccessivamente dai singhiozzi e dagli inutili sforzi per trattenere le lacrime, che ora al contrario si lasciavano cadere abbandonate per poi affogare calde e salate tra le labbra tremanti; gli occhi bagnati e appannati non riuscivano a rimanere aperti, troppo pieni di dolore per riuscire a vedere nitidamente e troppo stanchi per continuare a provarci.

Perché? Perché era successo? Era questa la domanda che mi percorreva di più la mente. Cosa diamine avevo fatto per meritarmi ciò? Ma soprattutto, cosa aveva fatto Newt? 
L'unica sua colpa era di essere rimasto isolato fuori dalla città, dentro una caspio di Berga da solo. Non aveva fatto nulla di male, perché lo avevano portato via?
Se n'è andato. Pensai, causando in me un'altra scarica di singhiozzi perforanti. Se n'è andato. Continuai a ripetermi incessantemente.
"Se n'è andato." sussurrai biascicando ogni lettera, incapace di limitare quella frase ai miei pensieri. "Newt..." lo chiamai, con voce roca e piena di dolore.

"Eli..." sentii la voce di Stephen parlarmi dolcemente, poi la sua mano si posò sulla mia spalla, facendomi rabbrividire.
Non poteva chiamarmi così, non con quel soprannome, Stephen non era lui.
"Ti prego..." singhiozzai allontanando la sua mano da me. "Lasciami stare." lo pregai.
Fino a quel momento mi ero sempre vergognata a mostrare le mie emozioni agli altri, soprattutto quando si trattava di piangere per la paura di essere etichettata come fragile, ma in quell'istante capii che in realtà non poteva fregarmene di meno.
Lascia pure che pensino che tu sia debole. Lascia pure che pensino che tu stia esagerando. Lascia pure che provino compassione per te. Mi ripetei nella mente, lasciando i singhiozzi liberi di perforarmi la schiena. Non mi importa. Pensai, quasi urlando nella mia testa.

Non mi importa.
Questa volta non avrei messo su un falso sorriso, comportandomi come se tutto stesse andando per il verso giusto, mentre dentro stavo cadendo a pezzi. Non mi sarei comportata diversamente da come stavo facendo solo per sembrare una persona che in realtà non ero, non mi importava mostrarmi forte o dura in quel momento solo per convincere gli altri che stavo bene e che non si dovevano preoccupare per me. Tutto quel tempo che avevo passato a fingere di stare bene non aveva fatto altro accumulare la tristezza dentro di me, che alla fine era sfociata in una vera e propria crisi di panico. Non avrei finto di accettare quella situazione come una persona matura, quando invece dentro desideravo che tutto potesse cambiare, non l'avrei accettata e basta.

The Maze Runner - RunDove le storie prendono vita. Scoprilo ora