Capitolo 25.

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Nella stanza calò il silenzio, ma io potevo sentire le mie orecchie fischiare e riprodurre il battito del cuore, come se mi stesse battendo dentro la testa. Sentii il mio stomaco contorcersi e mi morsi il labbro per evitare di urlare verso Janson di sbrigarsi a leggere quella dannatissima lista. Sapevo di essere Immune – almeno così mi era stato detto –, ma non conoscevo la sorte degli altri.
"Perché un esperimento possa fornire risultati accurati," spiegò l'Uomo Ratto "è necessario un gruppo di controllo. Abbiamo fatto del nostro meglio per proteggervi dal virus il più a lungo possibile. Ma circola nell'aria ed è altamente contagioso."
Si fermò, osservando lo sguardo di tutti.

"Vai avanti, accidenti." sbottò Newt, leggendomi nella mente per quella che sembrava la centesima volta. "Tanto pensavamo di avercelo tutti quel cacchio di virus. Non ci stai spezzando il cuore."
"Già." aggiunse Violet. "Risparmiaci la sceneggiata e diccelo una buona volta."
L'Uomo Ratto si schiarì la voce. "D'accordo allora. La maggior parte di voi è Immune e ha contribuito a raccogliere dati preziosissimi. Solo due di voi sono considerati Candidati al momento, ma è un discorso che affronteremo in un secondo tempo." spiegò velocemente, poi prese in mano un foglio e iniziò a leggere ad alta voce. "Passiamo alla lista." annunciò. "Le seguenti persone non sono Immuni: Newt..."

Fu come ricevere un pugno in piena faccia e poi venire schiacciata tra due pareti. Il fiato mi venne a mancare e con esso anche la stabilità delle gambe, che sentii tremare pronte a cedere da un momento all'altro.
La mia mente andò in tilt e non riuscii a formulare neanche un pensiero per un tempo che mi sembrò infinito. Anche il mio udito e la mia vista sembrarono smettere di funzionare all'istante, come se Dio avesse deciso di privarmi di essi proprio in quel momento.
Sentii il mio cuore esplodere in mille pezzi, appassire, sbriciolarsi e poi morire, ma il dolore continuava a persistere nel mio petto, come se avessi una freccia impiantata tra le ossa.

Poi, tutto riprese a funzionare improvvisamente: il mio stomaco si trasformò in una voragine di sentimenti, tra cui rabbia e tristezza; la mia mente, nonostante fosse ancora appannata dalla notizia appena ricevuta, iniziò a distruggere senza pietà ogni piccola speranza che avevo conservato con cura; i miei occhi iniziarono a proiettare immagini del futuro, dove Newt continuava a trasformarsi in Spaccato e io continuavo a vivere una vita sana, però senza di lui.
Le mie gambe si spezzarono, così come tutti i piani di un futuro con Newt, colte alla sprovvista e obbligate a sorreggere più peso di quello che riuscissero a sostenere. 

Tuttavia il dolore della caduta non arrivò mai. All'inizio pensai che il dolore che stavo provando era talmente tanto forte e assordante che non sarei mai riuscita a provare nient'altro da lì in avanti. Poi però mi accorsi di essere caduta tra le braccia di qualcuno e quando riconobbi l'odore di quella persona, capii di essere arrivata al limite e di averlo sorpassato più del dovuto.
Le lacrime sfociarono incontenibili dai miei occhi, ma quel pianto per me fu diverso dai precedenti: mentre gli altri mi avevano sempre portato un po' di sollievo, quello attuale non faceva altro che incenerirmi l'ossigeno nei polmoni. 

Piansi lacrime che tuttavia non lavarono via il dolore, anzi lo aumentarono: la mia schiena venne perforata da singhiozzi sommessi, come colpi di pistola impiantati nella spina dorsale; il mio viso, contratto nella peggiore smorfia di tristezza, diventò ruvido e duro come pietra, e come tale lo sentii sbriciolarsi lentamente; il mio petto iniziò a bruciare come se fosse stato trafitto da mille spade e più cercavo di respirare, più queste rientravano nella mia pelle; il fischio nelle mie orecchie aumentò ancora di più, fino a diventare perforante.

Stordita e accecata dal dolore alzai lo sguardo, accorgendomi solo in quell'istante di essere tra le braccia di Newt. Tra tutte le cose che poteva fare in quel momento, lui aveva scelto di consolarmi, quando in realtà avrebbe dovuto essere il contrario. Percepii la sua mano sulla mia testa e le sue dita attraversarmi dolcemente i capelli, mentre l'altro suo braccio era scivolato dietro la mia schiena per sorreggermi. Cercai lo sguardo del ragazzo e, quando lo trovai, tutto intorno a noi sparì: in quella stanza non c'era più nessuno, solo io e Newt. Quel suo sguardo magnetico mi attirò come mai prima, riempendomi di una sensazione indescrivibile e mai provata fino ad allora. Era tutto un miscuglio confuso di emozioni che non riuscivo a identificare. Fu come sentire l'elettricità scorrere nelle mie vene.

The Maze Runner - RunDove le storie prendono vita. Scoprilo ora