Capitolo 14.

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Dopo qualche minuto di attesa Frances entrò nella stanza, portando con sé una maglia bianca. Quando la donna alzò lo sguardo, chiudendo la porta dietro di sé, trattenne a stento un sorriso, cercando di rimanere professionale e seria. Non seppi se quel piccolo sorriso fosse rivolto a me e Newt, dato che entrambi ci eravamo seduti vicino occupando così tutto il lettino e io mi ero completamente appoggiata a lui, abbandonando la mia testa sulle sue spalle e tenendogli la mano come farebbe una mamma con il suo piccolo. 

Oppure semplicemente la faceva sorridere il modo in cui ci guardavamo a vicenda: io alzando gli occhi senza smuovere la testa e lui cercando il mio sguardo sotto la moltitudine di capelli arruffati.
Quelli erano i momenti che per me contavano veramente. Erano quelli più veri: quei momenti che non hanno bisogno di parole per essere riempiti, perché il silenzio non è altro che una musica dolce che culla gli sguardi limpidi e sinceri; degli sguardi che si spiegano e parlano da sé, senza bisogno di voce.

Purtroppo però, l'unico difetto di quegli attimi era il fatto che si potessero rompere o rovinare facilmente. Non a caso, infatti, non appena Newt sentì la presenza di Frances davanti a lui si drizzò a sedere in modo composto e rigido, interrompendo il nostro contatto visivo, senza però separare le dita incrociate delle nostre mani. Fui costretta ad alzare la testa e rivolsi un sorriso di dispiacere a Frances che nel frattempo aveva cercato di non dare nell'occhio, armeggiando casualmente con degli attrezzi sul tavolo. Si vedeva benissimo che neanche lei sapeva cosa fare o come comportarsi e perciò fu abbastanza sollevata quando sentì Newt schiarirsi la gola e rivolgerle un cenno di saluto. 
Mettendo da parte l'imbarazzo, Frances avanzò verso di noi, porgendomi gentilmente la maglietta pulita. 

Prima di indossarla la portai sotto il naso per annusare il buon odore di detersivo: in qualche modo, quel profumo di vaniglia, mi faceva sentire tranquilla, come se stessi passeggiando in un campo di fiori. Chissà se esisteva ancora un posto ricoperto di fiori o magari anche un piccolo prato con qualche margherita qua e là, con il vento che ti scompiglia i capelli e il silenzio che ti riempie le orecchie.
"Come va la spalla?" mi chiese Frances gentilmente, rivolgendomi uno sguardo di puro e sincero interesse.
"Non sento neanche di avere una spalla, quindi direi che va come dovrebbe andare." le sorrisi di rimando.
"Bene, temevo che non avrebbe funzionato." ammise l'infermiera.

"Be', perché non avrebbe dovuto funzionare? Le hai iniettato una dose molto abbondante, sarebbe bastata a stendere un elefante." replicò Newt, scendendo dal lettino in modo da lasciarmi lo spazio necessario a infilarmi la maglia senza rifilargli una gomitata.
"Oh, lo so. Solo che dopo tutti quei farmaci che le hanno somministrato non ero sicura che il suo corpo avrebbe lasciato agire un semplice anestetico." spiegò Frances. 
"Farmaci? Quali farmaci?" chiese Newt sorpreso, ma allo stesso tempo preoccupato. "Eli di cosa sta parlando?"
Mi portai una ciocca dietro l'orecchio e mi sistemai tranquillamente i capelli dato che, dopo essere passati attraverso lo stretto buco della maglia, si erano arruffati, finendomi davanti agli occhi. "Ti ricordi quando ti ho parlato degli esperimenti che mi facevano alla W.I.C.K.E.D.? Ecco, loro mi iniettavano farmaci e speciali anestetici. È difficile per me ricordare quali farmaci mi dessero e con che frequenza..."

"Be' io me lo ricordo e credimi se ti dico che erano veramente tanti. Esagerati. Sono addirittura arrivati a renderti sterile ed è per questo che pensavo non avrebbe funzionato la dose di anestetico." parlò Frances, con un tono pacato e tranquillo.
Sterile. Ripetei nella mia mente. Mi accorsi solo troppo tardi del peso che quella parola poteva avere su Newt. Insomma, noi non avevamo mai parlato di mettere su famiglia e addirittura il fatto di avere figli mi spaventava. Eravamo ancora troppo giovani e troppo incerti sul nostro futuro per pensare a delle piccole copie di noi due. 

Mi tranquillizzai al pensiero che probabilmente neanche Newt volesse mettere al mondo dei figli così presto ed esporli a un pericolo tanto grande come il mondo malato e rovinato da malattie e morte; ma nel momento stesso in cui incrociai i suoi occhi, mi ricredetti.
Lui mi stava guardando con occhi confusi, in attesa di un chiarimento, ma mi accorsi quasi immediatamente che dietro quella confusione iniziale c'era anche qualcos'altro; non seppi dire se quella che scorgevo era veramente tristezza, celata dalla consapevolezza che per colpa di alcuni stupidi esperimenti lo stavo privando di uno dei miracoli più belli del mondo.

The Maze Runner - RunDove le storie prendono vita. Scoprilo ora