Capitolo 71.

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"Perché gli hai parlato di me?" domandai all'improvviso al ragazzo.
Lo vidi corrucciare la fronte e accovacciarsi a terra per piazzare i suoi strumenti da Medicale pivello. "Chi?"
"Vince." spiegai semplicemente. "È palese che mi odi, soprattutto quando mi vede insieme a te."
"Oh," ridacchiò il ragazzo, facendomi cenno di sedermi a terra e mettermi comoda. "be', sai come sono i pivelli al potere, no? Una volta raggiunta la vetta non vogliono più alzare le chiappe. Raggruppando un esercito così numeroso, con persone che probabilmente sono più devote di te per la stessa causa, può essere intimidatorio."
Mi limitai ad annuire e a srotolare intanto le bende che mi ero aggrovigliata velocemente attorno alla ferita prima di lasciare la Berga. Mi ero talmente tanto abituata al dolore che ora non riuscivo più a sentire granché al di fuori del bruciore e del formicolio costanti.

La mia gamba si era lentamente addormentata e, data la sensazione di freddo che mi era penetrata nelle ossa da ormai qualche ora, potevo capire di aver perso troppo sangue per sperare di riuscire a mantenere la stessa temperatura corporea. Le bende avevano rallentato il sangue, certo, ma i continui movimenti e lo shock che il dolore mi aveva provocato non facevano altro che peggiorare la mia situazione.
"Quando mi ha assoldato uno dei requisiti era rispondere a un paio di domande. Una sorta di colloquio pre-lavoro, ecco." borbottò, cercando di infilare il filo di sutura nell'ago. Stracciai leggermente i pantaloni, permettendo così una visuale ben chiara e sgombra sulla ferita ancora aperta. "Mi ha chiesto quale fosse la mia debolezza più grande. Ha usato la scusa di voler sapere cosa mi rendesse vulnerabile per insegnarmi a proteggermi da coloro che ne avrebbero voluto approfittare, ma era palese che il vecchio stesse testando la concorrenza. Se sai i punti deboli dei tuoi avversari puoi torcerli a tuo favore."

Lo vidi scuotere la testa e avvicinare la punta dell'ago alla fiamma dell'accendino mezzo ammaccato. Rigirò il piccolo spillo sul fuoco fino a che questo non divenne quasi nero, poi lo agitò in aria come per farlo raffreddare. Il ragazzo si avvicinò a me e delicatamente si portò la mia gamba sulle sue, diventando improvvisamente serio. Il panico mi colse impreparata, così tentai di spingere Gally a continuare nella speranza che il suo racconto mi avrebbe almeno distratta dal dolore. "E-E poi?"
"Be', non potevo dirgli la mia più grande debolezza, né mentirgli o se ne sarebbe accorto. Così ho dovuto raccontargli di te. Di come quando ti ho accanto penso solo a proteggerti. Se dovessi mandare all'aria un piano ragionato da anni per salvarti la vita, prenderei quella decisione in cinque secondi. E poi tu mi... ammorbidisci, in un certo senso."

Arrossi leggermente, non capendo se quello fosse un complimento o un semplice fastidio per lui, ma non ebbi il tempo di scegliere quale ipotesi fosse più plausibile che Gally mi piantò l'ago nella carne e premette, facendomi ululare. "Scusa." borbottò veloce, guardandomi di fuggita per poi tornare con l'attenzione sulla mia ferita.
"Fa nulla," ansimai, cercando di calmare il mio cuore e stringendo i denti. Quando lo sentii bucarmi l'altra sponda del taglio, premendo la carne insieme con le dita, mugugnai di dolore e strizzai gli occhi. Riuscii appena a biascicare: "continua a raccontare. Quindi è vero?"
"Sei una mia debolezza, sì, è vero. Ma non quella più grande." spiegò, asciugando il sangue sulla ferita e riprendendo a ricucire il buco sulla mia carne.

"E allora qual è la tua più grande paura?" mormorai, asciugandomi il sudore sulla fronte con le mani tremanti.
Il ragazzo si fermò un secondo a fissarmi, ma si prese il suo tempo per rispondermi, indeciso forse sulle parole da usare. Lo vidi diventare improvvisamente triste, ma ben presto si distrasse tornando con l'attenzione su ago e filo, torcendomi di bocca un altro lamento. "Uccidere. Ho paura di dover uccidere di nuovo qualcuno."
La sua risposta mi piazzò così tanto da farmi dimenticare per un attimo del dolore e del fuoco che mi stava lentamente divorando. Fu immediato per me ricollegare la sua risposta a ciò che era accaduto dopo che eravamo usciti dal Labirinto. Gally era stato spinto, anzi manovrato, ma la mano che aveva lanciato quel pugnale contro Chuck era pur sempre la sua.

The Maze Runner - RunDove le storie prendono vita. Scoprilo ora