Capitolo 13

856 30 4
                                    




Appena entro mia madre mi corre incontro furiosa e comincia a farmi la predica, ma io non la ascolto, penso solo ad oggi pomeriggio e a quello che mi aspetta. In verità vorrei rimandare, non  mi sento pronta. Non ho energie dato che ho dormito pochissimo e ho passato la notte a piangere, infatti ora ho finito la scorta di lacrime. Quando finisco di scusarmi con mia madre per quello che è successo, riesco finalmente a farmi una doccia. Cerco di pensare a cosa dire ad Andrew e a cosa potrebbe dirmi lui. Ho mal di pancia a causa dell'agitazione. Non ne posso proprio più di tormentarmi in questo modo. Voglio solo che tutto questo finisca.

A tavola non dico una parola e non tocco cibo. I miei genitori ovviamente si accorgono che qualcosa non va. Mi chiedono in continuazione se sto bene ma io non rispondo, li rassicuro dicendo solo che presto starò meglio. Non ho voglia di parlare con loro. Non ho voglia di parlare con nessuno. Ripenso alla nottata passata a casa di Lucah e al profumo delle sue lenzuola. Se non ci fosse stato lui non so cosa avrei fatto.

Ci sono dei messaggi di Chris e Paul sul telefono ma non li guardo neanche; ora non mi interessano. Oggi non mi truccherò, non ho la benché minima voglia di mettermi in ghingheri. Perché dovrei farlo? Per Andrew?

Indosso un leggings nero e una t-shirt semplice. Alle 15 prendo la giacca di pelle nera e scendo. Ho appuntamento con Andrew all'angolo della via, alle tre e un quarto. Sono in anticipo e perciò aspetto seduta sul marciapiede. Quando vedo in lontananza un Classe A grigio opaco mi si ferma il cuore. È lui. In un momento comincia a mancarmi il respiro e mi sento davvero agitata. È come se tutta la rabbia fosse scomparsa e si fosse trasformata in paura. Ho paura di quello che mi dirà. Ho paura di affrontarlo. Forse non voglio sapere nulla, per non soffrire ulteriormente. Mi tremano le gambe, tuttavia mi dirigo alla macchina e apro la portiera. Non lo saluto e non lo guardo negli occhi. Lui serra le labbra e mette in moto l'auto. Mi porta nel piazzale dietro a casa mia. È un posto tranquillo, non passa mai nessuno. Qui potremo parlare tranquilli. Appena ci fermiamo comincio subito con le domande. Voglio che questo incontro si concluda al più presto.

<<Allora, raccontami, illuminami. Non risparmiarmi i dettagli.>> dico senza esitare. Il mio tono sprizza rabbia.
<<Beh... ma non c'è nulla da raccontare...>> mi risponde.
Non batto ciglio. Scendo dall'auto e me ne vado. Sono stanca dei suoi giochetti.
<<Candice!>> mi chiama e io mi volto, tremendamente irritata, per poi riprendere a camminare verso casa. Ho l'adrenalina a mille perciò mi metto a correre più veloce del normale. Andrew è un tipo molto atletico e mi raggiunge subito.
<<Candice! Fermati!>> grida, davanti a me. Mi fermo di colpo e lo fisso mordendomi l'interno della guancia per non piangere.
<<Mi sono stufata di sentire la parola "niente" provenire dalla tua bocca. Davvero non ho più voglia di ascoltare la tua voce. Sono stata in giro tutta la notte, sono stanca. Voglio andare a casa!>> dico esasperata.
<<Dove sei stata? Perché non mi hai detto niente?>> mi dice stupefatto.
<<Perché mai dovrei dirti quello che faccio? Ormai tra noi non c'è più nulla. Cosa puoi mai volere da me, Andrew? Cosa?>> strillo. Il cuore mi batte all'impazzata e ho il fiato corto.
Fa un passo verso di me: << Mi dispiace va bene? Non avrei mai voluto farti soffrire...>>. Leggo nei suoi occhi che è davvero dispiaciuto, che è disperato, ma non mi interessa. Non ha idea di come sono stata io questa notte. Non ha idea di come mi abbia ridotta.
<<Ti dispiace? Ti dispiace?>> ripeto, ridendo. Ridendo per non piangere, chiaramente.
<<Sì, mi dispiace. Io ti a...>> non gli faccio concludere quella maledetta frase.
<<Mi ami? Ma non farmi ridere. Vai al diavolo Andrew. Non mi ami più, se mai mi hai amata in passato!>> mi incammino verso casa ma lui mi strattona per il braccio, facendomi male.
<<Come puoi dire una cosa del genere? Ti ho amata più di ogni altra cosa!>> dice con foga. Sto per piangere, ma la mia rabbia ha il sopravvento e gli tiro uno schiaffo. Sono sorpresa quanto lui del mio gesto, ma non ho la minima intenzione di chiedere scusa. Questo dolore non è nemmeno paragonabile a quello che mi ha inferto lui. Mi guarda con un misto di tristezza e confusione. Sono spazientita e gli chiedo per l'ultima volta di dirmi cosa sta succedendo con la signorina "pel di carota".
<<Ecco... l'ho conosciuta al compleanno di Antony... ci siamo avvicinati... e lunedì mattina sono andato con lei a fare colazione perché dovevamo parlare di quello che sta nascendo... tra di noi.>> 

SAVE ME, if I become my demons Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora