Capitolo 46(Prima parte~)

515 20 2
                                    

Dedico questo capitolo al mio caro nonno, che non c'è più ma continua comunque a vivere nel mio cuore.

-Candice;


Sono le undici e mezza e sono ancora nel letto. Non ricordo l'ultima volta che ho dormito così tanto. Dopo tanto finalmente sono riuscita a riposare come si deve, me lo merito. Resto nel letto ancora un po' e ripenso alla serata di ieri. Ho conosciuto Alexia e questo mi ha riaperto delle ferite che pensavo si stessero ormai chiudendo. Il solo pensiero che lei abbia toccato Taylor e che ci sia stata vicina, mi da la nausea, mi fa ribrezzo. Non so come farò, ma devo tentare di esserle amica, per Andrew e per Stephan. Non sarà facile, ma posso riuscirci.

La vibrazione del mio cellulare mi riporta alla realtà.

Buongiorno Candice. Dormito bene?

È Chris. Rimango a fissare lo schermo del telefono per un minuto mentre sorrido.

Buongiorno a te. Sì, molto bene, grazie. Tu, invece?

Sono felice che Chris mi cerchi perché significa che nella sua vita ricopro un ruolo importante o per lo meno mi considera una buona compagnia. Noto con piacere che il promemoria del mio iPhone mi ricorda che oggi è il 24 dicembre, ovvero la Vigilia di Natale. Amo da morire il Natale, non può esserci giorno migliore durante l'anno, a parte il mio compleanno, credo. Oggi dedicherò tutto il tempo a me stessa, sino a stasera. Ogni anno, da quando sono nata, passo la questo giorno a casa di mia nonna paterna, assieme a tutta la numerosa famiglia di mio padre. Non vedo l'ora. Ci saranno le mie cugine, il mio unico cugino maschio, i miei zii e le mie zie, la mia adorata nonna e... purtroppo mio nonno, non ci sarà, quest'anno.

Era così solare, radioso e gioioso... Cantava. Cantava sempre quelle detestabili canzoncine di paese che però lui rendeva meravigliose. Ballava anche. Era molto bravo. È stato il primo uomo a invitarmi a ballare, intorno al tavolo della cucina. Ricordo ancora i suoi baffi brizzolati, sotto il naso rossato, che mi pungevano la guancia quando mi salutava con un  bacio. Ricordo che da bambina gli spettinavo sempre i capelli e lui si arrabbiava moltissimo. Le lacrime cominciano a graffiarmi il viso. Ricordo ogni cosa di lui, ma in particolare quel sorriso che non si spense neanche quando era in ospedale, in condizioni disperate. Ebbe anche la forza di alzarsi appena feci il mio ingresso nel reparto malati terminali per poi mettersi a cantare, insieme a me, in mezzo al corridoio, tra le infermiere. Ci fu un giorno in particolare che non scorderò mai. Era il 20 aprile 2015, ed erano le nove e mezzo di sera. I miei genitori andavano avanti e indietro all'ospedale, ogni giorno, più volte. Avevo il sospetto che qualcosa non andasse, ma non mi facevo troppe domande, per non soffrire ulteriormente.

Ricordo anche che una volta al telefono, mentre ero in giro con Andrew, Stephan e Rebekah, scoppiai a piangere perché mia madre mi avvisò che le condizioni del nonno continuavano ad aggravarsi senza sosta.

Quel giorno dissi a mia madre che dovevamo correre in ospedale, subito. "Ma sono le nove e mezzo e domani hai lezione Candice. Andiamo domani a trovare il nonno, te lo prometto". Ma non riuscì a convincermi. Dovevo vederlo, in quel preciso momento. Mi accontentarono, in fondo era una richiesta lecita in quella situazione. Andammo. Feci il mio ingresso nella camera dell'ospedale dove era tenuto e vidi una marea di fili colorati venire fuori dal suo corpo ormai stanco della vita. Si collegavano a delle macchine il cui suono rompeva il silenzio agghiacciante che c'era intorno. Mi avvicinai lentamente al letto e fissai gli schermi di quegli strani apparecchi. Ad ogni battito corrispondeva un suono. Tac... Tac... Tac... non provavo niente, nessuna emozione, sentivo solo freddo, anche dentro di me.

SAVE ME, if I become my demons Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora