Capitolo 34 - Caos

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Il mondo non si ferma. Non importa quanto tu sia ferita. Non significa nulla quanta rabbia tu possa provare o ferite contare sulla tua pelle.

Il mondo non si ferma.

Anzi a tratti accelera anche. O perlomeno Faith lo interpretava così e dovette arrendersi all'evidenza.

Nessuno, in cielo o in terra, mi aiuterà.

La solitudine era la sua paura maggiore. Lo era stato nei mesi precedenti quando prendere una decisione significava ferire le tre persone a lei più care e vederle dissolvere, come poi è avvenuto. Lo era in quel momento quando la solitudine aveva assunto i contorni di una tragedia ed un futuro da ragazza madre che lei non aveva mai sognato neppure nei peggiori incubi.

Uscì mestamente di casa, costretta a mantenere una parvenza di normale routine. I bambini dei vicini venivano vestiti dai genitori che, sulla soglia di casa, li coprivano con ingombrati giacconi imbottiti per proteggerli dal freddo. Una carezza sul viso del maschio, un bacio alla figlia più piccola, i cestini della merenda distribuiti dal padre prima di correre fuori verso lo scuolabus giallo fermo sul margine della strada.

Era quello il futuro che la attendeva? Era davvero così idilliaco? Per il momento appariva solo un sogno ad occhi aperti.

I bimbi le passarono accanto evitandola per un soffio, prima di salire sul bus. Li vide accomodarsi sui sedili e salutare i genitori dal finestrino laterale.

L'autista ingranò la marcia dirigendosi verso la Main.

Fu allora che accadde qualcosa. Qualcosa di irreale, qualcosa che solo la mente di Faith poteva concepire.

Fu solo un istante. Una rapida ombra le balenò nella coscienza.

Si vide. Era lì, sulla soglia di quella porta, al posto di quella coppia, abbracciata ad una persona. Guardarsi felice, finalmente. Una madre ed un padre. Guardare i propri figli, il frutto del proprio amore.

« Buongiorno! » la salutò la vicina forse intimidita dall'espressione scioccata di Faith.

« B... buongiorno! »

Faith! Smettila di sognare ad occhi aperti!

Riprese rapida il suo cammino temendo il giudizio dei vicini. Eppure quella visione aveva del profetico. Continuò a pensarci fino al campus.

Non era certa di chi fosse ad abbracciarla ma si era vista. Lei era lì ed era felice.

Gli ormoni fanno brutti scherzi...

Ma come detto il mondo non si ferma.

Se ne accorse costeggiando il parcheggio dell'università.

« Justin? »

« Ciao Faith. » rispose deluso al saluto.

Aveva appena aperto il bagagliaio di una macchina. A terra tre trolley attendevano di essere caricate.

« Cosa... »

« Non avrei voluto. Me ne sto andando Faith! »

« Cosa? Perché? E poi, senza dirmi nulla? »

« Sembra che questa volta Golia abbia vinto. Mi hanno interdetto dal campo a tempo indeterminato. Jack Morgan, il primo quarterback che era stato sospeso, ha terminato la sua punizione ed è tornato al suo ruolo. »

« Ma Cameron... »

« Non può fare nulla. Finché quel ragazzo non ritira le accuse, o si trovano prove della mia innocenza, sono sospeso. »

« Aspetta! Ma dove stai andando? »

« Non volevo mi vedessi. Ti avrei scritto. Sto tornando a casa, ho bisogno di pensare. »

« E Maya? »

« Maya ha il pub qui! Lei ha capito che la mia non è una situazione permanente, almeno spero! E poi devo ridarle la macchina che mi sta prestando! » rispose gettando l'ultima trolley nel bagagliaio.

« Ti prego! Ripensaci! » esclamò Faith afferrandogli il polso prima di chiudere lo sportello.

Justin non rispose. Si preparò solo a partire. Salì in macchina ed abbassò il finestrino.

« C'è qualcosa che posso dire per farti rimanere? » chiese Faith con aria affranta.

« Temo di no! Ma una cosa te la voglio dire io: stai attenta! Questa storia nasconde qualcosa. Non so cosa sia ma temo tu ne sia coinvolta. Maya ti starà accanto ed io sarò sempre aggiornato. Ma mi raccomando stai attenta! »

« Lo farò! » disse gettandogli le braccia al collo attraverso il finestrino.

Così anche il secondo membro del gruppo la abbandonava come si abbandona una nave che affonda.

Eppure le parole di Justin avevano fatto riflettere Faith. Quell'accenno alle accuse di Nick era una richiesta di aiuto a cui Faith non poteva negarsi.

Dopo il lavoro sarebbe andata di nuovo in ospedale.

Cazzo! Il lavoro!

Di nuovo in ritardo.

Arrivata al North lo scoprì già pullulante di persone.

« Faith! » la accolse Tuck.

« Lo so! Lo so! Sono in ritardo! »

« Si e no! Si sei in ritardo, ma non è questo! Nick è tornato! »

« Di già? »

« Sì! Stamattina era qui già prima di me! »

Perfetto!

« Dov'è ora? Devo parlargli! »

« Era sul retro a sistemare i rifiuti! »

Era quello il momento. Prima che la vera folla del pranzo invadesse il locale. Doveva interrogarlo e trovare il punto debole della sua versione. Sapeva che aveva mentito, Faith se lo sentiva. E lo avrebbe scoperto.

« Nick! » esclamò una volta varcata la soglia.

Nessuno rispose. All'esterno un silenzio surreale la accolse. Un silenzio che aveva del sinistro.

A destra, a sinistra. Nulla.

Forse è rientrato dall'ingresso principale.

Ma non era andata così.

Cinquanta metri. Un albero di cedro si stagliava nei giardini del campus. Ai suoi piedi due figure parlavano in piedi contro il maestoso tronco.

Uno dei due era Nick. Lo vedeva in viso seppur parzialmente nascosto dalla seconda figura. La sua postura inclinata per i postumi della rissa.

Agitava la mani, gesticolava nervosamente a tratti scuotendo la testa.

La seconda persona era di spalle. Poteva notare dei capelli biondi. Un'ampia sciarpa color grigio ne nascondeva le punte. Non più di quello.

Due minuti ed il colloquio terminò.

Nick, con passo malfermo si diresse nuovamente verso il diner. Faith, istintivamente si nascose dietro la siepe che celava il cassonetti.

« Nick! » lo chiamò con voce femminile la seconda figura.

Egli si voltò dando a Faith la possibilità di vedere in viso il suo interlocutore.

Ciò che vide l'avrebbe tormentata per le seguenti settimane.

« Se ci ripensi sai dove trovarmi! » esclamò la madre di Cameron.

© G.

Angolo dell'autore:
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