Capitolo 42 - Presentimenti

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Ironico lo splendore del sole. Beffarda la purezza dell'aria. Lontana la mente di Faith.

Ella continuava a cedere terreno nei confronti della paura. Quest'ultima la

inghiottiva come le onde fanno di una scritta sulla sabbia.

Trentasei ore come trentasei minuti.

Un giorno e mezzo trascorre rapido se speso a cercare vie di fuga nelle possibilità.

E poi quel piccolo, insignificante dettaglio...

Tacere vuol dire mentire? Qual è il limite tra bugia e omissione? E quello tra tradimento e protezione?

Forse qualcun altro non avrebbe avuto pietà. Adelaine era stata la più infima creatura tra coloro che si potevano fregiare dell'appellativo di madre. Eppure qualcosa in Faith le impediva di essere... giusta.

Afferrare Cameron per un polso, costringerlo ad ascoltare. Oppure andare a casa sua, scodellare mesi di piani e subdoli tentativi studiati per l'infelicità del proprio figlio, farla vergognare di fronte a tutta la famiglia per l'essere ripugnante che era.

Ma forse il passato, il ricordo del suo essere stata così divisiva all'interno di quel gruppo di amici, il risultato ottenuto, tutto ciò la fece ricredere.

Ciò che più importava era la felicità della persona amata e l'ultima cosa che Faith desiderava per il giorno di Natale era una tragedia familiare. In fondo Cameron già sapeva la predisposizione di sua madre verso la meschinità, rinfrescare la memoria in quel giorno non avrebbe avuto alcun valore aggiunto, anzi.

Avrò tempo una volta finite le feste.

Questi i pensieri mentre la spensieratezza dell'infanzia si mostrava a lei incarnata nei giochi dei figli dei vicini. Un periodo incredibilmente lontano per Faith nonostante la sua giovane età.

« Amore! Andiamo? » urlò Cameron dal piano inferiore.

Il momento tanto a lungo procrastinato nella mente era infine arrivato.

Non era certo un gioioso giorno di Natale. Di sicuro lo stato d'animo di Faith era quanto di più lontano potesse esserci da esso.

« Sei bellissima! » la accolse Cameron in attesa sulla porta d'ingresso già aperta.

Lei però non sentiva di avere quell'aspetto nonostante avesse optato per il migliore vestito che aveva: un tubino nero a maniche lunghe con gonna poco sopra il ginocchio, arricchito da una cinta di metallo dorata che richiamava gli

orecchini d'oro che sua madre le aveva regalato prima di partire.

Forse sono troppo elegante... o troppo poco... al diavolo!

La scelta era stata abbastanza obbligata dal suo guardaroba: jeans e scarpe da ginnastica non erano certo all'altezza della famiglia Raileigh.

E poi tra qualche mese questo abito non mi entrerà più quindi, tanto vale

approfittare dell'unica occasione utile.

Il SUV li accompagnò fuori da North Windfield e lontano da quella casa che per poco, ma nel cuore un tempo infinito, era stata loro e del loro amore. Forse non l'avrebbe più guardata con gli stessi occhi o forse lei non sarebbe stata più la stessa. Fatto sta che un strana sensazione la colse imboccando la Main.

Qualcosa di imponderabile si scatenò in lei, il presagio che qualcosa non tornava. Si voltò di scatto verso il numero venti di Park Avenue.

« Hai dimenticato qualcosa amore? » chiese Cameron.

Ma Faith era lontana, in quel vortice di presentimenti che preannunciano un cambiamento.

« No. Va tutto bene... » rispose per non destare sospetti.

« Sei emozionata? »

« Terrorizzata direi! »

« Stai tranquilla! Riflettendoci credo che mia madre, alla fine, si sia arresa al nostro amore. Solo così posso spiegare quest'invito oggi! »

« Dici? »

« Sai che in tanti anni Savannah non è mai stata invitata? »

Maledetta fortunata!

« Davvero? Ma quanti saremo? »

« Solo noi! Io, te, mio padre, se riesce a stare lontano dall'azienda, e mia madre! »

© G.

Angolo dell'autore:
Lasciate anche solo una stella per coronare i miei sforzi o, se vi va, commentate consigliandomi costruttivamente come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!

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