E continuare ad oscillare. Beccheggiare come facevano le navi a largo, come la Chevy sotto le folate di vento, come la speranza indecisa se vederlo in mare o cercarlo al riparo.
Optò per la seconda. L'indirizzo era segnato sul navigatore e non desisteva un secondo dal lampeggiare. Ancora qualche chilometro, pochi minuti densi come l'amore. La spia della benzina si accese non appena imboccato il lungomare.
Nessuna spia avrebbe mai fermato la sua corsa e quella delle parole più giuste da dire.
Harry... noi non siamo fratelli! Forse troppo brutale. Harry, ti ricordi... inutile girarci intorno!
Avrebbe improvvisato, come sempre d'altronde, e si sarebbe affidata al cuore, cosa che ultimamente le riusciva bene.
Sarà contento di vedermi? Deve esserlo, lo sarà! Solo per lui...
Il piede si scostò dall'acceleratore e la Chevy rallentò singhiozzando fino a fermarsi.
Capire guardando l'orizzonte nero farsi vicino.
Osservare i semafori che, appesi da fili che congiungevano le due parti della strada, garrivano come bandiere lampeggianti di un pallido color giallo. Le palme che si pettinavano con la tormenta, piegando il tronco e perdendo le foglie più vecchie. I segnali stradali che barcollavano al limite della rottura cercando di liberarsi dalla morsa del cemento ai loro piedi.
Guardare e capire che quella tempesta non era più potente di quella che aveva investito Faith cinque mesi prima. Una tempesta come mai se ne erano viste, qualcosa che aveva disorientato tutti i suoi strumenti lasciandola navigare a vista ma, in fondo, alla deriva. Cercare spiegazioni, indagare con la mente quando la risposta era nel petto. Lasciare inascoltata quella voce, l'unica meritevole di essere ascoltata.
E pentirsi. Perché se si fosse prestata attenzione, il futuro, anzi in presente, sarebbe stato diverso. Perché la mente ragiona per opportunismo ma è il cuore che suggerisce la verità. Ed il cuore ora batteva più forte che mai.
Le ruote slittarono sull'asfalto bagnato prima di morderlo nuovamente. Un isolato era la misura della verità. Alla sua destra il mare ribolliva. Surfisti lontani attendevano le loro onde comparendo e scomparendo galleggiando sui flutti.
« Tra cinquanta metri svoltare a destra poi proseguire per duecento fino ad arrivo a destinazion... »
Il navigatore non serviva più. Con un gesto lo silenziò e lo gettò nella borsa.
Seguì le ultime indicazioni poi guardò la nota della madre.
Numero 15, Ocean Drive.
Una casa piccola, azzurra, scrostata in ogni sua parte. Un piano solo, dalle finestre protette da assi di legno su tutta la superficie. Quando Faith spense il motore anche la pioggia ebbe una tregua.
Deve essere un segno.
Scese dall'auto guardando il cielo e chiedendosi quanto a lungo sarebbe durata.
Pochi gradini rialzavano la casa dalla sede stradale.
Harry... io devo parlarti, non solo di noi, ma di me. Ti prego, fa che sia in casa!
Il campanello penzolava senza vita accanto all'entrata. Picchiò il pugno sulla porta.
Dai! Dai!
Nulla si mosse.
Bussò ancora, più forte di prima.
« Harry! Sono io! »
La porta continuò a rimanere chiusa.
E ora?
« Difficilmente troverai qualcuno! » disse una voce alla sua destra.
Un ragazzo biondo le sorrideva chiudendo la porta della casa vicina.
« Sai per caso dov'è il proprietario? »
Indossava una muta che gli copriva dalle caviglie ai polsi. Tra le mani una corta tavola da surf.
« Harry? »
« Lo conosci allora! »
« Certo! È mio amico oltre ad aver affittato casa da me! Se lo cerchi dovrai aspettare che torni sulla terra ferma! Chiunque abbia una tavola ora è in mezzo al mare ad aspettare l'onda perfetta! »
« E sai dove è più probabile trovarlo? »
« Vieni ti ci porto! Aspetta un attimo... non sarai mica Faith? » chiese aggrottando la fronte.
Per la seconda volta in quella giornata uno sconosciuto che si aveva di fronte sapeva il suo nome.
« Ti ha parlato Harry di me? »
« Più o meno. » disse serio.
Silenzioso la accompagnò sui propri passi tornando sul lungomare ed attraversando la stretta lingua di sabbia che divideva l'oceano dalla strada.
Il surfista le indicò Harry, contraddistinto da una tavola verde acceso, prima di tuffarsi correndo in mare senza il minimo saluto.
Strano tipo...
Difficile dire quanto attese. Cinque minuti come cinque ore combattuta tra la preoccupazione della reazione e quella della tempesta.
Poi lo vide chiaramente.
Ne lasciò sfilare due. La scelse. Era notevolmente più grande delle altre onde. Sette, forse dieci metri. Iniziò a remare prono sulla tavola. Con un colpo di reni si sollevò. Era veloce. L'acqua lo sospingeva da sinistra a destra. Settanta. Cinquanta. E più si avvicinava a riva, più l'onda cresceva e con essa la paura di Faith. Con una mano sulla bocca, vide l'acqua richiudersi dietro di lui. Gli era sempre più vicina. Lambiva la scia bianca che la tavola si lasciava dietro. Si abbassò, a tratti virava per rimanere alla giusta distanza. Ma l'onda era troppo veloce. Lo vide sparire nel tubo d'acqua formato dalla gravità. Uno. Due. Tre infiniti secondi prima di rassegnarsi a cercarlo in mezzo al mare ribollente.
Poi un fulmine al largo. L'onda si esaurì. Crollò su se stessa sputando fuori quella piccola figura ancora sulla sua tavola, ancora in piedi.
Lo vide esultare mentre si spostava i capelli bagnati da volto. Quando infine raggiunse terra, Faith si incamminò.
La salsedine creava una bassa nebbiolina che rendeva il paesaggio onirico ed irreale.
Irreale come il suo viso dopo mesi di ricordo, stupendo come il sorriso mentre accarezzava la tavola, lacerante come l'abbraccio di un'altra ragazza.
© G.
Angolo dell'autore:
Lasciate anche solo una stella per coronare i miei sforzi o, se vi va, commentate consigliandomi costruttivamente come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!
STAI LEGGENDO
TWO | Prima Stesura
Teen Fiction__ SEQUEL DI "ONE" __ Sono trascorse tre settimane. Faith è cambiata. Le sue priorità, la visione che aveva del mondo, della vita, del passato. Tutto cancellato. E se da un lato, quello del cuore, la direzione è tracciata, le ultime rivelazioni han...