Capitolo 40 - Verità

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« E tu cosa ne sai di come sono i Raileigh? » chiese Faith fingendo ingenuità.

È questa Nick. Questa è la possibilità che hai di confessare i tuoi segreti.

Nick tornò a fissare il bicchiere, consumando la sua attenzione nel poco alcool che rimaneva nel bicchiere.

Un pesante, assordante silenzio calò nel pub. Solo il passaggio delle macchine all'esterno, solo il morbido rumore della birra spillata da Maya. Inconsistente, lontano.

I loro sgabelli: puro acciaio a sostenere quel momento. Le verità celate, gli approcci tentati, un sentimento soffocato.

Cosa lega tutto ciò? Dimmelo Nick!

Secondi in cui ogni altro pensiero svaniva. Secondi utili per trovare parole a quelle domande.

Faith si sporse per entrare nel suo campo visivo.

« Nick? Tu cosa sai? »

Un sospiro.

« Niente... non so niente. » rispose laconico Nick

Che delusione.

Tempo sprecato. Troppo profondi i suoi peccati, troppo grandi le sue colpe. Esse si erano radicate in lui diventando parte di egli stesso.

« So che menti Nick ma, se preferisci, rimani solo con i tuoi segreti. Saranno gli unici compagni che avrai! » esclamò Faith afferrando stizzita la borsa posata sul bancone ed scendendo dallo sgabello. « Maya! Grazie per l'acqua! Ci vediamo più tardi! »

« A dopo Faith! » la salutò nascosta dietro al bancone.

Era quello. Il punto fermo che Faith aspettava. L'uscita del pub a pochi passi e Nick perso nel suo passato, relegato ad una sordida parentesi. Una semplice comparsa nella sua vita che, ora, aveva ben altre priorità.

Una sciarpa attorno al collo, un paio di guanti calzati nervosamente prima di tornare in strada. Aprì la porta accompagnata dal suono della campanella sopra essa. L'aria gelida dell'inverno appena iniziato la colpì risvegliandola da un sonno profondo chiamato Nick.

Ma quel sonno la ghermì nuovamente.

« Non andare! » disse Nick afferrandola per il polso.

« Non abbiamo più niente da dirci! » esclamò Faith liberandosi dalla presa.

« Ti prego! Ti racconterò tutto! »

Quante possibilità si possono dare ad una persona. Più che la pietà poté la curiosità.

« Hai cinque minuti! »

« Non so se mi bastano! »

« Dovranno! » rispose severa Faith richiudendo la porta del pub.

Un tavolo consunto dall'uso e segnato nell'aspetto. Due sedie ai poli opposti di esso. Una metafora stranamente attinente.

Faith si liberò dei pesanti vestiti incrociando lo sguardo di Maya che non la perdeva mai di vista.

« Allora? » attaccò Faith.

« Non è semplice. »

« Nick, sono stanca... »

« Va bene! Va bene! Risponderò a tutte le tue domande! »

« Che rapporto c'è tra te e la signora Raileigh? »

« Per risponderti dobbiamo parlare della mia infanzia... »

« Voglio sapere tutto e subito! Basta giri di parole! »

« Devo tutto ai Raileigh! Quando mio padre morì è stata la famiglia di Cameron a prendersi cura di me, non che mi abbiano adottato, ma dal punto di vista economico non mi hanno mai fatto mancare nulla! »

« E perché avrebbero dovuto? »

« Mio padre lavorava in una loro società vinicola. Un giorno ci fu un incidente. Un silo di stoccaggio cedette ed egli rimase intrappolato sotto. Chiamalo senso di colpa, chiamala paura per le conseguenze legali, ma a dodici anni e senza una madre che potesse provvedere a me, i soldi del signor Raileigh hanno assunto l'aspetto di un'ancora di salvezza molto invitante. »

« Ti hanno comprato insomma! »

« Mi hanno salvato dall'orfanotrofio! »

« E Cameron... »

« Non ne sa nulla! Non ha la più pallida idea di chi io sia. »

« Andiamo al punto Nick! Perché sei qui? »

« Per te! »

« Questo lo hai già detto! Cosa significa? »

L'iceberg iniziava a ruotare mostrando il suo vero corpo, nascosto sotto la superficie.

« Devi capire che ho un debito di riconoscenza verso di loro... »

« Parla o vado via! »

« Okay! Okay! La madre di Cameron non è mai stata d'accordo con la decisione del marito di salvarmi dalla povertà. Forse in un certo senso mi odiava, e mi odia tuttora. Ma, come ho detto, ho un debito verso di loro e qualsiasi debito, prima o poi, va pagato. Due mesi fa, mentre lavoravo nella loro filiale di stoccaggio di Santa Rosa, la madre di Cameron si è presentata a me offrendomi un nuovo impiego, meno faticoso e meglio pagato, così mi disse. Non mi spiegò i dettagli ma accennò al fatto che, oltre a venire pagato, avrei frequentato anche il college. Se le buone non fossero già sufficienti usò anche le cattiva, minacciandomi di licenziarmi dalla loro azienda se avessi rifiutato. Tu cosa avresti fatto? Solo, orfano, senza istruzione universitaria e con lo spettro della povertà dietro l'angolo. »

« In cosa consisteva questo lavoro? » andò dritta la punto Faith.

« Faith... »

« Dimmelo! »

« Faith, quando ti ho vista, quando ti ho conosciuta, quando per la prima volta le nostre labbra si sono toccate, è stato in quel istante che ho capito che tutti i soldi del mondo non valevano... te! »

Faith lentamente si alzò dal suo posto. Maya superò il bancone pronta ad avvicinarsi. Mancava solo la confessione.

« Cosa vorresti dire? » chiese Faith temendo la probabile risposta.

« La madre di Cameron non ha mai approvato la vostra storia... »

« Cosa vorresti dire? » ripeté scandendo le parole.

« Faith... il mio compito era farti innamorare! »

© G.

Angolo dell'autore:
Lasciate anche solo una stella per coronare i miei sforzi o, se vi va, commentate consigliandomi costruttivamente come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!

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