Welcome to my life, Simple Plan

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TEA PARADISO
La sveglia suonò alle sei, il tempo di rileggere gli schemi e affrontare l'interrogazione cercando di tenere gli occhi aperti. Avere interrogazione di storia dell'arte la seconda settimana di scuola era illegale.
Più addormentata che sveglia mi vestii con le prime cose che mi capitarono sotto mano, cercando di non sembrare un clown di seconda mano, ma a parte quattro cazzi in quella scuola, di pene non se ne vedeva, quindi perchè crucciarsi troppo? I bei tempi in cui i più grandi sfilavano tra i corridoi tirati a puntino conquistando le più piccole erano finiti. I più grandi eravamo noi, 90% vagina 10% testosterone nerd.
Corsi per tutta la casa a cercare le cuffiette, fedeli compagne nel tragitto verso scuola, e quando mi accorsi che mi mancava anche il badge ripresi quella corsa scomposta, per non arrivare in ritardo. Quasi cinque anni di scuola e mai un ritardo. L'unico traguardo ( quasi ) raggiunto nella mia vita.

"Voglio andare a casa, Marianna", "Che ore sono?", "Non ci capisco niente" erano le mie frasi preferite e la povera Marianna mi dava sempre corda cercando di seguire le lezioni.
A me piaceva Marianna, era dolce, educata e probabilmente la persona più disponibile che conoscessi, ma avrei preferito stare in banco con Giacomo, quello stronzo del mio migliore amico.
Da quando si era fidanzato poi esistevo circa una volta al mese, e mai di sabato sera, per carità. Che amico del cazzo, ero io quella che c'era da otto anni ormai, invece ora non si parlava mai di me, se non per convincere chiunque ci fosse vicino a non darmi dell'erba. Che poi tirava avanti questa solfa un po' troppo, l'avevo presa male solo una volta. Era stata sfortuna che mi avesse visto così proprio quella volta, non fumavo mica tanto, esagerato.

"Betta non mi fermo, le ho finite. Ci vediamo domani" dissi alla ragazza con cui mi fermavo quotidianamente a fumare una cicca alla fine delle lezioni.
"Dai stronza, te la offro, domani però me la offri tu!" disse sorridendomi sorniona passandomi l'accendino.
I miei giorni preferiti però erano quelli in cui non mi fermavo con Elisabetta fuori da scuola, ma andavo fuori dal liceo scientifico ad aspettare Eda per tornare con lei. Se poi mettevamo in conto che nella sua classe c'era un ragazzo sul quale facevo certi sogni, non tutti casti e puri, quelli erano davvero dei giorni fantastici.
"Tea, ecco la cartolina, Sydney va bene,no?" disse proprio quel ragazzo facendomi staccare gli occhi dal cellulare
"Ehi, Jack, certo grazie mille, un angelo!" presi la cartolina che mi stava porgendo e gli sorrisi timidamente
"Bene, possiamo andare" disse Eda arrivando come sempre in sella alla sua bici
"Non ho neanche visto Ale! Va be, ciao Giacomo!" dissi mentre seguivo la mia amica. Lui alzò la mano e la sventolò guardandoci. A Eda non avevo detto nulla, avevo paura della sua reazione, e poi non sapevo se mi interessasse veramente come ragazzo.
La strada del ritorno era sempre più lenta di quella dell'andata. Chiacchieravamo e guardavamo il solito paesaggio scorgendo sempre qualcosa di nuovo. Per fortuna che stavamo nella parte di Firenze più snobbata dai turisti.
"Divertiti ad allenamento!" urlai proseguendo mentre lei svoltava nella sua via
"Ciao simpatia"
Io ad allenamento mi sarei divertita, sempre. Ma mancava ancora un mese perché potessi riprendermi dall'operazione. Non poter giocare a pallavolo mi faceva soffrire come un quattro in matematica, anzi, di più, nettamente di più.

Il clima in casa da un po' non era dei migliori, i miei genitori sempre pronti a urlarsi contro, a volte avevo paura che divorziassero. A volte speravo che lo facessero, forse sarebbero stati più felici.
Mio fratello era in camera sua, come sempre e se io fossi entrata nella mia la forza del letto mi avrebbe attratta per non lasciarmi andare più. Perciò dopo aver pranzato recuperai alcuni libri, accantonai l'idea di attaccare le fotografie al muro anche per quel giorno e mi diressi verso casa di mia nonna per studiare in terrazza, circondata dalle piante e dal sole troppo poco caldo per essere metà settembre.
Stavo chiudendo il cancello quando sentì qualcuno urlare "Non chiudere" e dei passi svelti dietro di me mentre mi giravo. Era un ragazzo alto una decina di centimetri più di me, con i capelli castani, gli occhi azzurri e il naso sproporzionato rispetto al resto della faccia. Io lo conoscevo quel ragazzo. Era Federico Chiesa senza ombra di dubbio, uno dei giovani talenti della Nazionale U21 e giocatore della Fiorentina. Due piedi fantastici.
"Non è possibile" sussurrai a voce troppo alta
"Cosa? Scusa non credevo di averti infastidito" rispose lui attaccandosi al cancello pronto a uscire
"Ma sei scemo? Sei Federico Chiesa, dimmi che non è un sogno"
"Allora anche le ragazze seguono il calcio" disse ridendo
"Ehi maschilista! Ti sorprenderà ma so anche cos'è il fuorigioco" controbattei orgogliosa
"Sposami allora" rise forte piegando la testa all'indietro
"Posso chiederti un autografo? Una foto, qualsiasi cosa, oh mio Dio non ci credo ancora" dissi teatrale portami una mano alla tempia
"Faccio tardi per gli allenamenti ma se mi dici il tuo cognome ti lascio un autografo quando ritorno dai miei nonni" sorride dolcemente guardando l'orologio.
Così gli dissi il cognome e gli pregai di non dimenticarselo, poi, una volta arrivata in casa di mia nonna mi inginocchiai e pregai anche Dio di non farglielo dimenticare. Per una volta che incontravo uno dei miei giocatori preferiti e non gli ero sembrata pazza.
Concentrarsi sui libri era inutile, Alberto, il ragazzo che mi dava ripetizioni di matematica, si sarebbe incazzato da morire e la verifica sarebbe andata più che malissimo, ma io avevo incontrato Chiesa, e probabilmente me l'ero anche fatta scappare.
"Nonna" dissi mentre la vidi arrivare ad innaffiare i fiori "Conosci mica quei signori che hanno il nipote che è un calciatore?"
"Tea tesoro ma li conosci anche tu, e pure il nipote. Giocavate insieme con Pepe in giardino quando eravate piccoli, poi i suoi genitori e i nonni hanno litigato così negli ultimi anni non è mai venuto qui. È da qualche giorno che lo vedo giocare in giardino, probabilmente si sono riappacificati, sai Tea?"
"Oh, speriamo bene, grazie nonna. Potresti trovare un autografo nella cassetta delle lettere, dammi un colpo di telefono se lo trovi, qualsiasi ora sia, anche le tre di notte, aspetto una chiamata!" urlai mentre mi chiudevo il portone alle spalle e raggiungevo il mio amato vecchio scooter.

90° minuto || Federico Chiesa Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora