Tourist, Witt Lowry

15.7K 548 9
                                    

TEA PARADISO
"Com'è andata?" la voce di Eda mi richiamò alla realtà, stavo seguendo un pensiero stupido, tipo perché ad Alessandro non avevo risposto epicamente quando mi aveva insultata due anni fa
"A me piacerebbe" risposi solamente
"Oh, capito tutto! Ora sputo il rospo"
"Non è andata troppo bene in realtà, cioè lui mi piace ma forse apparteniamo a due mondi troppo diversi, forse sono io che non sono abbastanza, non lo so, qualcosa mi blocca"
"Se non ti trovi bene non deve essere per forza colpa tua, rimarrete amici"
"Ti ricordi quel 25 Aprile che abbiamo fatto al Sant'Agostino? Non abbiamo fatto un cazzo eppure stavamo così bene. Quei momenti non torneranno più"
"Si ma cosa c'entra?" Eda si mise seduta e posò i suoi occhi su di me, Io continuai a guardare il cielo distesa nel prato
"Nulla, mi era venuto in mente"
"Se i tuoi discorsi avessero un filo logico ogni tanto..." rise e si alzò "devo andare ad allenamento ora, mi accompagni?" Annuii, sarei rimasta a parlare con l'allenatore e le altre per un po', fino a quando stare la e non giocare sarebbe stato troppo difficile
"Ti ricordi del calciatore che ho conosciuto? Quello di cui ti continuavo a parlare?"
"Come potrei non farlo? Non hai parlato di altro per due giorni e mi hai stressato per l'autografo per una settimana" il tono era annoiato ma sapevo che mi avrebbe ascoltata sempre, anche se avessi parlato sempre e solo del buco nel muro della mia classe
"Dopodomani esco con il suo migliore amico"
"Credevo che ti piacesse il calciatore non il suo migliore amico. E poi dovresti studiare, chi ha la maturità? Ahia!"
"Il pugno te lo sei meritata, Chi sei? Mia mamma? A proposito le ho detto che sono da te a studiare"
"Almeno questa volta non menti per andare a fare qualche brutta cosa con quel bifolco.." mi interruppe ricordandosi tutte le volte in cui avevo mentito a mia madre dicendole che andavo a studiare da Eda quando invece ero con un ragazzo
"Ad ogni modo, Federico sì mi piace, ma come gioca e beh si anche quello che dice, mi fa sempre ridere e ascolta tutto quello che dico, però io sono io, lui è lui e..."
"Ha una"
"Esatto, meglio che non mi ci affezioni minimamente"
"Stasera al Firenze?" chiese alzandosi e raggiungendo la bici
"Si" risposi con tono piatto, inanimata. C'erano un sacco di cose che avrei voluto dirle, come me la passavo male con i miei, che non riuscivo a smettere di fumare, che studiavo di notte e non dormivo quasi mai. Volevo dirle che mi sentivo diversa da tutti, che avevo dei pensieri solo miei, che mi mancava qualcuno che mi volesse bene, veramente. Eda mi voleva bene si, ma lei aveva anche Giulio a cui pensare.
Quindi non le dissi niente, mi lasciò con i miei pensieri e la solitudine che rosicava dall'interno.

"Per fortuna sei tu" una voce allegra mi fece sobbalzare e quasi persi la presa sulla macchina fotografica
"Cazzo Federico! Ma bussare?"
"Perché dovrei bussare, sei sul terrazzo del tetto, quindi è di tutti e io non ho bisogno di bussare, per giunta quella porta fa più casino di me" cercava di giustificarsi trattenendo le risate "avresti dovuto vedere quanto hai saltato Tea!"
"Stronzo" dissi tirandogli un pugno sull'avambraccio
"Non hai ancora imparato che ti fai male solo tu quando mi picchi" mi disse scompigliandomi i capelli
"Ehi, lasciami stare, sono arrabbiata, poteva rompersi" sbraitai indicando la macchina
"Te l'avrei ricomprata" disse abbozzando un sorriso
"È diverso, i miei amici e i miei genitori si sono impegnati tanto per regalarmela, non è che arriva il calciatore di turno con i soldi che gli escono dal culo e compra una macchinetta fotografica" sentivo gli occhi in fiamme, non guadagnavamo tutti quello che guadagnava lui, anzi nessuno dei miei o dei suoi amici guadagnava quello che guadagnava lui, c'erano sacrifici da fare ma lui non ne aveva idea
"Tea..." iniziò
"No Federico, tu sei fortunato ma noi le cose ce le sudiamo, non abbiamo nessun talento quindi lavoriamo"
Vidi i suoi occhi passare dal triste al furioso mentre iniziava a parlare "Stai dicendo che io non lavoro? Tea, davvero? Sì, ho la possibilità di fare quello che amo e guadagnare facendolo ma ho dovuto rinunciare a tanto anche io. Alla scuola pubblica per esempio, per un po' anche alla scuola in generale. Ho rinunciato ai sabati sera spesi con gli amici, a compleanni, non ci sono stato un sacco di volte perché ero sempre a giocare. Dormo poco per studiare, passo ore in palestra a potenziarmi e passano ore a criticarmi, non è così facile come sembra" urlò quasi, gesticolando tutto il tempo. Il mio labbro aveva iniziato a tremare e non riuscivo a guardarlo in faccia, non avrei dovuto dire quelle cose, di sicuro essere un leader della Fiorentina a venti anni non ancora compiuti portava una grande quantità di pressione, e di sicuro aveva deluso molte volte i suoi amici a causa del calcio.
"Mi dispiace..." sussurrai piano, insicura succosa dire
"Siete tutti uguali..." il tono era ora sprezzante, sentii il rumore dei suoi passi e guardai verso l'alto, se ne stava andando. Feci alcuni passi verso di lui, ma mi fermai. Volevo fargli cambiare idea, fermarlo, non volevo perdere anche lui, arrivato così veloce come se ne stava andando. Ma come avrebbe reagito se l'avessi bloccato? Sentivo la testa scoppiarmi, i pensieri correvano più veloci della luce. Avevo ripreso a camminare con lo sguardo fisso al pavimento, si dovevo seguirlo e chiedergli scusa ma sbattei addosso a qualcosa.
Era lui, fermo mentre mi dava le spalle, con un piede sul gradino che portava all'entrata nell'edificio.
Senza pensarci allacciai le braccia alla sua vita e poggiai la testa contro la schiena, respirando piano come se a disturbarlo fossero i movimenti dei miei polmoni e non il fatto che praticamente, muta, lo stessi pregando di restare.
"Scusa.."
"Mi dispiace" mormorai allo stesso istante. Lo sentii rilassarsi finalmente tra le mie braccia e staccarle dal suo corpo. Forse si scusava perché voleva andarsene, gelai al pensiero, di sicuro avevo fatto la mossa sbagliata.
Lo vidi girarsi rapidamente a abbracciarmi stretto per poi lasciarmi andare. Sospirai piano al distacco e lo guardai cercando di decifrare il suo sguardo.
"Non avrei dovuto attaccarti, è che a volte è così stressante, mi capiscono solo i ragazzi in squadra"
"Tranquillo, ho sbagliato io. È che è come un figlio questa macchinetta, si sono proprio impegnati per regalarmela"
"Certo, lo capisco. Pace?" Sorrise tendendo la mano
"Pace pace, mi dispiace, pace, carote e patate" risposi stringendola.
Federico rise a quella filastrocca che chiaramente non aveva mai sentito e mi passò un braccio tra le spalle accompagnandomi giù per le scale.
"Io devo andare ad allenarmi ora, però volevo dirti che domenica giochiamo in casa e se vuoi puoi venire. Te lo regalo io il biglietto, ma se ti fa incazzare dividiamo" disse leggermente imbarazzato mentre si passava una mano tra i capelli
"Cazzo, è un mese che parliamo e non ti ho ancora fatto i complimenti. Ti giuro che ho urlato il tuo nome tutto il tempo. Veramente sei veloce ed elegante..."
"Così arrossisco Tea, ho tanto da imparare. Ti scrivo per il biglietto, okay?" sollevò la mano e la agitò in segno di saluto sorridendomi prima di scappare giù per le scale.
Togliti quel sorriso ebete dalla faccia Tea, ha già i suoi amici e la sua ragazza, non farti strane idee signorina, sai che alla fine se ne vanno sempre tutti.

90° minuto || Federico Chiesa Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora