Love you goodbye, One Direction

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TEA PARADISO
Un altro sabato era arrivato e avrei cenato con le ragazze per poi uscire con gli altri. Nonostante ci fossimo sempre tenute aggiornate con i messaggi, raccontare dal vivo era tutt'altra cosa, e scherzare con loro era tutt'altra cosa.
Federico avevo iniziato a vederlo meno da quando avevo ricominciato a giocare. Aveva ascoltato a lungo i miei discorsi su come mi sentissi e quanto mi mancasse la pallavolo dall'intervento senza mai dimostrarsi stanco o infastidito. Quell'incidente aveva cambiato completamente la mia vita, ma questo Federico non lo sapeva.
Quando entrai in palestra per la prima partita da quando avevo ricominciato ad allenarmi mi sembrava di essere tornata a casa dopo una lunga vacanza, era il mio posto felice. Mi scaldai con Eda, ci scaldavamo sempre insieme, era essenziale. Durante il saluto vidi entrare tre figure maschili e da brava ragazza con gli ormoni a mille le guardai attentamente. Non ci potevo credere. Federico, Giovanni e Gil Dias. Giovanni cercò il mio sguardo e mi salutò felice mentre si riscaldava dal freddo dell'esterno; ricambiai e riportai subito lo sguardo in mezzo allo scarso pubblico di una irrilevante partita di terza divisione senza focalizzarmi su un punto preciso quando vidi Federico alzarsi e mettersi a parlare con mio padre, magnifico, grazie Federico.
Non ebbi il coraggio di guardare verso di lui neanche per un secondo dall'inizio della partita, ogni tanto guardavo Giovanni sorridermi rassicurante, poi mi riconcentravo sulla partita. Se avessi guardo Federico non mi sarei più concentrata sulla partita. Uscita dallo spogliatoio mi portai Eda dietro per andare a salutare quei ragazzi, non perché fossi intimidita da Federico, no, come no, ma perché volevo che conoscessero una persona così importante per me e che anche Eda conoscesse loro, Gil si trovava lì un po' per caso ma era molto dolce con me.
"Qualcuno si è degnato di salutarmi" disse la mia voce preferita sorridendomi
"Ero così agitata che foste qui che ho giocato malissimo" mi lamentai andando incontro al ragazzo che aveva aperto le braccia per invitarmi a raggiungerlo; dopo averlo abbracciato mi appoggiai con la schiena al suo petto e lui lasciò che il suo mento restasse sopra la mia testa mentre mi circondava con le braccia la vita
"Era la prima partita dopo un intervento tosto, stai tranquilla piccola Paradiso" disse Giovanni facendomi sorridere
"Lei è Eda comunque, una mia cara amica" dissi ai tre ragazzi che le strinsero educatamente la mano.
Stavamo chiacchierando un po' quando sentii le labbra di Fede rilasciare respiro caldo vicino all'orecchio, buttai la testa all'indietro per permettergli più accesso e lui mi sussurò "Posso baciarti?" annuii, orami in palestra non era rimasto quasi nessuno. Mi fece voltare, misi le mie mani sul suo petto muscoloso e mi avvicinai per baciarlo, lui fece scendere le sue mani fino al mio sedere, per poi stringerlo tra le mani facendomi ansimare piano un po'.
"Prendetevi una camera voi due" esclamò Gil, una volta che si accorse che non lo stavamo più ascoltando. Fede rise e si staccò da me "Usciamo" disse cingendomi le spalle con un braccio
"Noi andiamo, bimba" disse stringendomi la mano, annuii un po' triste che se ne dovesse andare "Che c'è?" mi chiese
"Nulla, vai" risposi abbozzando un sorriso
"Tea.."
"Volevo che conoscessi i miei amici stasera.."
"Ecco, vedi, non mi sembra.."
"Già, infatti, che idea stupida" dissi sorridendogli con tutta la forza che avevo dentro "Ciao Gio" dissi dandogli due baci sulle guance "prendiamo un caffè insieme domani?"
"Volentieri, dopo la partita però"
"Ciao Gil" diedi un bacio alla sua guancia e mi allontanai sentendo il dolore pugnalarmi nel petto.
Già, presentargli i miei amici, che idea folle, neanche stessimo insieme. Stupida, stupida, Tea. La realtà è che non ti vuole nessuno, neanche Rio ti voleva. Preferiva fumarsi una canna che vederti, vero? Era stanco di te, voleva solo scoparti. Povera Tea, nessuno la vuole. Non riuscivo a fermare le voci nella testa, e neanche le lacrime che mi rigavano le guance, percorsi gli ultimi metri che dividevano casa mia dalla palestra, mio padre non sapevo dove fosse andata a finire, mia madre non c'era, i miei fratelli neppure. Ero sola, come sempre.

"Tea, passami la canna" disse il ragazzo moro con gli occhiali accanto a me
"L'ultimo,Ale" gli risposi con lo stesso tono autoritario
"È il terzo ultimo tiro, guarda che sta roba non risolve i tuoi problemi" mi rimproverò il mio amico
"Lo so benissimo, per lo meno mi aiuta a dimenticarli"
"Dovresti risolverli,Dodo"
"Non iniziare con i nomignoli Alessandro..." gli sibilai
"Vorremmo fumare anche noi quando finite di bisbigliare" ci richiamò alla realtà Giulio, il ragazzo di Eda.
Grugnii e passai lo spinello ad Alessandro che mi sorrise mimandomi con le labbra il soprannome che usava lui soltanto.
Alessandro studiava poco e male, la sua testa concentrata nel basket, la domenica precedente aveva fatto il suo esordio in serie B. Aveva degli occhiali neri come i suoi capelli e un fisico da paura,timido solo se voleva, e con un cuore tanto grande. Scollai la testa e mi focalizzai su altro mentre aspettavo che Eda finisse di aspirare. Quando finii lei e Giulio tornarono dentro dagli altri.
"Spara" esclamò Alessandro subito dopo "Non guardarmi così, quando fumi troppo c'è qualcosa che non va"
"Cosa c'è che va?" risi ironica "L'ho invitato qui stasera, ha detto che non era il caso di conoscere i miei amici"
"Tea, da quanto va avanti questa storia?"
"Boh, due mesi e mezzo penso"
"Ecco,vedi,non so come esprimermi...io la chiuderei"
"Non c'è nulla da chiudere" dissi distogliendo lo sguardo dai suoi occhi
"Basta amicizia" disse lui categorico "lo dico per te, mi raccomando"
"Sai cosa, Ale? Penso che farò così. Andiamo dentro che sto gelando".

La sveglia domenica mattina per studiare era la prova dell'esistenza di Satana.
La spensi e sbloccai il telefono, non ancora pronta ad alzarmi dal letto, fuori il mondo era troppo freddo.
Scrollai Instagram senza aspettarmi che fosse successo qualcosa rispetto alle due, ultima volta in cui l'avevo controllato prima di addormentarmi. E poi erano le nove, nessuno si svegliava così presto, o almeno speravo.
Invece qualcosa di interessante c'era. La storia di Gil Dias. Era con alcuni ragazzi, tra cui Federico, in discoteca. Quest'ultimo avvinghiato a una ragazza. Risi, sola nella stanza con la sola luce del telefono. Ecco spiegato tutto. D'altronde me lo sarei dovuto aspettare, ogni cosa che toccavo moriva, e chi più di Rio poteva confermarlo? Stupida, dalla nascita alla morte, senza mai mettere la testa a posto. In quanti pezzi ancora si potrà spezzare il mio cuore prima che smetta di battere?

90° minuto || Federico Chiesa Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora