Drunk, Ed Sheeran

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FEDERICO CHIESA
"Con quello..." rimuginai calciando in porta, palo
"Proprio con quello..." ripetei e ricalciai, palo di nuovo "Oh, fanculo" feci per allontanarmi a andai a sbattere contro qualcuno
"Quindi con quello" disse scherzando il ragazzo a cui ero andato addosso
"Cosa vuoi Giovanni? Scommetto che tu sai tutto, siete così grandi amici"
"So qualcosa, ma solo qualcosa. Perché stai così senza fare nulla? Vai da lei, cioè non ora che c'è l'allenamento, però dopo, anche se in realtà ci saresti già dovuto andare..."
"Non sono geloso" gli dissi senza che neanche mi accusasse di esserlo
"Come no, dai smettila , si vede da lontano come vi guardate..."
"Come mi guarda?" chiesi speranzoso
"Sei una testa dura oh Fede, nel modo in cui la guardi tu, ora ti concentri e ti alleni eh? È da un po' che fai schifo"
disse il mio amico; sulla prima parte del discorso avevo dei dubbi, invece sull'ultima ero sicuro che avesse ragione, non riuscivo più a tenere la palla fra i piedi e non sapevo cosa fare. Forse avrei dovuto allenarmi di più, basta pensare a Tea.

"Il tuo ragazzo non è venuto ad allenamento oggi, sta male" le dissi in tono scortese appena la riconobbi fuori dall'Artemio Franchi
"Non è il mio ragazzo" assottigliò gli occhi e si morse il labbro come faceva sempre quando era arrabbiata, le mani strette in pugni e i piedi puntati per terra
"Ah no, allora stai con Giovanni?" la provocai, vederla era gioia e allo stesso tempo dolore, certo che volevo vederla ma non volevo vederla essere qui per qualcuno che non fossi io
"Non hai ancora capito che siamo amici?! Hai finito di farmi fidanzare con tutta la Fiorentina?" anche lei stava facendo dei passi verso di me ora, il borsone per il suo allenamento lasciato vicino al motorino
"Perché sei qui allora, Dorotea?" non l'avevo mai chiamata così, anche se non mi piaceva troppo quel nome per me restava sempre bella uguale, la mia Tea. Ormai eravamo vicinissimi, la mia faccia piegata verso il basso e la sua verso l'alto, a sentire il suo nome gli occhi le si fecero più scuri riempendosi ancor più di rabbia, credevo che mi avrebbe tirato uno schiaffo, invece si alzò sulle punte e mi baciò, piano, appoggiando solo le labbra, la sua mano sinistra si fermò sulla mia guancia e mi strinse a se. La circondai con le mie braccia per sentirla più vicina, ma lei si staccò
"Scusa" mormorò
"Va tutto bene" non capivo perché si scusasse, tanto meno dopo avermi baciato
"Non è che posso risolvere i problemi baciandoti Federico" rispose mentre con il pollice le asciugavo una lacrima che le rigava la guancia destra "Parto" aggiunse guardandomi, e i suoi occhi, i suoi occhi erano così verdi in contrasto con la pupilla arrossata, tanto belli quanto tristi
"Dove vai?" le chiesi
"A Copenaghen, da Massi. A casa le cose non vanno bene, io lo so sai? I miei non credono che io capisca cosa stia succedendo ma a volte fa così male che non riesco neanche a stare dentro quelle mura" si sforzava di sorridere "Starò via cinque giorni, forse un po' di più, ma non posso trovarmi indietro con la scuola" già lo sapevo che per vedermi studiava la notte, per continuare a giocare a pallavolo studiava la notte, per trovare la concentrazione studiava la notte, le occhiaie ormai erano solcate sotto i suoi occhi
"Vieni a stare da me no?"
"Non ce la faremmo mai, a viverci così tanto"
"Tea, cosa stai dicendo?" parlava una lingua che non capivo, non la seguivo più
"Ci conosciamo da quanto? Quattro mesi? E in questo tempo quanto ci siamo rincorsi Fede? Con tutti i passi falsi e i pensieri che ci teniamo per noi, non mi piace quello che siamo"
"Non siamo niente" le dissi pensando di aiutarla, povero stupido, le parole sbagliate nel momento meno opportuno. Ma lei sorrise, un sorriso che non arrivò mai agli occhi "Già, per questo non andrebbe bene stare da te, ci sentiamo Chiesa" disse allontanandosi verso un bar lì vicino, senza neanche darmi il tempo di replicare.

"Ragazzi, voi vi unite a noi per la cena?" chiese mia madre a me e Gianmarco che stavamo scendendo le scale in quel momento
"Andate da Seba?" le rispose Gianmarco come se non sapesse già la risposta
"E dove se no, tesoro" gli disse sua madre con ovvietà
"Fede..." iniziò Gianmarco, sapevo che quel cibo l'avrebbe corrotto, avrebbe corrotto anche me in condizioni normali ma dopo quella chiacchierata con Tea non riuscivo neanche a vedere qualcosa da mangiare
"Fede, ti prego, è un rito, saltare è come morire..." continuò implorandomi
"Fai sempre i salti di gioia quando andiamo" disse mio padre
"Dai, andiamo" dissero in coro i miei fratelli unendosi alla faccia triste di Giammy
"Family first, no?" disse il mio migliore amico sorridendomi e ricordandomi il mio motto
"Ah, veniamo anche noi" risposi rassegnato, ma con un sorriso sul volto, chissà se ci avrei mai portato Tea in quel posto, il mio posto... ma cosa stai dicendo Federico, ripigliati!
"Federico, vorrei parlarti" disse mio padre il giorno dopo terminato l'allenamento "Da un po' sei calato in prestazione figlio mio,  non puoi permettertelo. Pioli mi ha detto che c'è questa ragazza..."
"Non è la mia ragazza! È un'amica mia come di Giovanni, non ho mai saltato un allenamento comunque"
"Puoi fare tutti gli allenamenti che vuoi ma se non sei concentrato valgono zero, e tu non sei concentrato"
"Non ti preoccupare pa', il mio problema sta volando via" dissi e me ne andia in macchina.
dovevo tenermi occupato e non pensarla.
Là, in Danimarca con tutti gli amici del fratello, alla fine aveva baciato me mentre stava con Gianmarco...

90° minuto || Federico Chiesa Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora