L'amore ha il tuo nome. Capitolo 72

635 33 11
                                    


Alex.

Il coreano, affiancato dal suo team di avvocati, finalmente sta firmando i documenti per la vendita della sua azienda. Il piccoletto lo sta facendo con l'amaro in bocca, perché grazie a Dalila che dando un'ultima occhiata alle loro scartoffie si è accorta di un cavillo che non era concordato nelle riunioni precedenti e che quindi andava a nostro sfavore e per questo ha preteso che venisse modificato. In verità me ne sono accorto anch'io di questa cosa ma mentre cerco di controllare la rabbia che mi è salita all'inverosimile per aver cercato di ingannare me e l'azienda della mia famiglia lei mi ha preceduto nel farglielo notare. Il mio cervello però è andato in tilt quando grazie al mio udito da Vampiro ho sentito alcuni membri del gruppo dire delle offese e degli apprezzamenti pesanti e volgari rivolti a Dalila. La vicinanza della mia iceberg mi da quel briciolo di controllo che mi trattiene dal fare una strage e per questo non mi muovo e resto in piedi nella stanza alle sue spalle senza muovere nemmeno un muscolo, solo gli occhi balzano sulle loro facce, se solo uno di loro ha la sfacciataggine di mostrare con lo sguardo un altro apprezzamento sulla mia donna, giuro che attaccherò alle pareti ciò che rimarrà del suo corpo. I coreani si alzano, raccolgono tutti i documenti firmati e si avviano alla porta accompagnati da Dalila. Finalmente l'acquisizione è conclusa, ma gli insulti rivolti a lei, che ignara li saluta con educazione e cortesia, riprendono. Mi poggio al tavolo e incrocio le braccia sul petto imponendomi: Alex non li uccidere davanti a lei se ne stanno andando! Purtroppo l'istinto di acciuffarli e fare di loro un'unica polpetta di carne umana è troppo forte.

Dalila.

Chiudo la porta, mi giro e vedo lui con un profondo solco tra le sopracciglia, segno che è molto arrabbiato. Ha lo sguardo fisso su di me, i muscoli delle braccia conserte sembrano voler fare esplodere la giacca e la linea delle labbra è atteggiata ad un ghigno cattivo. Porca miseria quell'atteggiamento incute davvero timore! Da quando lavoro per lui, molte volte l'ho visto arrabbiato con altri quando le cose non erano fatte bene, ma mai in questo stato. Sembra proprio che il tentativo dei coreani di silurarlo gli abbia rovinato la giornata. Mi avvicino al tavolo, prendo i contratti e li metto nella borsa dicendogli <<signor Bilmar è ora di pranzo, preferisce scendere in sala ristorante o mangiare in camera>> improvvisamente si riscuote dall'immobilità, mi afferra per i fianchi e mi attira a se cingendomi con le braccia, poi affonda il volto nel mio collo dicendomi <<parlami. Distraimi prima che cedo alla voglia di ucciderli>>. Capisco che a nessuno piaccia essere ingannati e la rabbia è giustificata ma addirittura aver voglia di uccidere mi sembra esagerato! Come trovo pure esagerato questo atteggiamento confidenziale durante le ore di lavoro e quest'abbraccio che mi sembra alquanto possessivo. Scuoto leggermente la testa e con pazienza gli dico <<la lasci andare la rabbia, ormai è fatta, l'azienda di telefonia è sua>> <<non ci riesco. Tu non immagini cosa pensavano di te>> <<perché lei lo sa? Riesce a leggere nel pensiero?>> <<No, ma ci sento bene e credimi i loro apprezzamenti erano piuttosto offensivi>> <<davvero! Io non me ne sono accorta e potrei sapere quello che hanno detto?>>. Lui accosta la guancia alla mia e parlandomi all'orecchio <<insulti alla tua intelligenza e uno di loro oscenità sul tuo culetto e di questo non chiedermi altro perché se ci penso ancora corro fuori e li uccido davvero. Adesso toglimi questo veleno dal cervello, parlami. Dimmi qualsiasi altra cosa, anche una barzelletta se ti va e per favore chiamami Alex>>. Sento il volto in fiamme per la rabbia, non ho mai sopportato gli insulti e le prepotenze se avessi sentito solo una di quelle cose gli avrei fatto vedere io a quei nanetti. <<Dalila, avverto la tua rabbia e questa sta scatenando la mia>>.

Alex.

Le afferro la mano dicendole, con la furia che mi attanaglia, <<ho bisogno di uscire da qui. Ho bisogno di camminare>> le dico trascinandola fuori mentre lei mi guarda con aria sconcertata. Prendiamo l'ascensore, ci sono altri clienti dell'hotel e lei tende di sfilare la mano dalla mia ma io la stringo di più, è ora che tutto il modo veda che stiamo insieme, che lei è mia. Attraversiamo la hall e quando usciamo in strada, riempio i polmoni di aria fresca, stringo ancora di più la sua mano e prendo la direzione sulla destra. Passiamo sul Ponte dei Sospiri districandomi tra i turisti che l'affollano, continuo ad avanzare a passo svelto lanciando ogni tanto uno sguardo verso di lei. Si guarda intorno come se non volesse perdersi nessun particolare di Venezia, ma l'agitazione che vedo nei suoi occhi mi fa pensare più che sia in imbarazzo ad essere in giro con il suo capo e che gli altri possano pensare che tra noi ci sia qualcosa di più di un semplice rapporto di lavoro. Arriviamo a Piazza San Marco e ci fermiamo davanti alla Basilica, lei la fissa con ammirazione fregandosene per un momento della folla che ci circonda e dei piccioni fastidiosi che volano ad altezza uomo in cerca di cibo. <<Ti va di vederla>> le chiedo. Lei annuisce, probabilmente per sentirsi più riparata dagli sguardi che ci rivolgono. Mi piacerebbe farle capire che gli occhi degli umani che abbiamo puntati addosso non sono rivolti a noi come coppia ma a ciò che sono, al fascino che emana il Vampiro ma questo non è il momento. Pago i biglietti d'ingresso e la porto all'entrata per il campanile. Ci mettiamo in fila e quando arriviamo alla scala lei la guarda quasi con terrore e mentre cerco di capirne il motivo lei si piega e fa per togliersi le scarpe. Comprendendo che i tacchi a spillo non sono comodi per salire questi scalini alti di pietra, senza chiederglielo, perché altrimenti si opporrebbe con tutte le sue forze, mi piego un po' e con una mossa veloce la carico sulla mia schiena e inizio a salire. <<Mettimi giù>> mi sussurra indignata <<non se ne parla>> le dico continuando a salire <<ma ci stanno guardando tutti>> si lamenta, ma nel tono percepisco che trova la situazione divertente. Giro il volto verso di lei e iniziando a divertirmi anch'io le dico <<chi se ne frega dei loro sguardi. Sai che ti dico, poiché ti sto portando su e tu sembri un koala appiccicata a un albero, sicuramente le donne stanno pensando con invidia: che culo che ha quella ragazza>>. Lei affonda il volto nel mio collo e ride. Arriviamo in cima, mi piego, le faccio poggiare i piedi a terra, poi mi sollevo e mi giro verso di lei. Ha lo sguardo incantato ammira il panorama che da qua su è spettacolare, io invece ho gli occhi fissi su di lei, non ho bisogno di ammirare Venezia perché conosco questa città da cima a fondo. Prendo il suo braccio lo alzo e con suo stupore le metto al polso un bracciale d'oro con una gondola di diamanti in ricordo di questo viaggio insieme poi la cingo in vita e accostando le labbra al suo orecchio le sussurro <<buon venticinquesimo compleanno>>. Guardandomi con occhi spalancati mi chiede <<come fai a saperlo?>> <<C'è scritta la data di nascita sui tuoi documenti d'assunzione ed io non dimentico nulla di ciò che m'interessa>>. Ha un momento di sbalordimento poi fa per togliersi il bracciale dicendomi <<non dovevi è troppo, non posso accettarlo. Tu sei il mio capo>>. La azzittisco poggiandole un dito sulle labbra e traendola al mio petto <<ora le cose sono diverse ma non mi sembra il caso di parlarne qui, va bene?>> annuisce e poi mi regala un sorriso stupendo che illumina questa giornata grigia. Appena il cameriere si allontana con i nostri piatti vuoti lei mi dice <<non osare farmi portare una torta con le candeline altrimenti ti ammazzo>> <<questo è un tuo modo simpatico per dirmi che ti aspetti una sorpresa?>> la derido. <<Smettila! Guarda che non scherzo>> e la sua faccia esprime tutta la sua convinzione quasi come se avesse un'avversione alle torte di compleanno. Trattengo una grossa risata e alzando le mani in segno di resa le dico <<ok! Niente torta con candeline>> pago il conto mentre lei ritorna rilassata. L'aiuto a infilare il cappotto e ritorniamo in strada. Una pioggia fitta inizia a venire giù, ma nemmeno il tempo di fare pochi passi che dal cielo viene giù una bomba d'acqua. Ci ripariamo sotto un portico come fanno anche molti turisti, ma ormai siamo inzuppati e per questo me la tengo accoccola contro di me cercando di riscaldarla. Rifletto sul fatto che se restiamo bagnati e al freddo lei potrebbe ammalarsi gravemente e la colpa sarebbe solo mia. Sicuramente posso guarirla ma per arrivare a questa soluzione senza inganno devo prima affrontare un certo discorso e tanto vale approfittare della situazione e arrivare allo scopo di questo viaggio. La trascino dentro un vicolo isolato e lontano dagli sguardi degli umani le dico <<ti porto in hotel. Trattieni il respiro>> lei lo fa, gli copro gli occhi con una mano ed uso uno dei miei poteri. In camera, cautamente ritiro la mano dai suoi occhi, lei riprende a respirare senza avere nessuna reazione nemmeno isterica e questo per me è sconcertante ma notando che le battono i denti per il freddo la trascino verso il mio bagno dicendole <<nel tuo c'è la vasca ci metteresti troppo per riempirla meglio fare la doccia>>. Mi tolgo la giacca poi apro il miscelatore. Lei è al centro della stanza immobile, tremante e con lo sguardo fisso nel vuoto, praticamente sotto shock. Decido di aiutarla per darle anche il tempo di metabolizzare l'accaduto. Mi inginocchio, le sfilo le scarpe, poi le sbottono il pantalone e glielo tiro giù. Le tocco le gambe, sono gelate, preoccupato le dico <<su, vai sotto l'acqua>> ma lei non si muove. Maledicendomi per averla impaurita, la stringo a me e la porto sotto al getto d'acqua calda. Per darle più calore le strappo la camicia, la biancheria intima e poi velocemente mi spoglio. La riprendo tra le braccia, le sfilo le forcine dai capelli e lo chignon si scioglie lasciando liberi i capelli lungo la sua schiena <<rilassati>> le dico sperando di tranquillizzarla. Lei solleva il volto verso il mio e sbatte le palpebre, primo segno che lo shock le sta passando. Con le dita disegno i contorni del suo volto ma lei sbarra gli occhi e si scioglie dal mio abbraccio, cerco ancora di tranquillizzarla <<va tutto bene Dalila>>. Lei indietreggia mettendo distanza tra noi ed io capisco dalla sua postura rigida che tra poco si scatenerà qualcosa che andrà oltre l'isterismo. Esco dalla doccia per lasciarle del tempo da sola e velocemente mi vesto rassicurando me stesso: urlerà, piangerà, tenterà di scappare ma poi andrà tutto bene Alex. Sento la porta del bagno aprirsi, mi giro e la vedo avvolta nel mio accappatoio bianco decisamente troppo grande per lei. Mi guarda basita nel notarmi già vestito perché i calcoli del tempo non le tornano, poi si dirige verso il sofà e si siede davanti al fuoco dandomi le spalle. La raggiungo e mi accomodo accanto a lei facendo attenzione a non sfiorarla e lei con lo sguardo fisso sul fuoco mi dice con finta tranquillità <<eravamo in quel vicolo, come abbiamo fatto ad arrivare qui senza muoverci>> <<con il teletrasporto. Io ho dei poteri>> rispondo con tono calmo, ma dentro di me l'agitazione si sta trasformando in tempesta. Credevo fosse facile confessare la verità alla propria donna, invece non lo è per nulla! Lei gira il capo verso di me dicendomi <<i supereroi non esistono>> <<hai ragione ma io esisto e da molto tempo. Discendo da una stirpe antica e credo di averti già detto sull'aereo chi sono>>. Deglutisce e sbarrando di più gli occhi esclama <<sei un Vampiro>> <<sì>> affermo attendendo le urla di terrore e la fuga. Passa più di un minuto e lei resta rigida e ferma al suo posto con gli occhi fissi su di me con il petto che si solleva a ritmo veloce. La supplico mentalmente: avanti iceberg non chiuderti nel mutismo, strepita, urlami contro di terrore come farebbe qualsiasi essere umano alla presenza di un essere come me. <<Tu non mi fai paura>> mi dice, ma credo che voglia convincere più se stessa che me poiché il suo cuore sembra un cannone in guerra. Mi copro le orecchie con le mani per non sentire il suono che nasce dal suo petto perché mi fa male ma è inutile quel frastuono mi rimbomba nel cervello. <<Non innervosirti. Ho detto che non ho paura>> afferma decisa. Non le credo, io diffido della sua sincerità e fa ancora più male a tal punto che il Vampiro emerge e protegge l'organo vitale, sigilla il cuore in una gabbia. I colori, i sentimenti, tutto svanito c'è solo l'odore della preda e mi giro di scatto, le afferro le caviglie, la tiro e la blocco sotto di me con il mio corpo e lei invece di urlare e dimenarsi mi infila le mani nei capelli, poi poggia le labbra sulle mie. Il suo bacio è caldo, intenso, passionale e mi travolge. Il mio corpo risponde immediato e vuole di più come pure il Vampiro. La gola mi arde dalla sete del suo sangue, i canini fremono dalla voglia di affondare nella sua pelle e le vene mi pulsano per essere nutrite: prendila! Senti il suo sapore, saziati mi sussurra il Vampiro. Però, baci e carezze prima di uccidere non è nel mio stile. Io posseggo il corpo nell'indecenza assoluta, martirizzo la carne ed infine mi approprio della vita altrui, solo così mi soddisfo e balzo via dalla preda. Mi strappo la camicia per sentire il suo sangue scorrermi sulla carne e le sibilo contro vedendola sollevarsi dal divano mentre mi dice <<io non ho paura di te>>. La sua sfacciataggine non fa altro che istigarmi di più alla bruttura e la gabbia mi opprime, mi gonfia il petto. Lei indietreggia fino alla scrivania senza staccare gli occhi dal suo carnefice e la tasta finché non afferra un taglia carte. Sorrido: piccola umana insulsa credi davvero di poterti difendere con un aggeggio simile o di averne la possibilità! L'insulsa muove il tagliacarte stretto in pugno alzandolo verso l'alto ed io penso: avanti scagliati su di me così mi diverto di più! <<Maledizione, che dolore!>> esclama lasciando cadere l'arma. L'aroma di agrumi e cannella è intenso pervade la stanza e le mie narici, lo sguardo mi cade sul suo braccio sinistro dove da un lungo taglio gocciola il sangue e il Vampiro deglutisce pregustandolo. Balzo su di lei, le strappo l'accappatoio e la schiaccio al muro tenendole le braccia bloccate sulla testa. <<Ho detto che non ho paura di te>> continua a ripetermi con totale determinazione mentre il mio petto martella e poi mi assorda con un'esplosione. Sento la gabbia cadere in frantumi, il mio cuore battere all'impazzata come il suo e il Vampiro resta basito. Gli occhi suoi sono pieni di lacrime trattenute con orgoglio e la tenerezza mi pervade, mi scuote le membra fino a schiarirmi il cervello e tormentato nel vedere l'altra parte di me, la mia donna soffrire, le dico rimproverandola <<perché l'hai fatto>>. Lei tace a lungo senza mai distogliere lo sguardo dal mio e nei suoi occhi leggo la fiducia e l'amore folle che l'ha spinta a ferirsi e ne resto affascinato, incantato finché non mi distoglie lei dicendomi <<sto perdendo troppo sangue, ho bisogno di essere medicata>>. I miei sentimenti sono tornati, ma il desiderio del suo sangue non è scemato e ne soffro e mi ricordo che mio padre mi aveva avvisato che sarebbe accaduto consigliandomi: <<in quel momento fai appello a tutto l'amore che hai per lei>>. Ed è proprio a quello che mi aggrappo ritraendo i canini e ritornando con il volto umano, ma il pensiero che per colpa mia lei possa avere per sempre una cicatrice sul corpo mi affligge e stendendole il braccio ferito le dico <<non ti farò del male>> <<lo so>> esclama con il respiro accelerato per l'incognita di quella che sarà la mia prossima mossa. Mi avvicino con le labbra al suo braccio poi passo la lingua lungo la ferita che guarisce all'istante grazie alla mia saliva. Lei spalanca gli occhi meravigliata di questo artificio mentre a me sfugge un gemito di sofferenza per trattenere il desiderio amplificato del suo sangue. Poggio la fronte sulla sua stringendo i denti e lei <<stai bene?>> mi domanda con un filo di voce. Scuoto la testa e con sincerità le dico <<no! La sete è aumentata>> <<allora bevimi. Prendi quello che ti serve>> mi propone stringendomi di più a se. Frastornato dalla sofferenza le dico <<stai giocando con la morte Dalila>> <<tu non mi ucciderai>> <<fossi in te non ne sarei cosi certo>> <<e invece lo sono perché non è la prima volta che hai a che fare con il mio sangue>>. Scoppio a ridere di una risata tachicardica pensando a come ero ridotto e a quello che ho passato per rinunciarci e la cosa più esilarante è che avevo tentato di ucciderla già tre anni prima solo che lei non lo rammenta perché Eric gli cancellò il ricordo mentre Rose si occupava di me lavorandomi il cervello con i suoi artefici. Il ricordo di averla aggredita mi è stato ridato, con il consenso del mio creatore, da Rose dopo che mi ripresi dalla sofferenza e tutto mi fu chiaro: Era il suo primo giorno di lavoro nella nostra azienda, c'era anche Eric che fortunatamente capì tutto appena lei mise piede nel mio ufficio. Quando la vidi ebbi un'esplosione di luce e il mio cuore prese a battere con furia, l'odore del suo sangue fu un richiamo di appartenenza a cui non seppi resistere e balzai su di lei mirando alla sua giugulare. La tempestività di Eric nel convocare Rose e nel togliere Dalila dal mio campo visivo salvò entrambi, ma poiché ero fuori di me dal desiderio di farla mia, la strega mi applicò un potente incantesimo per preservare la donna che mi era destinata e per darle il tempo di riconoscermi. E adesso che l'ha menzionato ho bisogno di capire di farle ammettere ciò che prova per me e le domando <<perché Dalila>> <<cosa?>> <<Perché hai voluto me per la tua prima volta. Ti prego sii sincera>>. Lei trae un respiro e poi con tono calmo <<quando ancora studiavo all'università vidi una foto sul giornale di un uomo e una donna a un galà di beneficenza e dietro di loro c'eri tu di profilo e rimasi a fissarti, qualcosa di inspiegabile non riusciva a farmi distogliere lo sguardo da te. Nei giorni successivi diventasti una fissazione e così decisi di trovarti. Dal giornale appresi che eri un Bilmar e quando ottenni la laurea feci domanda di assunzione nella tua azienda nella speranza che prima o poi ti avrei incontrato ma non sapevo che sarei stata subito fortunata. Il giorno che entrai nel tuo ufficio e ti vidi da vicino mi mancò il respiro e la tua voce la trovavo irresistibile, ma io ti ero indifferente. Non mi hai mai visto come donna ma solo come la tua assistente mentre il tuo profumo mi attraeva>> <<tu sentivi il mio odore?>> le domando incredulo. <<Sì! Sono anche riuscita a definirlo, ambra con una nota di incenso e mirra. E non solo lo sentivo quando ti ero vicino ma restava appiccicato sulla mia pelle e mi faceva impazzire di desiderio e così decisi di averti che saresti stato tu il primo. Ti volevo come non ho mai desiderato nessun uomo e pensai che l'unico modo era quello di dirti di voler fare sesso. Avevo immaginato che sarebbe andata in modo diverso cioè come l'abbiamo fatto ieri ma il tuo rifiuto mi ha indispettito e allo stesso tempo il tuo profumo mi spingeva verso te e così decisi di prendermi quello che volevo dandoti solo il necessario e dopo la tua freddezza mi ha fatto male e me ne andai. Ero arrabbiata per come ero stata tratta e giurai di ripagarti con la stessa moneta, l'indifferenza>>. Abbassa lo sguardo per nascondermi la sofferenza procurata dal mio comportamento poi con un filo di voce carico d'imbarazzo <<ma a pari modo ero felice perché nonostante tutto era stato bello>> alza di nuovo lo sguardo su di me e dagli occhi le colano dei lucciconi <<e adesso non m'importa chi sei. Tu non mi fai paura perché pur di averti sono disposta a darti tutto quello di cui hai bisogno>>.

L'amore ha il tuo nome.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora