L'amore ha il tuo nome. Capitolo 71

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Alex.

Non riesco a dormire, gli occhi si rifiutano di chiudersi e il cervello non la smette di pensare freneticamente. I pensieri si accavallano e non sono giunto a nessun successo tranne quello di risultare un capo tirannico. La frustrazione mi opprime mi rende scorbutico e solo adesso, che sono nella stessa situazione, capisco quello che ha patito il mio creatore quando ha conosciuto Emily. Uno dei consigli di mio padre è stato <<vedi me e non emularmi perché io sono un pessimo esempio>>. E vedendo e vivendo la loro storia ho promesso a me stesso di non fare gli stessi errori, ma iceberg mi sta trasformando in qualcosa di brutto. Standole più tempo vicino ho solo peggiorato il mio malessere, il mio istinto primario è sete di sangue e squartare. Ho cercato in tutti i modi di affascinarla, ma quella femmina non cede, non si smuove di una virgola mentre io la tengo fissa in testa. Ho a portata di mano l'essere che mi è destinata e lei non mi permette di avvicinarla. La sento sveglia, è oltre quella porta. Il Vampiro emerge, non molla la presa, mi suggerisce; sfonda quella porta, possiedila e appropriati della sua vita.

Dalila.

Dove sono le mie pillole! In panico scavo nella borsa e le vedo sul fondo. Meno male che le ho trovate! Ne butto giù due con abbondante acqua. Quel dannato non mi ha dato nemmeno il tempo di andare a casa per prendere le mie cose ha detto con tono che non ammetteva repliche che avrei trovato tutto quello che mi sarebbe servito in albergo. E in effetti ho l'armadio e i cassetti pieni di abiti firmati Matthew, lo stilista più in voga nell'ultimo anno. Sono rimasta basita davanti a tali capolavori, nemmeno conservando un intero anno di stipendio, e sono pagata bene, riuscirei a comprarmi un solo di questi abiti. Non avrei mai immaginato che il mio capo fosse capace di tali attenzioni per una donna figuriamoci per la sua assiste, ma in realtà non lo credevo capace nemmeno di essere rassicurante durate un volo infernale. Lui mi ha tenuto la mano nella sua, mentre credevo che stessimo precipitando, massaggiandomi il polso con il pollice e facendo una leggera pressione sulla vena per controllare il mio battito e parlandomi per rassicurarmi. Onestamente non ricordo quello che mi ha detto perché credo di aver perso i sensi, per i continui vuoti d'aria. Quando ho aperto gli occhi eravamo atterrati a Venezia, lui mi teneva ancora la mano ma non ha aperto bocca continuando però ad avere quello sguardo famelico. Nel momento in cui ho messo piede sulla terra ero tentata di inginocchiarmi e baciare il suolo, ma non l'ho fatto per non dargli l'opportunità di ridere alle mie spalle. In auto è rimasto totalmente in silenzio avendo un'aria più rilassata ed io ho apprezzato quella tregua, ma appena abbiamo preso possesso della suite è iniziata la sua tirannia lavorativa. Quell'uomo mi sta mandando fuori binario, non riesco più a stargli dietro ma non gli darò mai la soddisfazione di lamentarmi. Ho faticato tanto per arrivare al mio livello di preparazione e per essere assunta nella sua azienda e non sarà proprio lui a distruggere tutto con le sue insoddisfazioni. Accosto l'orecchio alla porta e ascolto. Sicuramente starà già dormendo perché non sento nessun rumore oltre la porta e questo è il momento per prendere i documenti che ho lasciato sul tavolo per controllarli un'ultima volta. Esco dalla mia camera e nella penombra del salotto trovo lui a dorso nudo davanti alla finestra che affaccia sul Canal Grande con le mani poggiate sul marmo e con la testa china.

Cosa gli prende? Non avrà mica una crisi di claustrofobia? E adesso casa faccio! Sicuramente mi avrà sentito e a questo punto non posso fingere di nulla e tornarmene in camera. Lui restando in quella posizione inizia a dondolarsi. Oh, mamma Santa! Non starà mica pensando di lanciarsi di sotto, penso valutando se uscire e chiedere aiuto o afferrare il telefono e chiamare direttamente un'ambulanza. Le due opzioni sono entrambe inutili ed esagerate se non capisco qual è la sua reale intenzione e facendo appello a tutto il mio controllo decido di andargli vicino. Cautamente gli poggio una mano sul braccio domandandogli <<si sente bene signore?>>. Lentamente gira la testa verso me e mi fissa con tale furia negli occhi da sembrare posseduto da un demone, un'altra debole di carattere, avrebbe indietreggiato davanti a un uomo in questo stato, ma io non sono di quelle. Improvvisamente il suo sguardo cambia in tormento e ritorna ad abbassare la testa come se portasse sulle spalle tutto il peso del mondo.

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