Capitolo 55.

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La prima settimana di gennaio era passata in fretta per tutti gli abitanti che si erano ritrovati a dover abbandonare quelle festività con rancore: nelle strade non c'era più l'aria natalizia, l'Epifania si era portata via tutte le gioie e le cantine si erano riempite, nuovamente, di scatoloni con all'interno le decorazioni natalizie.
Federico e Benjamin avevano deciso di togliere l'albero di Natale insieme, senza la presenza degli altri due ragazzi in casa.
Quei giorni, Federico aveva riflettuto parecchio su ciò che i ragazzi avrebbero potuto organizzare contro di loro, il più grande continuava a stargli accanto e ripetere di stare tranquillo, che fino alla sua presenza non poteva succedere nulla.
Ma sarebbe stato sempre così?

Era un normale lunedì mattina, quel giorno il bianco era rimasto a casa essendo che il dipendente del bar di Khloè era tornato, il suo aiuto serviva ben poco.
Si stava annoiando sdraiato sopra il divano beige, il moro era entrato in doccia ed era pronto per andare al lavoro: per sua fortuna, quella mattina nemmeno Kail e Lucas sarebbero stati presenti, entrambi occupati con delle commissioni di lavoro.
"Piccolo." Disse una voce che, senza ombra di dubbio, lo fece sorridere.
Si voltò a sinistra e guardò il suo fidanzato avvicinarsi al divano e chinarsi all'altezza del volto di Federico poggiato su un cuscino.
Aveva già con sé la macchina fotografica e una cartella con all'interno le foto scattate da modificare.
"Devi andare?" Chiese il bianco, anche se la risposta era ovvia.
"Tornerò per le cinque a casa, piccolo, cerco di fare il prima possibile." Sorrise il moro. "Pur volendo, un salto da me dopo l'ora di pranzo potresti farlo, ho un'ora libera." Continuò.
"E cosa facciamo in un'ora? Se vengo lì è per stare con te tutto il turno lavorativo." Disse Federico.
"Già ti ho spiegato che il capo, purtroppo, non vuole vedere persone disturbare il proprio dipendente in orario lavorativo. Un conto è quando hai un'ora libera, ma se stai lavorando e viene qualcuno passi i guai." Rispose Benjamin, dispiaciuto.
Federico sbuffò, ricevendo un sorriso da parte dell'altro.
Quest'ultimo lasciò un bacio sulle labbra morbide e calde di Federico prima di uscire dalla loro abitazione.

Le ore erano passate in fretta per il più piccolo che, tra una sistemata alla casa e delle patatine, non si rese conto dell'arrivo dell'ora di buco di Benjamin.
Si diede una sistemata al volo, indossando una felpa azzurra e dei jeans neri strappati che fasciavano troppo le sue gambe: forse erano più da donna, ma quei jeans non li avrebbe mai buttati per nessun motivo al mondo.
Uscì di casa e, con i mezzi, raggiunse lo studio fotografico del suo fidanzato: l'orologio segnava le 14:10, aveva ritardato di qualche minuto ma per fortuna il bus era passato pure troppo presto, per i suoi gusti.
Una volta entrato, gli occhi dei lavoratori, sempre all'incirca sulla sua età se non di più, si puntarono su di lui: si sentì a disagio in mezzo a tutta quella gente ma sorrise vedendo il moro cercare di prendere una bottiglia d'acqua alle macchinette.
Dimenticandosi delle occhiate altrui, raggiunse il suo fidanzato velocemente ma cercò ugualmente di non far rumore.
Allungò una mano verso il distributore e, digitando qualche tasto, riuscì a far scendere la bottiglia d'acqua rimasta incastrata.
"Amore!" Quasi gridò Benjamin, saltando letteralmente addosso al suo fidanzato.
Non pochi erano gli sguardi su loro due e questa cosa stava facendo uscire di testa il minore che, una volta essersi staccato dal corpo del fidanzato, gli lasciò un bacio più passionale del dovuto, sorridendo soddisfatto quando vide tutti con gli occhi sgranati e concentrati sopra i loro computer.
"Ho fatto un po' tardi, mi perdoni?" Domandò Federico.
"Ti perdono solo se mi segui." Rispose l'altro, prendendo la mano del fidanzato per poi portarlo nel suo ufficio.
Era grande, più del dovuto, e le pareti erano rivestite in grigio: la porta era del medesimo colore e gran parte delle pareti erano quasi in vetro trasparenti, una vera e propria meraviglia.
"Questo è il mio regno." Disse Benjamin, guardandosi attorno soddisfatto.
"L'hai arredato tu?" Chiese Federico.
"Sì, il capo mi ha dato i mezzi giusti per farlo e ho apportato delle modifiche su questo. Nessuno può darmi fastidio qua dentro, prima di entrare bussano alla porta e diciamo che è uno degli unici uffici del piano." Disse Benjamin. "Per questo ti ho portato qui." Continuò, avvicinandosi al corpo del suo fidanzato.
Questo si lasciò possedere dall'altro che faceva vagare le sue mani sopra il suo corpo, mentre lasciava non pochi baci e morsi sopra il suo collo.
Prese Federico di peso e lo mise sulla scrivania, iniziando a sbottonare la camicia bianca che portava come ogni giorno.
Federico, intanto, faceva incontrare le loro labbra e doveva ammettere di essere geloso: chiunque li avrebbe potuti vedere, ma non gli interessava nemmeno un po'.
"Ben, a che gioco stai giocando?" Disse Federico, facendo ghignare l'altro.
"L'ho appena inventato." Sorrise Benjamin. "Facciamo impazzire Federico, ti allieta come idea?" Continuò, maliziosamente.
"Non so giocare, mi dai una mano tu?" Domandò il fidanzato, iniziando a togliere la felpa per restare solo con i jeans a fasciare dal bacino in poi.
"Non sapresti giocare nemmeno con il libretto di istruzioni, baby." Rispose Benjamin.
Federico ghignò, lasciandosi andare dalle meravigliose sensazioni che il fidanzato gli stava donando.

Avevano passato così l'ora di buco che Benjamin aveva a disposizione: nessuno dei presenti in sala si era accorto di com'erano conciati entrambi, giusto qualche ragazzo che stava sorseggiando il suo caffè notò i capelli scompigliati di Benjamin mentre scendeva le scale del piano superiore.
Come scritto sul regolamento, Benjamin tornò a concentrarsi sopra le fotografie non prima di essersi assicurato che Federico fosse ritornato a casa.
Quest'ultimo varcò la soglia di casa con un sorriso ampio sopra il suo volto, decidendo di prepararsi qualcosa essendo che non aveva pranzato per essere puntuale dal più grande.

Una volta terminato di aver preparato una pasta al pesto veloce, non volendo sporcare troppo, decise di lavare i piatti e ripensare all'ora passata con il suo fidanzato, già sentiva la sua mancanza.
"Ciao." Disse una voce che lo fece tornare con i piedi a terra.
Fermò i movimenti che stava facendo la sua mano per pulire la pentola, era troppo immerso nei suoi pensieri che nemmeno si rese conto della presenza di Lucas.
"Ciao." Disse l'altro, freddo.
"Cosa ti sei preparato?" Domandò Lucas, raggiungendo il più piccolo al lavandino.
"Pasta al pesto." Rispose Federico.
"E non me ne hai lasciata un po'?" Continuò a dire il suo ex.
"Hai delle mani, sai come preparare le cose e potresti anche darti da fare." Disse Federico. "Non hai uno schiavo, ricordalo." Continuò.
"Senti Fè, io non voglio litigare con te. Tutto quello che ti ho fatto passare non lo meriti, lo so benissimo, ma almeno restiamo in buoni rapporti." Tentò di dire il ragazzo.
"Non voglio sentire le tue scuse, Lucas, ne ho abbastanza di tutto ciò che fa parte di te e del tuo mondo." Gli rispose, acido, il minore. "Sei tornato nella mia vita come un uragano dopo la pace, cosa vuoi ancora?" Continuò.
"Volevo solo avere un rapporto civile con te." Disse Lucas, a voce bassa, quasi offeso.
Federico sbuffò, terminando di sistemare il bicchiere e il piatto utilizzato.
"Lucas, ti prego, non fare queste scene di finto offeso che non fai pena a nessuno, specialmente a me. Tu hai sempre e solo voluto del sesso ed io ci sono caduto come un coglione, ma ora sono un altro Federico e non mi faccio incantare da un pallone gonfiato come te." Disse Federico.
"Sai che sei anche più bello quando fai il serio?" Disse l'altro, ignorando il discorso del bianco. "Sei sempre più bello." Continuò, lasciando una carezza sopra il volto roseo dell'altro.
Federico alzò una mano, sentiva il cuore scoppiare sia dalla rabbia che da un qualcosa che non sapeva riconoscere, ma Lucas bloccò prontamente le sue mani dietro la schiena di Federico e lo baciò.
Un bacio disperato che Federico cercava di evitare, di non voler più un contatto con le labbra che una volta definiva meravigliose.
"Federico." Una voce.
Quella voce.

Istruttore || FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora