Capitolo settantasei

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Mia Harper Moore.
Bronx, New York.

"... Blake, il telefono..."
"Cosa? Non... riesco a sentirti da qua"
"... ho detto che il telefono ti sta... niente"

Leggo l'anteprima del messaggio sullo schermo e a peso morto, mi lascio cadere sul letto.
Savannah. Savannah Wills, Ocean city.

"Arrivata adesso in hotel, ci vediamo per cena come già organizzato? Ti aspetto per le otto nella hall"

"... non ho capito niente di... Mia? Amore"
"Fossi in te, inizierei a correre... a correre senza mai voltarti" letteralmente, lancio il telefono verso di lui. "... ci vediamo per cena come già organizzato... se questo dannato messaggio è come penso io, giuro che ti distruggo, immediatamente"
"Posso spiegarti"
"Hai due minuti scarsi di orologio per poterlo fare" incrocio, le braccia al petto.
"Mi ha... cercato due giorni fa e..."
"... e cosa dannazione aspettavi a dirmelo, Blake, cosa... stavi aspettando?"
"... si trova a New York per un meeting di lavoro e mi ha chiesto di vederci"
"Lei ti ha chiesto di vedervi e tu, cretino, hai accettato"
"Ecco la motivazione per cui non volevo dirti nulla, tu... dai in escandescenza per questo genere di cose"
"Dannazione Carter, ho almeno un centinaio di  motivi per dare in escandescenza quando si tratta di lei, non credi?" sbraito, mentre di fretta e furia infilo jeans e felpa. "Ci sei stato a letto insieme e questa è la prima motivazione valida"
"Sono..."
"... tu pensi davvero che mi sono bevuta la storia che mi hai raccontato? Ad Ocean city? Dove sei rimasto al pub dietro il mio appartamento per tutta la serata, prima di rientrare in casa, ubriaco fradicio e puzzolente?" alzo, leggermente il tono della voce.
"Non ci sono mai andato a letto insieme ad Ocean city Mia, quella sera ho davvero passato la serata nel pub dietro l'appartamento, da solo, a bere liquori e birra fino la nausea" sospiro. "E se non ti fidi di me, poco prima delle otto vengo a prenderti, così verrai a cena con noi"
"Non ci penso proprio e non ti azzardare neanche a passare da casa mia, perché troverai la porta chiusa"
"Se ti ho nascosto di Savannah, non l'ho fatto per..."
"... sentiamo, quante altre volte vi siete visti? Non contare quella sera ad Ocean city" di nuovo, lo interrompo. "Una? Due? O forse tre?"
Non risponde, mi guarda soltanto.
"... vi siete visti una volta, nella seconda settimana in cui io e te non... stavamo più insieme e non guardarmi in quel modo, sai benissimo che vengo a sapere tutto, vengo a sapere ogni fottutissima cosa" recupero, ciò che resta dei miei vestiti sul pavimento, la borsa dalla sedia e poi, sospirando, lo guardo. "Se ti stai chiedendo come diamine ho fatto a saperlo, ti rispondo che Manhattan infondo, non è così tanto grande come pensi, specialmente se decidi di fermarti insieme a lei nel bar di fronte al mio ufficio, dove mio padre tutti i giorni, scende per pranzo"
"Abbiamo bevuto un aperitivo insieme, non è successo assolutamente nulla, dopo, una volta finito, ognuno è andato, di nuovo, per la propria strada"
Annuisco, stringendo forte i manici della borsa nelle mani. "Avresti potuto dirmelo e invece hai preferito nascondermelo... comunque, passa mercoledì mattina in ufficio a ritirare le carte per il servizio sociale, te le farò trovare compilate alla reception da Natalie"
"Mia. Mia. Mia, per... favore, non... buttare all'aria ogni cosa, di nuovo"
"Infatti per l'ennesima volta non sono io a buttare all'aria ogni cosa, ma tu" esco dalla stanza, seguita da lui. "E mi... dispiace dirlo, ma non posso continuare così, non posso continuare in questo modo con te"
"Mi stai... lasciando?"
Sollevo le spalle, poi apro la porta d'ingresso ed esco.
Senza dire niente. Senza voltarmi.
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