Capitolo quarantasette

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Mia Harper Moore.
Ocean city, Maryland.

"... chiederemo all'incirca centomila dollari di risarcimento, se saranno di più ben venga, se saranno di meno, non verranno accettati, inoltre..."
"... mentre dormivi sono sceso al bar della spiaggia... hai presente la ragazza tatuata con capelli rossicci e occhi verdi?" mi interrompe.
"Non... è un buon momento per parlare di lei, sto cercando di mettere nero su bianco le proposte da presentare in tribunale" bevo, un sorso di cappuccino. "Quindi Blake, per... favore, non interrompermi continuamente, ma soprattutto non... interrompermi inutilmente"
"... penso di piacerle, sai? E anche lei non è affatto male..."
Annuisco.
"... credo proprio che accetterò il suo invito di questa sera, usciremo insieme" continua lui, indifferente.
"Che cosa non ti è chiaro di quello che ho appena detto?"
"Vuoi unirti a noi? Saresti la benvenuta"
"Mi dispiace, ma questa sera ho di meglio da fare"
"Sei così... scontrosa stamattina, sei forse in quel... in quel periodo del mese?" chiede, accendendo una seconda sigaretta. "O forse sei soltanto stressata?"
"Quasi sicuramente sono stressata, soprattutto, stressata da te e dalle tue inutili e fastidiose chiacchiere"
"Bastava semplicemente dirlo che volevi un po' di tranquillità intorno..."
Lo guardo, con uno sguardo di fuoco.
"... sicura di non voler venire con noi a bere qualcosa stasera? Ti farebbe bene, sai?"
"Non verrò da nessuna parte e poi... un'ultima cosa: le chiavi di casa" chiudo, con un colpo secco il fascicolo Carter. "Prendi il mazzo di scorta dal cassetto, perché non verrò ad aprirti la porta in piena notte, quando tornerai ubriaco"
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