Capitolo ventinove

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Mia Harper Moore.
New York.

"Io non... ci credo, non... ci posso credere, hai messo a tacere Jefferson Hunter..."
"So fare di meglio, come per esempio vincere contro di lui"
"... non ti facevo così... così... tosta" Blake sorride, mentre addenta un pezzetto di sandwich con prosciutto cotto, maionese e formaggio. "Sono rimasto senza parole e credimi, non capita mai"
"Sono la regina delle stronze, soprattutto quando mi sento messa alle strette o mi sento sul punto di essere schiacciata da persone bastarde come lui e Scott Hunter... così, in questi casi, la stronza che vive dentro di me, esce allo scoperto"
Si pulisce, mani e bocca nel bordo della tovaglia del bar. "Non... guardarmi in quel modo, lo so che non dovrei ma non..."
"... hai un'enorme macchia di ketchup sulla camicia... tieni, prendi questo"
"Dannazione"
"Non sarebbe successo se tu non avessi spremuto mezzo tubetto di maionese e mezzo tubetto di ketchup nel panino" sospiro, finendo l'ultimo goccio di acqua nel bicchiere. "Hai una maglietta di ricambio?"
"E dove diamine infilo una maglietta di ricambio?" sfrega, sempre più velocemente la macchina sopra la camicia. "Dovrò passare da casa, sempre se potrò entrare"
"A proposito di casa, hai pensato alla mia proposta?"
Lui mi guarda, accennando un sorriso.
"... avrai un divano a letto in salotto, un pezzetto del mio armadio per i vestiti e il mio posto auto assegnato al coperto sul retro del condominio"
"Mi sarà permesso portare il lavoro a casa?"
"Blake..."
"Sto scherzando" ride. "Non potrei mai portare del lavoro a casa, sarebbe... complicato"
"Vieni per l'ora di cena, quando arrivi vai direttamente sul retro del condominio e lascia il pick-up nel parcheggio numero sei... ricordati: numero sei, non... occupare altri posteggi che non sono miei"
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