25 Dicembre, 2015
Chiedersi di essere felici il giorno di Natale era un pensiero normale?
Chiedersi perché il proprio ragazzo aveva preferito rimanere con i cugini, a giocare ai videogiochi, piuttosto che stare con lei, sarebbe stato accettabile per l'atmosfera di quel momento? Sicuramente il suo umore strideva perfidamente con i sorrisi alcolici degli amici di Jin, con la musica da discoteca di qualche anno fa, e con le luci che decoravano quello che originariamente era il salone di Frank. Ma seduta su quel divano, con un cocktail alla fragola, Key non riusciva a farsi travolgere come avrebbe dovuto. Perciò rimase seduta, con lo sguardo fisso sullo schermo del telefono, sui messaggi che JK non le stava inviando, a chiedersi perché non era felice.
Chiedere di essere felici il giorno di Natale non era una domanda che aveva sentito spesso.
Chiedere se stava divertendosi, invece, era quello che Jin non aveva smesso di fare per tutta la serata. Sì, si stava divertendo. Sì, per la prima volta era Natale anche per lui. E lo si notava, Seo aveva gli occhi che brillavano come mai nella sua vita. Jin era sicuro che non avesse mai visto così felice il suo migliore amico come quel Natale. Nonostante Tim avesse deciso di non venire più, Seo era felice lo stesso. Il giorno dopo, al suo risveglio, li avrebbe trovati lì, tutti e due, Tim sdraiato svogliatamente sul divano e papà al computer mentre cercava di recuperare tutto il lavoro che aveva dovuto sospendere.
Chiedergli se fosse felice il giorno di Natale sarebbe stata una domanda stupida.
Uscire dalla sua stanza era fuori discussione, quell'anno erano riusciti pure a rovinargli il Natale. L'unica festa che gli era sempre davvero piaciuta, ma Jin doveva per forza organizzare quella dannata festa e così anche le cose meno determinanti nella sua vita dovevano finire in un imbuto infilato in quella che era la pozza della sua depressione personale. Tanto andava che rimanesse chiuso lì dentro, con la sua musica nelle orecchie, sperando che tutto quel casino finisse più presto di quello che si aspettasse davvero.
Non conosceva molta gente, aveva salutato qualcuno, aveva parlato un po' con Seo e qualche volta Jin era venuto da lei per coinvolgerla in qualche balletto stupido ma Key non era serena, per nulla. JK non rispondeva ai suoi messaggi da più di due ore, e questo la rendeva nervosa. Non era mai successo. Era Natale, c'erano i suoi cugini, la famiglia, distrazioni più che giustificabili, ma allora perché a Key era sembrato così freddo? Perché qualche giorno prima le era parso di leggere un messaggio di Miki? Probabilmente l'ossessione di perdere anche lui le stava facendo brutti scherzi alla testa. Buttò giù un sorso di vino bianco e poi cercò il bagno, l'alcol cominciava a girarle nella testa come un mare in tempesta.
Aveva senso restare chiuso in quella stanza? Jin gli aveva detto che poteva fare quello che voleva, sarebbe stato comunque il benvenuto alla sua festa. Ma il punto era un altro probabilmente, il punto era che non poteva essere certo di chi ci fosse nella lista degli invitati, non poteva essere certo che tra un sorriso e un altro avrebbe incontrato proprio il suo e magari rivolto al viso di quel bambino del cavolo con cui aveva deciso di mettersi insieme. Ma questo Jin non glielo lo aveva voluto dire, aveva detto che non sapeva chi sarebbe davvero venuto. Quindi Jemy avrebbe dovuto stare al gioco bastardo delle probabilità, almeno fino a quando qualcuno non aprì la sua porta per mero errore.
-Scusa credevo fosse... Jemy-
Eccola là, in piedi davanti la porta della sua stanza, la sua probabilità che lo guardava sorpresa, quasi in imbarazzo. Eppure lo stomaco si era attorcigliato quando lei aveva pronunciato il suo nome.
Non si dissero nulla per quella che parve l'infinità, e che bello se l'infinito avesse avuto il colore dei suoi occhi, il disegno delle sue labbra carnose, e il suo profumo. Key non aveva dimenticato il profumo dei capelli di Jemy.
-Il bagno è l'altra porta-
Key annuì, sapeva dove era il bagno, probabilmente l'alcol voleva solo un po' giocare con il suo destino. Per questo chiuse invece la porta alle sue spalle.
-Lo so- rispose, appoggiandosi alla porta - Ma ora non devo andarci più- Jemy stava per cacciarla via dalla stanza, lo capiva dal modo burbero in cui la stava guardando e dalle braccia tese.
-Sai che non otterrai nulla di quello che vuoi - sì, Key lo sapeva ma non le importava. Il suo ragazzo la stava ignorando, la serata sembrava essere più noiosa del solito, e il suo migliore amico era proprio lì davanti a lei che la guardava con rabbia. Peggio di così non sarebbe potuto andare quel Natale, per questo Key non si smosse neanche di un pochino ma rimase ferma, appoggiata a quella porta, in attesa di qualcosa, in attesa di Jemy.
-Ho già ottenuto quello che volevo, ma non era quello che volevo davvero- lo sguardo di Jemy passò da una fredda rabbia ingiustificata ad un profondo pozzo di curiosità incomprensibile.
-A che gioco stai giocando?-
-Nessuno, vorrei solo capire perché mi hai voltato le spalle tre anni fa- alla fine era sempre stato questo il loro conto in sospeso. Lui l'aveva tradita per andare a Roma e lei era rimasta in quella schifosa città a rendersi conto che quella sera, alla sala giochi di Xavier, quando lui l'aveva afferrata per i fianchi, aveva provato qualcosa che era difficile replicare. Qualcosa che probabilmente si avvicinava alla sua idea di amore.
-Tu lo hai fatto- questa era nuova, eppure Jemy sembrava convinto di quello che stava dicendole.
-Io avrei voltato le spalle a te?- forse Jemy aveva dimenticato qualcosa -Sei tu che sei andato alla polizia a fare quella denuncia a T-Boy, sei tu che hai deciso che doveva andare così, è sempre stata colpa tua- Key non era più appoggiata alla porta, aveva fatto decisi passi avanti, ed ora la sua distanza da Jemy non era poi così tanta.
-Colpa mia?- quelle parole uscirono così strascicate dalla bocca di Jemy, che sembrarono come sputate. Aveva sacrificato la sua felicità per quella della sua migliore amica, e adesso doveva sentirsi dire che la colpa era sua? - Tu sei davvero una stronza egoista, Key- non voleva più guardarla, tutto di lei gli provocava fastidio, odio, rabbia, così la sorpassò sfiorandole quasi una spalla.
-Hai ragione-
Ma nell'esatto momento in cui Key aveva sentito quel flebile contatto, aveva capito che Jemy aveva ragione. Alla fine dei conti era stata colpa sua.
-E' colpa mia - adesso era Jemy quello fermo davanti alla porta e la guardava come se fosse uscita fuori di testa tutto d'un botto.
-Che stai dicendo?-
-Che hai ragione, è colpa mia- Key lo guardava con un'aria strana, c'era qualcosa in lei che non era più così irritante. Jemy si convinse che fosse colpa delle sue parole, del modo in cui stava girando la frittata - E' colpa mia se ti ho lasciato andare - ora Key lo vedeva, sempre più chiaro, attraverso gli occhi di Jemy, il significato di quel Natale. Jemy non riusciva a dirle nulla, non riusciva a trovare nulla contro quello che lei gli aveva spudoratamente dichiarato. Probabilmente perché lui stesso sapeva che era quello il fulcro di tutto quell'odio per lei. La consapevolezza che lei non lo voleva, che per lei fosse solo un amico a cui aveva fatto un favore e che aveva avuto il coraggio di rinfacciare. Ma Key non aveva mai rinfacciato nulla a Jemy, e probabilmente quello era un mero tentativo di attaccarsi a qualcosa che potesse smettere di fargli pensare alle labbra di Key, sempre più vicine alle sue.
Non c'era che quel momento impresso nella sua testa mentre si avvicinava e non smetteva di fissarlo. C'era quel preciso instante in cui erano rimasti in quel vicolo, a discutere furiosamente, fino a quando i loro visi si erano trovati così vicini, troppo vicini, e poi lui le aveva detto che sarebbe partito per Roma. Ma in quel momento unico, dopo tre anni, Jemy era lì, le spalle al muro le aveva lui adesso e per Roma era già partito da un pezzo tanto che alla fine era ritornato. Key ora si rendeva conto che quella di tre anni fa era stata un'occasione persa, e dimentica di un fidanzato che stava cercando di chiamarla e che aveva solo il telefono scarico, passò le sue mani tra i capelli di Jemy trovando il significato di quel momento tra le sue stesse labbra.
Adesso era felice.
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救い出すよ必ず// I'll Save u
أدب الهواةBOY IN LUV SERIES // Second Act Sono passati tre anni dagli ultimi avvenimenti, Key ormai è all'università: viaggia tra la città in cui vive da sempre alla città in cui cerca di crearsi un futuro. La sua vita è molto diversa da quando frequentava i...