9 - Patetico e vigliacco

717 16 0
                                    

Harry

Non mi sono ancora abituato a questa casa e, nonostante viva qui da quasi un anno, non riesco a sentirla mia. Forse è perché la trovo così fredda rispetto a casa di mio padre, forse perché non c'è Brenda al mio ritorno, e non perché lei mi fa trovare i vestiti puliti o la cena pronta.

È lei quella che sento più vicina, più di quanto non senta mio padre. Lei c'era quando ho litigato con Billy Mason in seconda elementare durante la festa dei genitori, c'era quando ho messo l'apparecchio ai denti, c'era anche quando sono caduto per la prima volta dalla bicicletta, o quando ho preso il primo brutto voto a scuola, o quando mi sono preso la prima cotta, insomma... lei c'era, e c'è ancora.

Ma oggi è il suo giorno libero, e non volevo tornare a casa da mio padre rischiando di incontrarlo perché, anche se oggi mi ha chiamato per farmi i complimenti per il contratto con Hernandez, so che troverebbe altre dieci cose che non vanno per una che ho fatto bene, e non mi va proprio di ascoltarlo, non stasera.

Scendi

È il messaggio che è appena arrivato sul mio cellulare. Zach è arrivato e mi affretto a prendere il cappotto prima di scendere, ma rido quando infilo la mano in tasca. Ho ancora la cravatta di Dylan e, se continuo così, il mio povero amico non ne avrà più da mettere, se non gliele restituisco.

Spengo le luci, chiudo la porta e scendo. Zach è seduto al volante della sua Jeep azzurra che riesce a tenere insieme con il nastro isolante.

«Ciao», lo saluto quando salgo.

«Ciao... allora dove andiamo?» A volte penso che Zach non faccia il rincoglionito, ma che lo sia davvero.

«Nello stesso pub dove andiamo da due anni a questa parte». Scuoto la testa rassegnato, perché mi fa sempre la stessa domanda a cui do sempre la stessa risposta, ma lui sembra non preoccuparsene.

«E quand'è che cambiamo pub?»mi chiede, mentre si ferma al semaforo rosso.

«È quello che continuo a chiedermi anch'io». Sono stanco delle solite cose, delle solite facce e delle solite serate. Ho bisogno di cambiare; non so in che modo, ma ho bisogno di qualche novità nella mia vita, perché quella che sto conducendo mi sta annoiando e mi fa sentire vuoto.

«Alla fine la tua amica ci sarà?» mi chiede Zach, continuando a guidare con tutta calma.

«No», rispondo secco, senza aggiungere altro.

Quando le ho chiesto di uscire con noi, ero convinto che mi avrebbe risposto di sì. Non gliel'avrei mai chiesto se non avessi visto quel cambio di espressione nei suoi occhi. Quando le ho detto che è stata brava nel suo lavoro, sono sicuro, assolutamente sicuro, di aver visto un cedimento nel suo sguardo, come sono sicuro di averlo visto mentre era davanti alla vetrata del mio ufficio. Eppure, subito dopo, ha indossato nuovamente la sua corazza, quella che non permette a nessuno di entrare.

«Come mai? Si è resa conto di quanto sei cretino?» Non ho mai capito da dove prenda tutta la calma che lo contraddistingue. È sempre così tranquillo.

«Perché le ho detto che c'eri tu». Non se la prende mai con me e ride alle mie parole.

«Se le avessi detto realmente che c'ero io, sarebbe corsa da me a gambe levate. Ti avrebbe chiesto il mio numero prima di tutto e a quest'ora non sarei con te, ma con lei». Alzo gli occhi al cielo mentre vedo un sorriso sulle sue labbra: mi sta provocando, è ovvio.

«Quindi ti piace?» gli chiedo, guardandolo per osservare la sua reazione alla mia domanda.

«Non quanto piace a te, ma direi che, se tu volessi ricordarle il mio numero di telefono, non mi lamenterei affatto». Gli do uno schiaffo sulla testa e lui, per tutta risposta, ride, perché ha capito che, come sempre, ci ha preso.

The beginningDove le storie prendono vita. Scoprilo ora