12 - È davvero troppo tardi per questo

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Stasera fa davvero freddo, devo ricordarmi di mettere dei guanti. Mi stringo un po' di più nel cappotto, mentre camminiamo verso la metropolitana.

Scendiamo le scale e, quando arriviamo davanti al tornello, mi fermo per prendere la tessera dalla tasca della giacca, ma subito mi irrigidisco sentendo la presenza di Harry davvero troppo vicina.

«Che stai facendo?» gli chiedo, girando di poco il viso all'indietro, per ritrovarmelo a pochi centimetri di distanza.

«Non ho il biglietto». Sorride, mentre sento le sue mani appoggiarsi sui miei fianchi, lasciandomi completamente spiazzata. «Tu passi la tessera e io passo con te».

«Harry... io non credo che...» Non mi lascia finire la frase.

La sua mano sinistra resta sul mio fianco, la destra sfila la tessera dalla mia mano, la passa sul lettore, e mi spinge delicatamente per oltrepassare il tornello, restituendomi subito dopo la mia tessera.

«Visto? Non era così difficile, no?» mi dice con quel suo sorrisetto furbo.

«E invece era troppo difficile fermarsi a fare il biglietto, giusto?» Mi guarda, ma sembra che la mia espressione corrucciata lo faccia solamente ridere di più.

Sono quasi sicura che l'aggettivo che meglio descriva Harry sia ribelle: è assolutamente allergico alle regole, o forse è solo un modo di manifestare il suo malessere, perché credo che anche lui nasconda troppo in fondo la sua sofferenza.

«Un punto per te... Stewart uno, Stevens zero... adesso possiamo andare?» mi chiede, senza smettere di sorridere.

Arriccio le labbra nel tentativo di reprimere un sorriso, poi mi volto immediatamente. Non voglio dargli la soddisfazione di fargli vedere che, alla fine, riesce sempre a farmi sorridere, e mi dirigo verso la scala mobile per raggiungere la banchina.

«Guarda che non è mica un reato divertirsi». Harry è in piedi sul gradino dietro di me e, dalla sua battuta, sono certa che si sia accorto del sorriso che ho tentato di trattenere.

«E imbrogliare è divertente?» Non mi giro a guardarlo, ma lo sento sbuffare, poi la sua voce arriva troppo vicina al mio orecchio.

«Smettila di essere sempre così acida, potresti divertirti davvero, se solo lo volessi...» La sua voce mi piace sempre troppo, ma da questa distanza così ravvicinata ha un effetto amplificato.

E nella mia mente penso "Stevens dieci Stewart uno", perché è questo il numero dei punti che ha totalizzato con una sola frase, pronunciata direttamente al mio orecchio, e le cose non fanno che degenerare perché ogni giorno che passa, i punti che totalizza usando solamente la sua voce, aumentano notevolmente.

Saliamo sul vagone appena arrivato e, quando mi giro a guardarlo, lui mi sta fissando, con quel sorriso beffardo sulle labbra, e alla fine cedo.

Sorrido con lui e per un attimo, un breve attimo, tutto intorno scompare: le persone, i rumori, la metropolitana, tutto quanto e mi concentro solo e unicamente su di lui.

In questo momento non m'importa se vede che resto a fissarlo, se guardo come gli calza a pennello quel vestito che indossa, su come quei pantaloni fascino le sue gambe, e non m'importa nemmeno se si rende conto di quanto mi piaccia quella camicia sempre troppo sbottonata, e che lascia intravedere qualcosa in più di lui, qualcosa che mi piace.

Con una mano si regge al sostegno in alto, l'altra ce l'ha in tasca, la stessa tasca dalla quale ha preso poco fa un elastico per legarsi i capelli. Sorrido un po' di più nell'immaginare suo padre che lo rimprovera per i capelli troppo lunghi.

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