29 -  ...è troppo tardi per fermarlo

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C'è un piacevole senso di quiete nel rumore della pioggia contro il vetro della grande finestra alla mia destra.

È piacevole anche essermi svegliata per la seconda mattina di seguito nel suo letto, con lui accanto. Mi volto lentamente a guardarlo: è completamente spalmato sul materasso, a pancia in giù, con la testa girata di lato, dalla mia parte, schiacciata sul cuscino e i capelli gli ricoprono il volto per metà. Mi alzo su un gomito, sposto delicatamente alcune ciocche per poterlo osservare meglio e mi rendo conto che non ha più la maglietta con la quale si è addormentato ieri sera, o per meglio dire stamattina.

Ci siamo addormentati praticamente all'alba, abbiamo parlato per quasi tutta la notte. Nessuno dei due voleva sprecare il tempo a dormire, ma poi il sonno ha preso il sopravvento. L'ultima volta che ho guardato l'ora erano le 4:57 a.m.

È stato in quel momento che mi sono sdraiata e Harry ha fatto la stessa cosa. Abbiamo parlato per un po' l'uno di fronte all'altra, coricati sul suo letto, poi ha iniziato a giocherellare con i miei capelli e credo che siano state quelle carezze a farmi addormentare. Non ho più sentito niente, non mi sono nemmeno accorta che lui si fosse tolto la maglietta, ma ora ho la possibilità di vedere la sua schiena lasciata scoperta per metà dal piumone. Ha tatuaggi sul fianco sinistro, e il braccio ne è quasi del tutto ricoperto fino alla spalla.

Vorrei toccarlo, vorrei accarezzarlo, ma alla fine ritraggo la mano sospesa a mezz'aria e scelgo di lasciarlo dormire ancora un po'. Non ho idea di che ore siano, ma la sveglia impostata sul suo cellulare non è ancora suonata per lui che deve andare a lavorare, decido quindi di preparargli la colazione.

Scivolo lentamente fuori dalle coperte cercando di non fare alcun rumore e meno movimenti possibili. Harry non si muove di un millimetro, continua a respirare regolarmente con la bocca socchiusa, segno che non l'ho affatto disturbato.

Vado prima in bagno, mi sciacquo velocemente il viso, poi vado in cucina alla ricerca di qualcosa di veramente commestibile, non come la sua colazione surgelata bruciata.

Non posso trattenere un sorriso al ricordo di lui che litiga con il suo forno nel vano tentativo di salvare quei poveri pancake. Quella scena resterà viva nella mia mente per molto tempo.

Mi avvicino agli sportelli della cucina cercando del cibo vero, ma non trovo un granché, a parte una confezione di pane da tostare, una di cereali e del burro d'arachidi. Nello stipetto accanto trovo del caffè. Certo non posso preparare una colazione come quella che ci ha preparato Brenda, ma nemmeno come quella bruciata di Harry.

Recupero due tazze e le riempio con il caffè, spalmo un po' di burro d'arachidi sul pane tostato, un piatto che uso come vassoio per portare tutto di là e, molto silenziosamente, torno in camera sua dove lui è ancora nella stessa identica posizione in cui l'ho lasciato pochi minuti fa.

Poso tutto sul comodino e mi siedo delicatamente accanto a lui. «Harry?», dico a bassa voce, mentre la mia mano, in totale autonomia, scorre lentamente sul suo braccio scoperto. «Harry?» Mugugna qualcosa di incomprensibile strappandomi un piccolo sorriso. «Devi svegliarti...»

Per tutta risposta continua a proferire strani versi facendo, poi, la sua mano arriva sul mio polso. «Harry non capisco niente di quello che dici», gli dico, facendogli passare con dolcezza una mano tra i capelli.

«Non posso andare a lavorare... Non mi sento bene...» Harry biascica le parole con voce assonnata e graffiata. Decisamente sexy.

«Che succede?» Tolgo la mano dai suoi capelli per posarla sulla sua fronte che non trovo particolarmente calda.

«Non lo so... Perché hai tolto la mano dai miei capelli?» Le sue parole mi fanno sospettare.

«Harry... Che c'è che non va?» Insisto, mentre lui si gira su un fianco verso di me sbattendo più volte le palpebre.

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